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martedì, Maggio 14, 2024

    La passione

    Da giorni ormai è passata la Pasqua, ma continuano ad affacciarsi alla nostra mente di ragazzi la meraviglia e il timoroso effetto che ci colpirono la prima volta quando, interrotto temporaneamente il gioco, entrammo in chiesa nel giorno del Venerdì Santo e ci imbattemmo nella vista del crocifisso e delle altre sacre immagini nascoste da uno strano telo di colore viola scuro che, per nostra tranquillità, prontamente ci informarono sarebbe caduto nel prosieguo delle celebrazioni del rito pasquale a conclusione della Settimana Santa. Armati di molta pazienza parroci e religiosi del tempo ci spiegarono poi, con parole semplici e appropriate, che quegli insoliti teli e la relativa tristezza suscitata nei fedeli rappresentavano la passione, ovvero la sofferenza di nostro Signore il cui diverso, trionfale epilogo avremmo riscontrato a breve nel suono delle campane a festa, anch’esse prima legate e poi finalmente sciolte. E con queste immagini siamo cresciuti, conservando sia l’infantile emozione della sorpresa racchiusa nell’uovo di cioccolato che mai, senza il consenso dei grandi, avremmo osato frantumare, quanto la serenità di quella musica che sapendo di festa significava la Pasqua, interrotta soltanto dalla recente, tragica pandemia, per riprendere oggi, meno gioiosa e meno squillante, malinconicamente coperta dal frastuono della guerra.
    La passione tuttavia non è caratterizzata esclusivamente dall’aspetto religioso né dalla obbligatoria sofferenza, anche se ne è spesso la causa. Per una estensione di significato ampiamente utilizzata lo stesso termine può individuare vivo interesse o particolare inclinazione verso persone e sentimenti presenti in contesti diversi per ritrovarsi, a volte più compiutamente, in attività manuali o intellettuali. Può succedere così che una penna saldamente tenuta tra le mani incontri un altrettanto forte desiderio di scrivere, di raccontare fatti di piccola o grande verità e insieme diventino strumento e passione. Un fortunato e non raro binomio da cui tanti anni fa, più di cinquanta, nella nostra città, è nato un giornale, un periodico mensile diventato presto amico, che gode tuttora di ottima salute nell’attuale panorama di grave difficoltà in cui si dibatte chi per informare utilizza ancora la carta stampata.
    Eravamo in tanti la sera del penultimo sabato di marzo all’incontro degli amici di “ Cose nostre”, quasi ad assicurare la migliore risposta ad una gradevole , attesa convocazione annuale che, celata tra i promettenti piaceri della cena, ogni volta rinnova nei presenti l’orgoglioso sentimento di appartenenza ad una sorta di speciale consuetudine per molti diventata passione. Con interesse e partecipazione nel corso dell’incontro abbiamo conosciuto e applaudito gli ambiziosi programmi futuri del giornale elencati dal direttore con l’abituale vivace garbo e maestria, gli stessi con cui ha poi simbolicamente indirizzato alla sempre giovane Nazzarena un riconoscente ed affettuoso “ ti ricordi? “, quasi a rivivere ad occhi aperti mezzo secolo di storia comune.
    Perché tra le pieghe della propria storia ognuno può ritrovare sia momenti brevi che periodi lunghi di sana passione magari concentrati nei segreti della cucina, nella magia della musica o in qualche disciplina sportiva praticata direttamente oppure semplicemente seguita da lontano. Passione, inoltre, è l’evoluzione dell’eterno sentimento d’amore uomo donna, oggi purtroppo talmente frainteso da far sembrare normale una realtà tragica che pone in evidenza, insieme alla innegabile colpevole debolezza di un sesso fino a ieri ritenuto forte, la generale carenza di spirito sociale che ormai da molti anni ci sta aggredendo. Per tentare di non dimenticare gli esiti di questa moderna interpretazione della passione, gratuitamente definita soltanto “malata”, la nostra chiesa dei Battuti, a seguito di una lodevole iniziativa locale, ha ospitato fino ai giorni scorsi sotto forma di mostra un appuntamento in cui il ricordo, il pensiero e soprattutto la forza di un monito, nonostante parlassero di morte, avevano un inconfondibile profumo di vita. L’inconfondibile profumo di donna.
    Fra qualche giorno sarà il 25 aprile anniversario della liberazione. Ormai da anni molti si chiedono se abbia ancora senso celebrare una ricorrenza sempre più attesa come vacanza scolastica, gita fuori città oppure occasione politica per promuovere cerimonie e discorsi ufficiali sempre più deserti, dimenticando ciò che la data evoca. Un evento grande e terribile, decisivo per il destino del nostro paese e punto di partenza di una agognata, ritrovata democrazia che nel mondo variegato delle passioni deve essere il valore più contagioso. Le nostre montagne custodiscono gesta e sacrificio di tanti giovani di allora. Alcuni di loro ci sono anche appartenuti. Avevano tutti lo stesso sogno, la stessa passione. Essere cittadini, non sudditi.
    Fra qualche giorno sarà il 25 aprile, ricordiamolo.

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