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martedì, Marzo 19, 2024

    Una vita con la musica

    A colloquio con Roberto Grosso, accordatore e musicista

    Roberto Grosso, classe 1957, è noto, nell’ambiente della musica classica torinese, principalmente come accordatore di pianoforti: in questa veste frequenta da decenni tutte le principali sale da concerto della città. In realtà, la sua figura è assai più complessa, e la sua vita si muove nella musica a 360 gradi. Dopo averlo conosciuto di persona in occasione di un concerto organizzato dall’associazione “Concertante”, durante il quale sono state interpretate alcune musiche di sua composizione accanto a pagine di Raffaele Montanaro, l’ho incontrato perché raccontasse la sua ricca esperienza ai lettori di “Cose Nostre”.
    Roberto, come hai scoperto la musica e qual è stato il tuo percorso di formazione?
    Sono nato con una spiccata predisposizione, quello che si chiama “orecchio musicale”, e mi sono tuffato nella musica fin da bambino. A cinque anni mi feci regalare un’armonica a bocca, e dopo pochi minuti suonavo a orecchio «Piemontesina bella». Un amico di mio padre, Carlo Masutti, organista dell’Orchestra Angelini, si rese conto che ero iperdotato e iniziò a insegnarmi le regole dell’armonia, non a livello teorico ma facendomele applicare, formandomi l’orecchio a tutte le tonalità: ho così imparato ad applicare le regole in maniera istintiva, e, anche a causa di una certa mia pigrizia, non ho mai sentito il bisogno di approfondire la teoria. Dopo aver iniziato con la fisarmonica, ho studiato pianoforte con Masutti fino a 13 anni, poi ‒ mentre frequentavo le scuole da perito elettrotecnico ‒ mi sono iscritto da privatista al Conservatorio di Torino, dove ho incontrato il M.° Domenico Canina, col quale ho proseguito gli studi fino al settimo anno, mentre con il M.° Sergio Pasteris ho fatto solfeggio e due anni di composizione. Non ho però mai terminato gli studi regolari di Conservatorio.
    Come hai deciso quale sarebbe stata la tua professione?
    Nell’autunno 1977 il M.° Canina mi chiese che cosa volessi fare da grande, perché difficilmente sarei diventato un grande pianista concertista. Il suo accordatore aveva bisogno di un aiutante, e gli sembrava che, con il mio orecchio, quel mestiere potesse fare per me. All’epoca, a Torino c’erano numerosi laboratori che costruivano pianoforti, e io entrai come apprendista da Giuseppe Tolino, che mi fece scoprire la complessità del mondo della costruzione di strumenti, che riunisce elementi di falegnameria, liuteria, meccanica, verniciatura. In seguito collaborai con Piatino e poi affiancai per cinque anni il commendator Antonio Cuconato, storico accordatore torinese, che mi insegnò tutti i trucchi dell’accordatura. Dal 1998 sostituii Cuconato alla Rai e dal 2000 al Regio. La mia prima accordatura importante fu per un concerto di Martha Argerich, e da allora ho incontrato tutti i più grandi pianisti passati da Torino.
    La musica, per te, oltre che una professione, è un hobby…
    Al mattino mi alzo con il sorriso perché vado a “guarire” un pianoforte, poi continuo a divertirmi facendo musica, al pianoforte o alla chitarra classica. Mi considero fortunato perché ho un dono che mi permette di occuparmi di musica dalla mattina alla sera. A dire il vero, non sento una distinzione tra il momento del lavoro e quello dell’hobby, perché ritengo che un bravo accordatore debba in una certa misura essere anche musicista: in tal modo, acquisisce abilità psicoacustiche che lo aiutano a comprendere le richieste degli artisti: ricordo una volta in cui Arkadij Volodos’, al Conservatorio, mi chiese di trasformare radicalmente il timbro di uno strumento, e io lo accontentai lavorando a fondo sui feltri.
    Ci dici qualcosa su di te come compositore?
    Non potrei mai scrivere su commissione, perché quando compongo mi lascio trasportare dalle emozioni, ascolto il mio cuore. Ad esempio, “Il commendatore”, dedicato a Cuconato, si ispira alla sua figura elegante e sorridente. Per Paolo Conte, di cui sono molto amico, ho trasformato la canzone “Azzurro” in un valzer francese. A seconda dell’ispirazione, mi rifaccio a diversi stili di scrittura, e mi ha sempre divertito vestire la stessa musica di abiti diversi: “Vento di primavera”, che avevo scritto come canzone swing, è poi diventata un pezzo pianistico classico.
    E come ascoltatore, che cosa preferisci?
    Nella mia vita ho sempre ascoltato di tutto, dalla classica alla musica leggera degli anni ’60-’80 alla musica da film. Non amo il rock e il metal, ma riconosco che anche in quel campo ci sono grandi musicisti: la classica mi ha aiutato a capire la grandezza di tanta musica moderna. Ai ragazzi dico di ascoltare i grandi classici e i Queen, e trovo sbagliato che in Conservatorio non si insegni ad ascoltare e capire tutti i generi di musica: il distacco da ciò che si scrive oggi rischia di essere castrante per un giovane musicista, che poi magari si trova a suonare per un pubblico di pochi intimi e non trova impiego, perché non sa comunicare alla propria generazione.
    Giunto all’età della pensione, che programmi hai per i prossimi anni?
    Ci tengo a continuare a fare l’accordatore, e spero di trasmettere le mie competenze alle nuove leve. Continuerò coltivare la mia passione per la musica, scrivendo e suonando il pianoforte e la chitarra. Vorrei però riservarmi più tempo per stare a contatto con la natura e con me stesso.

    Questo mese al botteghino…
    Unione Musicale: (https://www.unionemusicale.it/) Appuntamenti conclusivi della stagione il 21 maggio ore 20 al Teatro Vittoria (recital pianistico di Alberto Ferro) e il 25 maggio ore 20:30 al Conservatorio (Ensemble “Il tempo ritrovato”, che propone il Quintetto D 956 di Schubert e il Sestetto op. 18 di Brahms).
    Filarmonica: (https://www.oft.it/it/) Il percorso sui solidi geometrici si conclude il 7 giugno al Conservatorio, con la sfera, rappresentante dell’umanità: Concerto n. 3 per pianoforte e orchestra di Rachmaninov (solista Roberto Cominati) e Danze slave op. 46 di Dvorak. Dirige Giampaolo Pretto.
    Accademia Stefano Tempia: (https://www.stefanotempia.it/) Numerosi concerti in varie sedi di Torino e provincia. Il 21 maggio, in Duomo, serata dedicata alla musica cameristica di fine Settecento. Il 3 giugno, all’Oratorio di San Filippo, antologia di arie da opere di Vivaldi, interpretate dal soprano Cristina Mosca.
    Polincontri Classica: (http://www.policlassica.polito.it/stagione) Il 31 maggio, alle ore 21, la stagione si chiude con un recital del pianista Gianluca Luisi.
    Educatorio della Provvidenza: (https://www.educatoriodellaprovvidenza.it/)
    Orchestra Rai: (http://www.orchestrasinfonica.rai.it/) Ultimo appuntamento il 26-27 maggio, diretto da Marc Albrecht: Concerto n. 1 in la minore per violino e orchestra di Sostakovic (solista Patricia Kopatchinskaja) e Sinfonia in re minore di Franck.
    Concerti Lingotto: (https://www.lingottomusica.it/)
    Teatro Regio: (https://www.teatroregio.torino.it/) Fino al 21 maggio La scuola de’ gelosi di Salieri, con Omar Mancini, Elisa Verzier, Askar Lashkin, Carolina Lippo, direttore Nikolas Nagele, regia di Jean Renshaw. Il 27-28 maggio prima esecuzione assoluta di Falcone e Borsellino – L’eredità dei giusti, nuova opera di Marco Tutino, con il soprano Maria Teresa Leva, direttore Alessandro Cadario, drammaturgia e regia di Emanuela Giordano. Le attività del Regio si spostano poi nel Cortile del Palazzo dell’Arsenale per il Regio Opera Festival, che si apre il 7 giugno con Cavalleria rusticana di Mascagni, con Anastasia Boldyreva, Stefano La Colla, Misha Kiria, direttore Francesco Ivan Ciampa, regia di Anna Maria Bruzzese (repliche il 9 e l’11).

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