Il titolo del libro è un po’ strano in verità, ma a modo suo ci offre molti stimoli di riflessione: “Possiamo salvare il mondo, prima di cena. Perché il clima siamo noi”.
Già, l’autore -Jonathan Safran Foer – ci invita a considerare come le nostre azioni, in questo caso nel campo alimentare, possano condizionare pesantemente l’esistenza stessa del pianeta.
Tre anni di ricerca lo portano ad affermare come l’eccessivo consumo di carne stia contribuendo, indiscutibilmente, ad alterazioni climatiche sempre più prossime alla irreversibilità a causa degli allevamenti intensivi e delle “energie” profuse per renderli possibili.
La sua proposta alternativa non è drastica, anzi: evitiamo la carne almeno a colazione e a pranzo e forse eviteremo la catastrofe.
Interessante; ma io non voglio entrare nel merito della teoria di Foer, quanto prendere spunto dall’idea di base che lui sintetizza in questo pensiero:
“Nessuno se non noi distruggerà la terra
e nessuno se non noi la salverà…
Noi siamo il diluvio, noi siamo l’arca.”
Provo a spiegare con una banale esperienza personale.
Anni fa, andando al solito supermercato di Caselle, notai che faticavo a trovare uova di galline allevate a terra: ogni volta lo scaffale era vuoto a dispetto di quello con uova di galline in gabbia, straripante. Lo feci allora notare al proprietario spiegando, capisco la banalità, che forse i clienti si stavano orientando sugli allevamenti a terra… vidi che l’osservazione lo colpì e, miracolo, dalla settimana successiva gli scaffali si presentarono in in modalità alternativa, con buona pace degli allevatori gabbiaioli.
In un mondo sempre più consumistico, quindi, chi ha il maggiore potere contrattuale? Chi può orientare il mercato? Chi detiene la forza di determinare la fortuna di un’azienda?
Il consumatore, ovvio… Ma è poi così ovvio?
Riusciamo tutti noi a capire che le nostre scelte possono cambiare, radicalmente, le sorti delle nostre esistenze, del futuro del mondo?
Spesso ci lamentiamo che le cose non vanno per il verso giusto, che tutto ci rema contro e… non ci rendiamo conto che noi abbiamo i remi in mano, noi abbiamo il timone di questa barca chiamata terra.
Pensate:
1. Perché comprare frutta e verdura fuori stagione che arriva da Cile, Argentina, Sud Africa… percorrendo migliaia di chilometri su navi e aerei spaventosamente inquinanti?
2. Perché preferire alimenti confezionati in contenitori di carta e plastica che aumentano così, esponenzialmente, la produzione di rifiuti inutili e dannosi?
3. Perché comprare vestiti e oggetti usa e getta quando optare per prodotti di qualità garantisce maggiore durata e quindi risparmio?
4. Perché comprare acqua in bottiglia (oltretutto di plastica) quando è accertato che quella più controllata è proprio quella che sgorga dai nostri rubinetti?
5. Perché utilizzare ( e strapagare) decine e decine di prodotti per l’igiene personale e della casa quando sappiamo perfettamente che gli elementi essenziali per l’igiene sono pochissimi e quasi sempre naturali, mentre la stragrande maggioranza delle sostanze chimiche presenti nei prodotti “in” sono spesso superflui e dannosi?
Potrei continuare all’infinito, ma per intanto, vi assicuro che se tutti optassimo coerentemente per scelte alternative come quelle indicate nei cinque punti precedenti, improvvisamente, nell’arco di pochi mesi, vedremmo negozi, mercati e centri commerciali cambiare veste, obbligatoriamente.
Pensate solo a che cosa è capitato ultimamente ai prodotti che utilizzavano olio di palma… a quelli con coloranti artificiali… alle carni trattate con antibiotici…
Una settimana di rifiuto integrale per le pere di oltre oceano e delle mele intabarrate in tubi di plastica firmati e ci sarà la rivoluzione negli espositori.
Come diceva una vecchia pubblicità: provare per credere!
Mani su remi e timone allora! È ora che la barca prenda una nuova direzione e l’unica possibilità è che noi tutti prendiamo coscienza di un destino che ormai non ci offre molte soluzioni alternative e soprattutto ancora meno tempo per pensare.