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Comune di Caselle Torinese
sabato, Luglio 27, 2024

    L’anima e l’identità ancestrale

    La casa di Salvatore Seconda parte

    Dopo aver terminato i lavori, di ripristino di Cava Pallarito, Salvatore si sentiva svuotato.
    La fatica era stata tanta. Il risultato lo soddisfaceva. Ora quel luogo, così caro ai suoi avi, aveva ritrovato la dignità che aveva perduto a causa dell’incuria.
    Salvatore, ora che era più libero, amava tornare in quel luogo, sedersi sull’uscio a pianterreno e osservare le rare auto che transitavano dal castello Aragonese di Monte S. Angelo a Serrana Fontana.
    Cava Pallarito era immersa nel verde. Completamente circondata da rigogliosi boschi in cui dimoravano una grande varietà di alberi.
    Salvatore amava molto la sua isola. La particolare natura di Ischia rendeva quel lembo di terra circondato dal mare il luogo giusto per un solitario idealista come lui. L’isola di Ischia, essendo di natura vulcanica, aveva un suolo particolarmente fertile. La stessa presenza di numerose falde acquifere contribuivano alla fertilità esplosiva del terreno. Questa esuberante vegetazione rendeva quel luogo di un fascino particolare: un enorme bosco che si erge come un tempio sul mare.
    In questo, il particolare fascino di Ischia, faceva coppia con la dirimpettaia isola delle sirene: Capri
    Le grotte di Cava Pallarito immerse nel verde sembravano, per Salvatore, più un rifugio per eremiti che adatte per una vita numerosa e vivace: una specie di tempio dedicato alla meditazione ed alla conservazione di cose care.
    Ecco che nella mente di Salvatore, pian piano, si andava delineando un’idea precisa, destinare quel luogo alla preservazione della cultura cui apparteneva: la cultura contadina e non solo.
    Salvatore pensava che gli attrezzi e tutto ciò che faceva parte della sua cultura contadina e di muratore, non fossero semplici strumenti per agevolare il lavoro.
    Ragionava tra sé e sé: “Questi attrezzi e strumenti sono il risultato di un lungo processo evolutivo durato molto a lungo. L’uomo li ha affinati sempre di più per far sì che la sua funzione fosse perfettamente adatta allo scopo che si prefiggeva. Tutto questo processo partiva, ovviamente, da ciò che madre natura metteva a sua disposizione: i materiali. Cose che gli uomini e le donne lavoravano e trasformavano facendo tesoro della loro esperienza e intelligenza. C’è quindi un rapporto di vera simbiosi.”
    Ecco, dobbiamo conservare tutto questo. Anche il luogo dove riporre questi oggetti deve essere degno. Cava Pallarito lo era.”
    Quelle grotte erano degne perché erano state scavate a colpi di martello e scalpello con gran fatica. Salvatore aveva completato l’opera iniziata dai suoi avi e aveva pure restaurato e abbellito quei cunicoli che per lui erano arterie in cui scorreva sangue vivo. Tutto era pronto per iniziare una seconda vita.
    Cava Pallarito era il risultato di più stratificazioni. Era anche stata la sua casa. Sarebbe diventata la casa della storia della sua famiglia.
    Qualche amico gli aveva consigliato di farne un suggestivo ristorante, affittando le cave a qualche ristoratore dell’isola. Gli dicevano:” Ischia è un’isola turistica. Questi amano cenare in posti caratteristici, come sicuramente sarebbe Cava Pallarito. Inoltre, guadagneresti dei bei denari.”
    Salvatore rispondeva: “Guarda che a me dei soldi non frega niente. Snaturerei Pallarito. Diverrebbe un luogo come un altro. Ne farò un posto dove celebrare la nostra cultura.”
    Cose da metterci Salvatore ne aveva molte. C’erano tutti gli utensili e le attrezzature da contadino che erano di proprietà della famiglia. Cose che ormai non venivano più usate ma dal fascino senza tempo.

    Cominciò a trasportare tutti gli oggetti nelle grotte, disponendoli senza un ordine preciso. Li sistemava dove c’era spazio sufficiente per accoglierli; i più voluminosi li mise al pianterreno. Quelli più piccoli nell’alloggio e nei cunicoli sovrastanti. Sfruttava anche le piccole cavità per deporvi oggetti come le ossa. Sembravano reliquari.
    Si accorse che disporre con casualità gli oggetti creava un ordine e una logica tutta interna a quel accatastarsi apparentemente disordinato, ma governato da una logica tutta sua.
    Un giorno si presentò alle cave il suo amico Giuseppe, in arte “Peppiniello ‘o scultore”. Costui era un geniale scultore dilettante. Realizzava suggestive sculture partendo da materiali poveri e di riciclo. Si ispirava alle culture dei popoli antichi e primitivi.
    Gli disse:” Salvatore, che ne dici se ci mettiamo anche questi lavori? Pare che ci stiano bene.”
    L’idea piacque a Salvatore, Quelle sculture gli ricordavano idoli africani o polinesiani. Avevano un aspetto misterioso e ancestrale.
    Decise di accogliere ogni tipo di oggetto che gli ischitani portavano. La voce si era diffusa.
    Cava Pallarito divenne un luogo in cui convivevano le cose più disparate e diverse tra loro. L’eterogeneità divenne la cifra stilistica che presiedeva a quello che era diventato un vero e proprio museo. Tutta quella miscellanea trovava una nuova vita grazie alla testimonianza che da essi promanava.
    Un giorno Salvatore si aggirava in quel piccolo e caotico labirinto assieme a Peppino, Questi disse:” Ma questo è un vero e proprio museo della vita. Come la nostra vita si dipana senza un ordine preciso, così è questo luogo. La sua suggestione nasce dalla sua intima e caotica diversità.”
    La casa museo di Cava Pallarito era nata.
    I turisti cominciarono a fermarsi: si aggiravano a bocca aperta tra quei misteriosi cunicoli. Ritrovavano il meraviglioso stupore infantile generato da quel caotico e fiabesco mondo.
    Tuttora Salvatore è il custode-sacerdote di quel luogo per lui sacro.
    C’è un registro su cui i visitatori possono vergare il loro pensiero. Dalle parole scritte emerge tutta la meraviglia per aver compiuto un viaggio in un tempo metafisico.
    Basta leggere cosa scrivono i visitatori sul registro:
    ” Atmosfera magica…si esce dal mondo normale per trovarsi in un posto fuori da tutto, dallo stress e dal rumore.”
    “Quando vedo qualcuno così originale mi si riempie il cuore di gioia, perché vedo qualcuno che ha avuto il coraggio di essere sé stesso.”
    E si potrebbe continuare a lungo nel citare le parole dei visitatori.
    Ridare l’anima alle pietre significa ritrovare la nostra identità ancestrale. Questo ha fatto Salvatore.

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