La povertà, la violenza, la cultura dello scarto

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La povertà che uccide è la miseria, figlia dell’ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse. È la povertà disperata, priva di futuro, perché imposta dalla cultura dello scarto che non concede prospettive né vie d’uscita.”


Questa frase di Papa Francesco, riportata da Valter Leonarduzzi nell’articolo che ha scritto il mese scorso sulle attività annuali della Caritas, deve portarci a riflettere.
Una riflessione che si può delineare sotto tre aspetti: il primo riguarda l’ingiustizia, il secondo la violenza e il terzo su quali possano essere le vie d’uscita da questa situazione.
L’ingiustizia e la distribuzione ingiusta delle risorse è alla base della maggior parte del disagio e del non dare a tutti le stesse possibilità di vivere nel quotidiano. Stiamo vivendo in un momento storico particolare sotto due punti di vista, la pandemia e la guerra. Due fattori che hanno inciso e incidono il vivere quotidiano di tutti, ma che hanno portato, direttamente o indirettamente, al manifestarsi e al palesarsi sempre più delle diseguaglianze sociali. Pensiamo alla pandemia e di come questo ha aumentato il divario tra la popolazione giovane. Quanti giovani non hanno potuto seguire le attività scolastiche in modo adeguato perché non avevano gli strumenti? Tanti. E quando parlo di strumenti non intendo solo la connessione a internet o un dispositivo per potersi connettere e seguire le lezioni, ma anche il fatto che in alcuni cotesti familiari, per tutta una serie di difficoltà, i ragazzi non hanno potuto essere seguiti, perché entrambi i genitori lavoravano o perché alcune delle materie studiate dai ragazzi erano del tutto sconosciute ai genitori. Il non potersi confrontare con la stessa frequenza, quotidiana, in classe, con i propri coetanei e con gli insegnanti ha fatto sì che alcuni ragazzi restassero indietro. L’istruzione è uno strumento fondamentale per il contrasto alla povertà perché fornisce alle nuove generazioni la possibilità di avere gli strumenti per scegliere, decidere e non essere un passo indietro. E purtroppo si sta vedendo sempre più una inversione di tendenza che fa sì che le nuove generazioni non riescano ad avere un livello di istruzione pari o superiore ai genitori.
Allo stesso tempo la guerra e il contesto economico che stiamo vivendo ha visto un aumento delle bollette e dei prezzi che ha messo in difficoltà molte famiglie. Affitto, mutuo, luce, gas, spesa in alcune situazioni ha fatto sì che le entrate fossero minori alle uscite. Questo deve portare ad una riflessione anche per quello che riguarda il Salario Minimo. Per non parlare del Reddito di Cittadinanza, uno strumento che non va tolto, ma che va riformulato per renderlo più efficace.
Pensiamo solo che se domani chiudessero tutti i mercati, come quelli che nella nostra Caselle sono il lunedì e venerdì, molte persone non potrebbero più avere sempre un pasto in tavola. Anche sui mercati e sulla grande distribuzione sarebbe opportuno fare una riflessione per capire il flusso degli utenti e delle esigenze del quotidiano.
Altro punto. La violenza. Pensiamo alla violenza economica. È una forma particolare di violenza, che vede come vittime principalmente le donne. Il 30 per cento delle donne non ha un conto corrente e dipende dal marito/compagno, anche se magari percepisce uno stipendio. Questo fenomeno fa sì che molte donne non denuncino le violenze, perché si trovano in questa situazione di difficoltà e in questa tipologia di violenza che è difficile da dimostrare ma che blocca molte donne nelle scelte quotidiane. Un fenomeno analogo lo vivono i padri separati, in cui sta aumentando la povertà.
La via d’uscita non è facile, come scrive il Papa, ma la politica, le amministrazioni, le realtà associative devono avviare un cambio di rotta per dare prospettive, per dare futuro, per far sì che ci siano delle risposte a questa situazione che colpisce sempre di più le persone. Le code alle mense e alla Caritas sono un esempio, così come l’aumento dei senza fissa dimora che per un fenomeno sociale si spostano verso le grandi città per diventare anonimi. In un paese è più facile essere riconosciuti, trasferirsi in una grande città, rende anonimi.
Molte volte, troppo spesso, quando si fanno le indagini e si parla di questi temi, prevalgono i numeri, e ci si dimentica che si tratta di persone, di persone che stanno vivendo una sofferenza, un disagio e che forse, come scrive nell’enciclica Papa Francesco, dovremmo ricordarci che siamo “Fratelli Tutti”.

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