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giovedì, Aprile 18, 2024

    Legis non est lex

    Partito il nuovo processo civile: principali novità

    Questo mese inauguriamo una nuova rubrica sul diritto. Per chi è poco avvezzo al latino e alle questioni legali, “ Legis non est lex” è una locuzione usata nel linguaggio giuridico  per significare che – in caso di contrasto fra il testo vero e proprio di una legge  e l’eventuale titolo – non si deve tener conto del titolo, che, tutt’al più, dovrebbe servire per chiarire il significato della norma e non certo per contraddirla. A parlarci di leggi e diritto, l’avvocato Simone Tappero. Laureatosi dottore magistrale in giurisprudenza con il massimo dei voti nel 2013 presso l’Università degli studi di Torino, si è abilitato alla professione forense presso la Corte d’Appello di Torino nella sessione 2015/2016 ed è iscritto all’Albo degli Avvocati di Torino. Ha maturato un’esperienza all’estero nel 2017, collaborando con un importante studio legale specializzato in diritto tributario, sotto la guida del Prof. Càmara, titolare di Cattedra presso la Universidad Nacional de Cordoba. Attualmente, esercita la professione forense in proprio in Torino, collaborando con lo Studio Commercialisti Riba e Lerda, oltre ad essersi accreditato come Mediatore presso la Camera di Mediazione Nazionale e giudice Arbitro iscritto all’AIRAC.

    Partito il nuovo processo civile: principali novità

    Lo scorso 28 febbraio è entrato in vigore il nuovo processo civile, riformato dal Decreto Legislativo n. 149/2022 (cd. Riforma civile Cartabia), con l’obiettivo di ridurre il carico di lavoro dei Tribunali e velocizzare il processo.
    In primo grado, il Legislatore ha previsto il deposito di tre memorie integrative prima dell’udienza di comparizione delle parti ex art. 183 cpc, così da creare una sorta di contraddittorio anticipato, senza sin lì alcun contatto con il giudice, e garantire una maggior celerità a seguito della prima udienza.
    Analizzando i nuovi artt. 342 e 434 cpc, invece, si evince che il nuovo atto d’appello, “per ciascuno dei motivi”, dovrà indicare a pena di inammissibilità, in modo chiaro, sintetico e specifico: “il capo della decisione di primo grado che viene impugnato; le censure proposte alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice; le violazioni di legge denunciate e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata”.
    In Cassazione, il nuovo art. 375 cpc rinsalda l’idea che tale giudizio sia sostanzialmente a trattazione scritta, atteso che la pronuncia in pubblica udienza viene limitata ai soli casi di “particolare rilevanza della questione di diritto” (oltre ai casi di cui all’art. 391 quater cpc).
    La nuova Riforma, peraltro, valorizza la mediazione, la negoziazione assistita e l’arbitrato. La mediazione viene rafforzata, da un lato, attraverso incentivi fiscali, dall’altro, imponendo la sua obbligatorietà per un numero maggiore di materie, di tal che gran parte dei nuovi procedimenti non arriveranno (almeno in prima battuta) sulla scrivania del giudice ordinario. La negoziazione assistita viene estesa anche ai procedimenti di diritto del lavoro. Lo slancio del procedimento arbitrale (= scelta delle parti di far decidere la propria controversia a giudici privati) viene favorito, in base ai nuovi artt. 818, 818 bis e ter cpc, dall’attribuzione agli arbitri del potere di emettere provvedimenti cautelari, ove concesso dalle parti “con la convenzione di arbitrato o con atto scritto precedente all’instaurazione del giudizio arbitrale”. Tale novella avvicina un poco il nostro Paese alla maggior parte degli Stati europei. Dunque, le procedure per “litigare” sono ancora abbastanza macchinose, ma, se proprio non si può farne a meno, la nuova Riforma incentiva il raggiungimento di una conciliazione, prima di ricorrere alle vie giudiziarie.
    In sintesi: “A l’é sempre mèj nen rusé, ma se pròpi a suced, a conven butési d’acordi!”.

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