Si sente spesso parlare di consenso informato, soprattutto quando si ha la sfortuna di dover essere sottoposti a qualche intervento chirurgico. Ma di cosa si tratta nello specifico?
Di recente, la Corte di Cassazione, terza sezione civile, con pronuncia n. 16633/2023, è tornata sul tema, soffermandosi in particolare sul danno da violazione dell’autodeterminazione, derivante dalla carenza di informazione, in ragione della quale, di frequente, vengono azionate richieste risarcitorie per violazione del consenso informato.
Le caratteristiche che il suddetto consenso deve avere, come sancito dalla Corte di legittimità, affinché il paziente possa considerarsi adeguatamente informato, sono le seguenti.
Il consenso deve essere innanzitutto “consapevole”, con ciò intendendosi che il paziente deve essere reso edotto del tipo di intervento a cui verrà sottoposto e dei rischi ad esso connessi, e maturare sulla base di tali informazioni la volontà (o meno) di sottoporvisi.
Dopodiché, deve essere “completo”, ossia l’informazione deve riguardare tutti i rischi prevedibili, con l’unica esclusione di quelli assolutamente eccezionali ed altamente improbabili.
Inoltre, il consenso deve estendersi non solo all’intervento nel suo complesso, ma anche ad ogni singola fase dello stesso, così da potersi dire “globale”.
E ancora, si deve trattare di un consenso “esplicito” e non meramente presunto o tacito.
Quali conseguenze dell’inadempimento del dovere di acquisire il consenso informato del paziente, potranno aversi:
– la violazione del diritto all’autodeterminazione, causata dall’omessa o insufficiente informazione preventiva, che reca una relazione causale diretta con la compromissione dell’interesse dell’individuo all’autonoma valutazione del rapporto rischi/benefici del trattamento sanitario al quale dovrebbe essere sottoposto;
– la lesione del diritto alla salute, intesa come la diversa scelta che il paziente avrebbe potuto operare se fosse stato adeguatamente informato; in tal caso, l’onere della prova del nesso di causalità tra l’inadempimento informativo e l’evento dannoso grava sul paziente danneggiato, a memoria del criterio generale di cui all’art. 2697 c.c.
In ogni caso, il medico o la struttura sanitaria devono provare di aver correttamente adempiuto al dovere di informazione, dimostrando di aver reso consapevole il paziente sia delle conseguenze negative che l’intervento poteva avere sia di quelle che sarebbero potute altresì derivare dal rifiuto allo stesso.
“Informese, ma…mej ste bin!”
Il consenso informato: caratteristiche
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