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martedì, Marzo 19, 2024

    L’industria migratoria e l’Unione dell’ipocrisia

    Foto tratta dal sito della Chiesa di Milano

    La deposizione di Gheddafi nel 2011, voluta da Francia, Regno Unito e Stati Uniti “obamiani”, non ha “soltanto” mandato all’aria la collaborazione italo-libica in campo economico e in quello della sicurezza, ma, insieme, ha condannato al crimine, all’estremismo religioso e alle ingerenze esterne di Russia e Turchia l’ex stato nordafricano, destabilizzando pure Paesi confinanti e del Sahel, come la Tunisia, il Niger e il Mali, concedendo maggiore libertà ai trafficanti dell’Africa subsahariana, vedi il caso della Nigeria. L’immigrazione afro-asiatica da anni si sostanzia in tre vie: orientale, centrale e occidentale. La prima segue la direttrice Turchia-Grecia-Balcani e tendenzialmente chi la percorre mira all’Europa centro-settentrionale. La seconda procede dallo “smistamento” di Agadez, città nigerina, attraversa la Libia per poi superare lo Stretto di Sicilia e raggiunger l’Italia. La terza infine segue la rotta Ceuta-Melilla (enclave spagnole in Marocco) attraversando successivamente lo Stretto di Gibilterra per giungere in Spagna. L’anarchia libica ha favorito la via centrale. Questa non è l’unica motivazione, visto che a questa infatti va aggregata quella economica (tariffe più basse), insieme con la politica spagnolo-marocchina che, per mezzo di variegate forme coercitive, ha, se non eliminato, resa impraticabile la via occidentale e quella turca, la quale su «contributo economico “eurogermanico”» (governo Merkel) ha concesso il vantaggio del “ricatto all’Anatolia”. Da un’indagine condotta da «Limes» nel 2016 emergeva già come in Niger diverse aziende di trasporto pubblico da anni fossero ormai state convertite a quello, stimolato se non forzato, di veicolare migranti: Limes diceva: «[…] Sonef, Rimbo e 3Stv dispongono di mezzi moderni, prezzi concorrenziali e infrastrutture capillari, capaci di andare a raccogliere i viaggiatori fino a Accra, 2 mila chilometri più a sud, o a Dakar, 3.700 chilometri più a ovest». Il responsabile del Consiglio locale delle questioni migratorie nello stesso anno rispose a un’intervista: «La migrazione, nella regione di Agadez, genera risorse economiche importanti, sostituendosi al business del turismo che un tempo rappresentava la prima risorsa della regione. Oggi, i turisti per noi sono i migranti: sono ben accolti, alloggiati, e accompagnati dove desiderano. Trasportatori, ristoratori, albergatori: tutti sono coinvolti». Se il proprietario di Rimbo è Mohamed Rhissa, controverso miliardario locale, l’omologo di 3Stv era, sino alla scomparsa, Cherife Abidine, ex deputato della regione di Agadez in quota al partito del presidente Issoufou, in carica fino al 2021, detto “Cocaine” per i suoi traffici di cocaina oltre che d’esseri umani. La Nigeria, da quando la Libia è divenuta uno Stato fallito, tramite l’associazione universitaria Black Axe, che dagli anni Settanta s’occupa del mercato dell’eroina, organizza minuziosamente sul piano logistico, promozionale e finanche giuridico, il traffico d’esseri umani, reperendo persino i giacconi per l’inverno europeo, così come i documenti falsi per lo status di rifugiato dei propri trasportati. Nomadismo saheliano e subsahariano, fiumi di denaro, insieme alla riduzione dell’eccessiva richiesta sociale dovuta alla sovrappopolazione, convincono i governi a favorire il traffico o comunque a non turbare lo status quo. Un rapporto dell’Onu sostiene che nel 2050 la popolazione nigeriana sfiorerà il miliardo e viene dunque spontaneo domandarsi: “questa gente dove andrà?!” A quelle libiche oggi s’aggiungono le partenze dalla Tunisia, non soltanto di locali avventurieri o sbandati, ma di numerosi sahelo-subsahariani, come dimostrerebbero le recenti difficoltà tunisine nel contenere l’immigrazione da Sud. L’Unione europea – e i Paesi che la compongono -, insieme con svariate ong, hanno, negli anni, dapprima fatto la morale all’Italia per la disumanità (presunta?!) di quest’ultima verso i migranti che inoltre avrebbero rappresentato una risorsa, contribuendo al collasso del Nord Africa nell’illusione dell’araba primavera democratica e al successo dell’industria migratoria. In seguito, quando la “straordinarietà” della migrazione è divenuta prassi, portando con sé instabilità sociale ed estremismo religioso s’è praticato un solo credo: ognuno al proprio destino! All’ultimo Consiglio europeo, gli appelli del governo Meloni a quell’“azione comune” tanto spasimata dagli europeisti (italiani soprattutto) non sono stati nemmeno presi in considerazione dalla presidenza svedese: tutto rimandato al prossimo semestre, forse.

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