Ci soffermiamo questo mese sui recenti principi introdotti dalla Suprema Corte con l’ordinanza n. 194/2023 (Cass. Civ., Sez. VI), in relazione ai casi di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore:
– “il locatore può sottrarsi all’obbligo di restituzione del deposito cauzionale, a condizione che proponga domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte, a copertura di specifici danni subiti, di qualsiasi natura, e non solo di quelli subiti dalla res locata (l’immobile) ovvero di importi rimasti impagati”;
– “in caso di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, spetta al locatore non inadempiente il diritto di pretendere quanto avrebbe potuto conseguire se le obbligazioni fossero state adempiute, detratto l’utile ricavato o che, con l’uso della normale diligenza, avrebbe potuto ricavare dall’immobile nel periodo intercorso tra la risoluzione prematura ed il termine convenzionale del rapporto inadempiuto”.
Muovendo dal principio secondo il quale la funzione del deposito cauzionale, nel contratto di locazione, è di garantire il locatore per l’adempimento di tutti gli obblighi, legali e convenzionali, gravanti sul conduttore, a cominciare da quello di pagamento dei canoni, neppure escluso quello di recedere dal contratto dando il dovuto preavviso, la Suprema Corte sancisce che il locatore potrà soddisfarsi, sulla somma o sul valore dei beni ricevuti, ove il conduttore gli abbia cagionato un danno e per l’ammontare del danno stesso, sottraendosi all’obbligo di restituzione del deposito cauzionale, che sorgerebbe con la conclusione della locazione, a condizione che venga proposta “domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte, dello stesso a copertura di specifici danni subiti o di importi rimasti impagati” (Cass. Civ., sez. III, n. 18069/2019).
Peraltro, per l’individuazione del danno da lucro cessante, rappresentato dal mancato guadagno patrimoniale derivante dall’inadempimento del conduttore, la Cassazione, richiamando un principio già cristallizzato in precedenza (Cass. Civ., sez. III, n. 8482/2020), ha rammentato che “il danno da risarcire non può non ritenersi rappresentato dall’ammontare dei canoni dovuti per la durata ulteriore della locazione ormai sciolta per inadempimento, senza che si possa prendere in considerazione la ripresa disponibilità della cosa, perché questa, finché non viene locata di nuovo, per il soggetto che aveva scelto di ricavare dal bene un reddito locatizio, non può rappresentare – o quanto meno non può a priori presumersi rappresenti – un effettivo e reale vantaggio a quello paragonabile”.
La Corte di legittimità ha così chiarito, con un’unica pronuncia, una materia piuttosto controversa, che si prestava a diverse interpretazioni (atteso che, in via generale, vige il principio di restituzione del deposito cauzionale al termine della locazione).
Ad oggi, quindi, sappiamo che gli eventuali danni cagionati dall’inadempimento del conduttore (es: mancato pagamento dei canoni), giustificano il trattenimento del deposito cauzionale sia per il danno emergente sia per il lucro cessante, a patto che venga presentata apposita domanda giudiziale dal locatore avente diritto.
“Bon a savèjse!”
Locazione e risoluzione anticipata del contratto
Cosa stabilisce la Corte di Cassazione?
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