Con decreto emesso il 30 marzo 2023, il Primo Presidente della Corte di Cassazione ha disposto l’assegnazione alle Sezioni Unite di un ricorso che pone un’interessante questione, già decisa con diversi esiti dalle Sezioni semplici. In particolare, la norma di riferimento è l’art. 1027 c.c. e l’interrogativo al centro del dibattito è se sia configurabile una servitù avente ad oggetto il parcheggio di un’autovettura su un immobile altrui, o se, invece, il contratto che riconosca tale servitù di parcheggio sia da considerarsi nullo per impossibilità dell’oggetto.
La Corte d’appello di Venezia, confermando la pronuncia di primo grado (dalla quale trae origine la vicenda), ha riconosciuto la validità della servitù di parcheggio summenzionata, sull’assunto che la medesima soddisfacesse pienamente i caratteri di localizzazione e predialità richiesti dalla norma.
Il ricorrente, sul punto, ha lamentato la violazione dell’articolo citato, ponendo l’accento su diversi aspetti, confluiti poi in altrettanti motivi di gravame. In primis, tale tipologia di servitù non fornirebbe alcuna utilità al fondo dominante, ma piuttosto una utilità personale o aziendale, estranea al fondo medesimo. Inoltre, non sarebbe stato accertato il collegamento tra il fondo e l’industria, mancando quindi di verificare se il fondo serva ad una determinata industria. Il ricorso denuncia altresì come la servitù di parcheggio consenta l’utilizzo del fondo servente da parte del suo proprietario, quando, in realtà, le facoltà di quest’ultimo, in relazione al fondo gravato da servitù, dovrebbero essere totalmente compresse. Infine, vengono lamentati, sotto un profilo più tecnico-giuridico, il mancato rispetto del principio dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., mentre, in termini di destinazione del fondo, l’inosservanza di una normativa locale del luogo su cui insiste il fondo servente.
L’esistenza in materia di pronunce della Corte di Cassazione a Sezioni semplici, che hanno trattato l’argomento in maniera diametralmente opposta, ha indotto il Primo Presidente a rimettere la questione alle Sezioni Unite. Per vero, diverse pronunce della Sezione II° della Corte (Cass. Sez. II, n. 7561/2019; Cass. Sez. II, n. 16698/2017) hanno sancito che, in astratto, non vi è impossibilità di costituire servitù di parcheggio su un immobile di proprietà altrui, purché tale configurazione determini un reale miglior utilizzo a favore del fondo dominante.
Per converso, altre sentenze (Cass. Sez. II, n. 40824/2021; Cass. Sez. II, n. 23708/2014) hanno ritenuto nullo per impossibilità dell’oggetto qualsiasi contratto che preveda una siffatta servitù, in quanto non sarebbe configurabile alcun vantaggio concreto in capo al fondo dominante né, tantomeno, un reale peso in capo al fondo servente, ma una semplice utilità personale.
Staremo quindi a vedere in quale direzione si pronunceranno le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, per dirimere ogni dubbio sul punto.
Per il momento, o, in termini più solenni, “nelle more”:
“Mèj parchegé la màchina a nòsta ca!”