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sabato, Luglio 27, 2024

    Chernobyl: la tragedia continua?


    Ho toccato più volte questo argomento, ringrazio questo giornale per la pubblicazione. Ogni anno in ricorrenza del famoso “incidente” non posso che ripensare a Chernobyl. Sono passati 37 anni da quel 26 aprile 1986, ma temo non né basteranno 370 per cancellare tutte le tracce di quella tragedia. La cronaca dell’avvenimento penso e spero sia abbastanza conosciuta; per chi non la conoscesse ci sono decine di filmati a disposizione su Youtube, ma quello che non si potrà mai sapere, con assoluta precisione, sono le conseguenze sul genere umano e sull’ambiente. Greenpeace ha stimato 90.000 vittime in Ucraina-Bielorussia-Russia e dintorni, mentre enti vicini ai governi e all’industria nucleare ne ammettono al massimo 4.000. Secondo me sono molto più delle 4.000, forse meno di 90.000, ma comunque sono numeri che spaventano. E spaventa il fatto che quanto è successo può, senza dubbio, riverificarsi. Fukushima non vi dice nulla? I Russi avevano fatto errori di progettazione? Avevano condotto un esperimento troppo rischioso? Erano impreparati ad intervenire su un evento di quella portata? E i Giapponesi? Era il 2011, un quarto di secolo dopo, in un Paese tecnologicamente più evoluto, dove non c’era una dittatura al governo che temeva di perder la faccia di fronte al mondo intero. Eppure, la storia si è ripetuta, quasi all’identico modo: tentativo di minimizzarne la portata, ritardo nel decidere l’evacuazione della popolazione residente nei dintorni. Ed ora? Leggo che alcuni Paesi sono più o meno attrezzati per intervenire, altri meno. Naturalmente la maggiore preoccupazione è in Ucraina, dove, come tutti sanno, si combatte una guerra tra i Russi e l’Occidente. La minaccia di un altro incidente è comparsa nel 2022, quando i soldati russi hanno occupato la zona intorno alla centrale di Chernobyl, per più di cinque settimane, e quando la centrale nucleare di Zaporizhia, è sfuggita per un soffio ai bombardamenti delle forze russe. Oggi ci sono opinioni diverse sul futuro dell’energia nucleare. La Germania si è impegnata a chiudere completamente la sua rete di centrali nucleari dopo il disastro di Fukushima, e sta completato il processo, ma milioni di europei vivono a breve distanza da una centrale nucleare. Ogni volta che lo spettro di Chernobyl viene riportato in vita le persone inevitabilmente iniziano a chiedersi cosa accadrebbe se qualcosa andasse storto. In Francia, territorio in cui ci sono 56 centrali nucleari, le istruzioni del governo consigliano alle persone di preparare un kit di emergenza con copie di documenti importanti ed eventuali medicinali, oltre a vestiti, cibo e acqua, di rifugiarsi in casa con le finestre chiuse, di assumere pastiglie di iodio per contrastare qualsiasi avvelenamento da radiazioni. In Spagna, dove 7 centrali nucleari generano circa il 20 per cento dell’energia del Paese, il governo ha prodotto consigli in varie lingue in caso di emergenza. “Il modo migliore per stare al sicuro in qualsiasi emergenza da radiazioni è stare in casa e rimanere sintonizzati”, consigliano le autorità spagnole. In Svezia, con sei reattori in tre centrali nucleari, le autorità spiegano che “preparazione significa essere preparati per l’imprevisto(…)ed essere in grado di ridurre al minimo le conseguenze di un incidente”. Le istruzioni prevedono di mantenere una buona distanza dalla fonte delle radiazioni e di rimanere nell’area contaminata il minor tempo possibile. Gli scienziati dell’Institut Biosphère di Ginevra hanno esaminato in dettaglio i danni che potrebbero derivare da un incidente in una delle cinque centrali nucleari svizzere, tra cui i due più antichi reattori ancora funzionanti, Beznau 1-2 (costruiti nel 1969 e nel’71). Secondo i loro risultati, un disastro potrebbe potenzialmente colpire 16-24 milioni di europei, con migliaia di morti dovuti alle radiazioni anche oltre i confini della Svizzera. Il reattore più vecchio della Gran Bretagna, l’ormai dismesso Sellafield, è una piaga da decenni: un incendio nel 1957 ha inviato particelle radioattive nell’aria rilevate in Scandinavia e in Germania. Oggi, l’operazione di pulizia in corso nel sito costa allo stato britannico 2,25 miliardi di euro all’anno e comporta rischi significativi che ulteriori scorie radioattive vengano rilasciate in mare. Ma ci sono anche altri effetti: “L’Organizzazione mondiale della sanità ha documentato lo sconvolgimento del disastro di Chernobyl tra la comunità trasferita e ha trovato un retaggio di depressione e di alcolismo”. Possiamo dire di averlo assolutamente verificato, conoscendo la situazione delle famiglie dei bimbi che abbiamo accolto a Caselle per 18 anni. Alcuni di loro erano stati ricoverati temporaneamente in orfanotrofio quando i genitori eccedevano con l’alcoolismo. Ma c’è ancora chi la chiama energia pulita. Per ora, la tendenza generale al nucleare in Europa non è chiara, ma è qualcosa che purtroppo non scomparirà.

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    Ernesto Scalco
    Ernesto Scalco
    Sono nato a Caselle Torinese, il 14/08/1945. Sposato con Ida Brachet, 2 figli, 2 nipoti. Titolo di studio: Perito industriale, conseguito pr. Ist. A. Avogadro di Torino Come attività lavorativa principale per 36 anni ho svolto Analisi del processo industriale, in diverse aziende elettro- meccaniche. Dal 1980, responsabile del suddetto servizio in aziende diverse. Dal '98 pensionato. Interessi: ambiente, pace e solidarietà, diritti umani Volontariato: Dal 1990, attivista in Amnesty International; dal 2017 responsabile del gruppo locale A.I. per Ciriè e Comuni To. nord. Dal 1993, propone a "Cose nostre" la pubblicazione di articoli su temi di carattere ambientale, sociale, culturale. Dal 1997 al 2013, organizzatore e gestore dell'accoglienza temporanea di altrettanti gruppi di bimbi di "Chernobyl". Dal 2001 attivista in Emergency, sezione di Torino, membro del gruppo che si reca, su richiesta, nelle scuole.

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