Sudorazione notturna eccessiva, insonnia, “vampate” di calore, secchezza vaginale, alterazioni dell’umore, stanchezza, aumento di peso e frequenti infezioni delle vie urinarie: sono i sintomi che spesso affliggono le donne che vanno incontro al periodo menopausale. La menopausa è definita come l’assenza di ciclo mestruale da almeno 12 mesi consecutivi, indipendentemente da altre cause (diagnosi clinica che non prevede esami del sangue i quali rischierebbero invece di far pensare erroneamente alla donna con cicli irregolari di essere in menopausa). I sintomi della menopausa sono correlati alla carenza di estrogeni che si ha in tale periodo e che potrebbero facilmente risolversi con una terapia ormonale sostitutiva a base di estrogeni. E cosi era alcuni decenni fa. Tutte le donne sintomatiche che negli anni 80 si recavano dal proprio medico di famiglia venivano trattate con tale terapia perché tutte le evidenze disponibili in quegli anni erano assolutamente a favore: la donna tornava a stare meglio e riduceva inoltre il rischio di andare incontro ad osteoporosi, a carcinoma del colon retto e, sembrava avere anche un minor rischio di patologie cardiovascolari, cognitive, oncologiche e di mortalità da tutte le cause. Già nel 1966 fu pubblicato negli Sti Uniti «Feminine Forever», un best seller che sosteneva che «la menopausa non è altro che deficienza di estrogeni. Basta assumere estrogeni sintetici per ovviare a tutti i problemi della menopausa stessa». E cosi fu per decenni. Negli anni 90 anche alle donne asintomatiche veniva prescritta tale terapia. E cosi fino ai primi anni 2000 quando vennero pubblicati numerosi studi su milioni di donne. Studi che non solo non confermarono i dati noti, ma addirittura li smentirono, dimostrando l’esatto contrario: la terapia ormonale sostitutiva aumentava il rischio di carcinoma della mammella, di malattie cardiovascolari, di tromboembolia, di ictus ischemico e di demenza (studio WHI, studio HERS, The Million Women Study). Immediatamente la Food and Drug Administration FDA chiese la sospensione immediata di tale terapia nelle donne che la assumevano per prevenire l’osteoporosi e le malattie cardiovascolari. Anche il Codice Europeo contro il Cancro, tra le sue 12 regole, indica che la terapia ormonale sostitutiva “aumenta il rischio di alcuni tipi di cancro, per cui è bene limitarne l’uso. L’assunzione di questi ormoni aumenta il rischio di sviluppare cancro al seno, all’ovaio e all’endometrio. È quindi importante effettuare la terapia nei casi strettamente necessari indicati dal medico, possibilmente per breve tempo e alle dosi minime per controllare i sintomi della menopausa”. Oggi, 2023, sappiamo che “in medio stat virtus”, come spesso accade. Valutando i benefici e i rischi, in generale la terapia ormonale sostitutiva va riservata alle donne che sono entrate in menopausa a meno di 45 anni, ossia in menopausa precoce, che soffrono di vampate di calore, sudorazioni e risvegli notturni, percepiti come importanti e duraturi, che vivono la menopausa in maniera negativa e che desiderano assumere la terapia dopo aver ricevuto informazioni dal medico su benefici e rischi del trattamento. Ma per quanto tempo va assunta in questi casi? Le linee guida attuali sono tutte concordi nel definire: “per un tempo minimo efficace alla risoluzione della sintomatologia”. Il futuro però è già alle porte: la FDA americana ha da poche settimane approvato una nuova terapia non ormonale, il Fezolinetant (nome commerciale Veozah) per il trattamento dei sintomi in menopausa. Si tratta di un farmaco, non ancora disponibile in Italia in quanto in corso di valutazione da parte dell’Aifa, che agisce sulle vampate di calore e va assunto una volta al giorno previo controllo periodico (ogni tre mesi) degli esami ematici per via dei suoi possibili effetti collaterali a livello epatico. Terapia ormonale sostitutiva, una storia complicata.
Terapia ormonale sostitutiva in menopausa: una storia complicata
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