È la stagione che preferisco, quella che dovrebbe segnare il transito, o meglio, il passaggio dal buio e freddo inverno, a temperature più miti, giornate con più luce.
La primavera è la stagione del risveglio della natura.
Un’esplosione di colori e profumi dei fiori appena sbocciati e delle piante che germogliano.
Dopo il freddo e il letargo invernale, l’arrivo della bella stagione è vissuto come una ‘liberazione’.
Le stagioni in questi ultimi anni hanno perso alcune caratteristiche peculiari: inverni sempre più miti, a parte alcuni brevi periodi di gelo, salvo poi ripresentarsi a marzo con piogge incessanti e neve anche a quote basse; estati torride e con temporali che ormai hanno assunto la connotazione di uragani caraibici.
A un certo punto si iniziano a vedere i primi fiori primaverili, rigorosamente gialli.
Il motivo sembra sia che è il colore che le api vedono meglio, seguito dal bianco.
Tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera il colore predominante della vegetazione spontanea è il giallo. E tra i fiori gialli, aspettando la forsizia (forsythia ), primeggiano l’inebriante calicanto (chimonanthus praecox) e il gelsomino (jasminum nudiflorum). Già in febbraio la primula (primula vulgaris) timidamente colonizza gli anfratti più appartati e i suoi fiori sono ben visibili nella vegetazione ancora succube dei rigori invernali.
Nel viola si ritrovano i cinque petali della violetta , tra le prime piante risorte dall’inverno, che come innamorati si appartano lungo i muri più esposti. In febbraio anche il viola dell’erica carnicina (erica carnea) forma soffici tappeti “in ogni dove”, dalle dune marittime alle alte vallate, dalle brulle brughiere alle ombrose pinete. E col viola fa anche bella mostra di sé nei giardini cittadini la florida acetosella (oxalis articulata), le cui foglie si confondono con quelle del trifoglio.
Lungo i bordi delle strade troviamo le cerulee distese delle diverse specie colmi di petali striati che ricordano gli “Occhi della Madonna” giustificando quanti così la chiamano.
I primi tepori aiutano ad aprirsi le corolle dei crocus, seguiti dagli ornitogalli (ornithogalum), dai bucaneve (galantuhs nivalis). Gli anemoni, appaiono con discrezione nel sottobosco e nelle radure lungo la Stura in alcuni punti formano piccoli tappeti. Uno dei regali più graditi che la primavera ci fa sta nel donarci le erbe spontanee commestibili che popolano i nostri prati, in primis il tarassaco (tarassacum officinale) protagonista delle insalate primaverili, poi l’acetosella, (rumex acetosa), in dialetto “gidula” o “erba brusca”, ricca di vitamina A e C, ferro, calcio, antiossidanti, detox. In estate produce delle tenere cimette con cui si fa una frittata, ottima nelle zuppe di verdura, e attingendo dai ricordi della nonna, una salsa ottima con la polenta aggiungendo della panna per togliere acidità, chiamata “el bruschett”.
I nostri balconi, giardini grandi o piccoli, diventano piccoli cantieri. Gli steli, che sembravano vittime del gelo si rinfrancano, pronti per la ripartenza; è il momento più impegnativo, dobbiamo abbinare cure e buoni propositi. Ogni pianta, cespuglio, arbusto, bulbo necessità di cure, in termini di potature, pulizia, concimi, cure anticrittogamiche: solo così il nostro verde darà i risultati previsti nei tempi dovuti gratificandoci per il nostro impegno o viceversa, con delusioni, se avremo mancato in tempi e metodi, il “verde” ha delle regole, più o meno rigide e di conseguenza delle esigenze.
Usando una metafora un po’ estrema, la primavera è tale anche per noi, ci permette di liberarci di quei pensieri accumulati durante l’inverno, di potare ed estirpare, o meglio, ridimensionare consuetudini che è meglio lasciarci alle spalle. Una sorta di benefica “liberazione”.