Good morning Cose Nostre! Avendo necessità di parlare con un consulente della mia banca, tempo fa ho dovuto prenotare tramite il sito: naturalmente i contatti tra le persone ormai sono spariti, persino le banche puntano ad avere i propri correntisti on line, in modo da facilitare lo svuotamento dei conti agli hacker. Tra un po’ prenoteremo anche in panetteria, cliccando sui simboli delle biove, dei grissini e sull’orario di ritiro.
Tutto sommato è andata bene, in sole cinque ore ci sono riuscito: dopo aver sbagliato pianeta, continente, regione, città e filiale ho preso appuntamento per le 10.30.
Entrando intimorito, mi sono subito reso conto che quella che chiamavano banca, ora è un monastero: mi è apparsa subito una navata centrale che mi ha ricordato il film “Il nome della rosa” del 1986, dove non si vedeva nessun impiegato. In realtà i cassieri e i consulenti c’erano, ma tutti nascosti da tristi pareti divisorie grigie. Alcuni, come camaleonti, erano mimetizzati con le piante da ufficio.
Nel tutto regnava un silenzio imbarazzante, una serietà esagerata: si percepivano lontanamente dei canti sacri, probabilmente arrivati da qualche cripta giù nelle profondità delle cassette di sicurezza.
Ogni tanto sbucava furtivamente un impiegato vestito da monaco, addetto alla trascrizione delle pratiche di vecchi mutui su antiche pergamene con penne d’oca e rari colori prodotti dai frati ormai scomparsi, e scappava subito nella propria celletta con del pane e acqua, in vista della pausa pranzo.
Sono passati secoli da quando andare in banca era come andare al mercato: c’era la fila di persone che si azzuffavano per il posto, c’era il solito genio che prendendo il biglietto bloccava la macchinetta rischiando il linciaggio, c’era il furbetto della serie “Scusate devo solo chiedere una cosa” poi impiegava un’ora buona, c’era il solito padrone di casa che piangeva a dirotto per le tasse sui suoi sessanta alloggi, due ville antiche e un castello. Persino con i cassieri seriosi si scambiavano due battute, e ridevano persino i rapinatori. Ora per vedere qualcuno ridere, dovrebbe avere una paresi.
Ho notato nella parte centrale delle sedie disposte in circolo, e ho pensato fosse una riunione degli alcolisti anonimi; invece, si trattava dei clienti che avevano appuntamento con i consulenti: con lo sguardo fisso sul tabellone, aspettavano pazientemente il loro numero. Come dovevo fare io.
Chi arrivava senza prenotazione, veniva fatto inginocchiare sul riso e doveva ripetere cento volte “devo prenotare”. Chi non aveva dimestichezza con il computer, doveva farsi aiutare da qualche nipote o comunque da qualcuno più giovane: in effetti, noi “boomers” preferiamo ancora vedere almeno il viso della persona con cui stiamo parlando, a differenza di una consulente virtuale sexy e inesistente.
Questo spiega perché negli istituti pubblici come le banche la clientela fisica ha un’età media di centotrenta anni, e a volte qualcuno viene accompagnato all’uscita da un impiegato di nome Caronte.
Pensandoci bene, questa ristrutturazione ha un lato positivo: non ci sono più rapine, perché i malviventi sarebbero colti da depressione, e verrebbero subito catturati.
Davanti all’ingresso, una colonna che distribuiva i biglietti per i posti e indicava la direzione: curioso notare che chi era senza prenotazione doveva seguire un percorso che lo portava nel cortile.
In un angolo del monastero, il Totem, ovvero un sinistro apparecchio adibito ai prelievi, bonifici e versamenti di assegni e contanti che dovrebbe velocizzare le operazioni evitando le casse (anzi molti non trovandole più pensavano fossero sparite). In realtà è una moderna macchina per le torture: ho visto un tipo disperato, perché dopo trentacinque tentativi di fare un bonifico, è riuscito con l’ultimo ma sbagliando il codice IBAN ha accreditato ventimila euro a un pescatore di Taiwan, il quale passerà tutta la notte a festeggiare lo sconosciuto benefattore. Un altro invece era sull’orlo del suicidio perché dovendo versare un assegno e andando in confusione con le istruzioni, lo ha infilato nel tritadocumenti.
Quest’ultimo invece, chiaramente un “over sessanta” lievemente in confusione ha creato una coda di trentadue persone inferocite perché si ostinava a inserire nel Totem la tessera della bocciofila.
Dopo circa quattro orette (tranquilli, anche con la prenotazione la codina ve la fate lo stesso) finalmente si è illuminato il mio numero sul tabellone. Ma non ho visto niente, perché tra il caldo mostruoso degli uffici in inverno ed il silenzio, mi sono addormentato; ed è stato un bel sogno, che mi ricordava di quando si nascondevano i soldi nel materasso senza codici, Pin, Abet, Bancomat eccetera, senza correre il rischio di avere la carta clonata o di essere rapinati allo sportello.
Anche se a parole siamo tutti social e tutti amici, in quel momento nessuno ha pensato di avvisarmi e mi sono passati tutti davanti: mi ha svegliato una gentile signora delle pulizie alle 20.30, assicurandomi che il mio etereo e misterioso consulente mi ha fissato un appuntamento per il giorno successivo.
Bear
Il monastero
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