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mercoledì, Maggio 15, 2024

    Destination Center

    VenticinqueGocce2Come ho letto la definizione, sono andato a documentarmi sul significato di DESTINATION CENTER. Anche su YOU TUBE esiste una descrizione, che ne decanta le qualità, le opportunità offerte a coloro che ci entreranno.

    In Cina. Il futuro.

    Mi sono immaginato LE GRU, MEDIAWORLD, IL LINGOTTO, le terme di Pre Saint Didier, il centro fitness Virgin, l’ ESPACE CINEMA, le boutique di Via Roma, gli Hotel di lusso a Torino, Gardaland e la bocciofila di Caselle, tutto assieme!

    Eppure di mega centri ne abbiano a decine sul territorio.

    Serve?

    Abitando a Caselle, potrò andarci a piedi, evitando le code e la viabilità ampiamente modificata per dare accesso a questo coso.  Allora: arrivo ed ho tutto lì, ma proprio tutto! Qualunque luogo di aggregazione l’essere umano abbia partorito, qualunque genere merceologico mi occorra, o un qualsivoglia prodotto tipico desideri, ebbene lì lo trovo..

    Tralascio domande alle quali non troverò risposta, tipo: per quale motivo economia, rilancio, sviluppo e lavoro, debbano per forza passare attraverso una costruzione faraonica, magari sottraendo terreni alle colture, inquinando, invadendo, modificando radicalmente la viabilità, aggiungendo strade a più corsie, svincoli e raccordi, o anche solo occludendo la visione dell’arco alpino nelle giornate terse.

    No, non me lo chiedo altrimenti mi innervosisco. E il Valium l’ho finito. Ma vedo che ormai si passerà dalle parole ai fatti, purtroppo.

    Si, lì dentro ci sarà tutto. Ma proprio tutto. Finalmente a portata di mano, senza dover percorrere troppa strada, almeno io. Se lo finiranno. Tranquilli: so benissimo che saranno rispettati tempi di consegna ed i costi quelli sono e quelli rimarranno, quindi piena fiducia nel progetto. (da leggere con sottile sarcasmo)

    Perché occorre concentrare in un unico luogo tutto quello che comunque esiste già?! Dai, pensiamoci: senza contare i maxistore all’interno. Il cinema, il teatro, la palestra, i negozi, perché devo cercare proprio lì un surrogato di roccia per l’arrampicata, la piscina con le onde artificiali, insomma qualcosa di sfacciatamente finto, una sorta di videogame reale nel quale trascorrere una giornata. Penso ad  un set cinematografico, una cinecittà: certo potrà apparire un complesso ben fatto e accattivante, ma torno a ripetere, ne abbiamo realmente bisogno?

    Non sarà l’ennesima costruzione nella quale migliaia di persone si riverseranno per ovvia curiosità, salvo poi rimanere imbottigliate nel traffico, per ritrovarsi nell’ennesimo magazzino? Bello di sicuro, ma sarà il preludio a qualcosa di ancora più grande e devastante? Per quale motivo tutto deve essere a portata di mano, vicino, comodo, raggiungibile e tristemente finto come una pianta di plastica…

    Se in Asia queste strutture stanno prendendo piede, non è detto possano avere successo anche qui da noi: se cinesi e indiani trovano ragionevole trascorrere due o tre giorni all’interno di questo mondo virtuale, nel quale possono soggiornare in hotel sfarzosi, dedicarsi ad attività sportive, fare shopping, cimentarsi nel finto  surf o finto paracadutismo, o finto sci, lo facciano pure.

    Personalmente lo trovo un traguardo discutibile: anche per i cinesi; anche per gli indiani. Vorrei comprendere: occorre veramente avere tutto a portata di mano, vivere esperienze finte in ciò che è artificiale, senza spostarsi, vedere luoghi nuovi, rimanere affascinati dalla natura, sia in Asia che lungo lo Stura, nel cuore dell’india come tra le nostre montagne?! Perché non  acquistare prodotti là dove nascono, cercarli, sia d’artigianato che alimentari?!

    Queste idee, questi mondi anomali, lasciamoli agli amici asiatici: loro, forse più di noi, sono riusciti a rovinare inesorabilmente un intero ecosistema, con la loro economia gonfiata a dismisura, malata, irrispettosa dell’ambiente e delle persone, ottusa, inquinata, e i risultati negativi già si vedono.

    Se il Destination Center dovrà essere il luogo del futuro nel quale passare il tempo, fare acquisti, divertirsi e socializzare, allora avremo definitivamente lasciato alle spalle una vita più naturale e semplice.

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    Luciano Simonetti
    Luciano Simonetti
    Sono Luciano Simonetti, impiegato presso una azienda facente parte di un gruppo americano. Abito a Caselle Torinese e nacqui a Torino nel 1959. Adoro scrivere, pur non sapendolo fare, e ammiro con una punta di invidia coloro che hanno fatto della scrittura un mestiere. Lavoro a parte, nel tempo libero da impegni vari, amo inforcare la bici, camminare, almeno fin quando le articolazioni non mi fanno ricordare l’età. Ascolto molta musica, di tutti i generi, anche se la mia preferita è quella nata nel periodo ‘60, ’70, brodo primordiale di meraviglie immortali. Quando all’inizio del 2016 mi fu proposta la collaborazione con COSE NOSTRE, mi sono tremati i polsi: così ho iniziato a mettere per iscritto i miei piccoli pensieri. Scrivere è un esercizio che mi rilassa, una sorta di terapia per comunicare o semplicemente ricordare.

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