E con questo fanno 499.
499 volte Cose Nostre e cose nostre, giusto un passo prima del fatidico numero 500 che scoccherà alla ripresa, subito dopo le vacanze e che suggellerà il raggiungimento di un traguardo importante e il trampolino per continuare slancio e storia, andando a seguire un arco temporale del quale conosciamo la data d’inizio – marzo 1972 – ma, per fortuna, solo la proiezione in un futuro che pare davvero senza confini.
Bellissimo.
In attesa di regalarvi qualcosa di speciale alla ripresa, giunga a tutti voi l’augurio di buone vacanze: che siano soprattutto vacanze buone e che il tempo della sospensione serva per ritrovarsi e ritrovarci, magari staccandoci almeno per un po’ da quegli stupidi schermetti che ci obbligano ad essere sempre connessi, reperibili sempre, obbligandoci più ad una vita di emoticon che di emozioni vere.
Sarà che con questo denuncio tutto il mio animo da reduce sessantottino, ma rispolvero uno slogan utopico di allora: “fermate il mondo, voglio scendere”. La tentazione di ritrovare la libertà disconnettendosi è forte. So che ormai non è più possibile attuare la rinuncia, pena l’essere assimilato al peggiore degli asociali o, nella migliore delle ipotesi, come un novello eremita, per lo meno che ci venga garantito un periodo sabbatico dai social, privo di pollici alzati o versi, privo di insulsi e infantili messaggi fatti di faccine e faccione.
Per almeno quindici giorni l’anno vorrei che fossimo liberi di rifugiarci in una cosa ormai assolutamente inapplicabile e introvabile: uno spazio intimo, pronti ad ascoltare null’altro che se stessi e chi ci sta accanto, resistendo al richiamo di dare una sbirciatina, anche una sola allo schermetto.
Che sia mare o montagna, o una digressione appena dietro l’angolo, proprio non importa: speso per tutti noi sia il tempo per ricaricarci attraverso la ricerca di qualcosa che non sia soltanto “usa e getta”, ma che abbia profondità.
Questa società nella quale siamo costretti a vivere ha ben poco di quanto sognavamo e speravamo.
Sparita ogni certezza e garanzia, siamo solo più ciò che il mercato ci concede d’essere, ed è ben poca cosa.
In più dobbiamo fare i conti con la paura che d’improvviso lacera e attanaglia, che nel giro di pochi anni ha ridotto lo spazio planetario in cui sembravamo poterci muovere incuranti e senza tema.
Ancor più dopo i fatti di Piazza San Carlo ogni luogo e ogni assembramento preoccupa e, anche se più che plausibile, non è un bel segno quello che ci viene dalle norme di controllo restrittive impartite di recente e che vanno a mortificare tante delle iniziative estive.
Decisamente non è un bel momento, né economico, né politico, né sociale.
Le tensioni sono tante e le idee troppo poche.
Ecco perché propendo per un tempo sospeso, dove ci si riappropri di un’intimità troppo spesso violata, prima d’essere nuovamente avvolti dal turbine, dal frullatore che riduce ogni giornata ad una marmellata indistinta, con giorni sempre uguali, caratterizzati da eretismo e iperattivismo sterile.
La risposta a domande filosofiche essenziali – chi siamo, dove andiamo…- presuppone oggi una sola risposta: boh?! Ci dibattiamo come pesci nella rete, ci pare di viaggiare a velocità doppia di chi ci ha preceduto e spesso siamo fermi, catalizzati da uno stupido schermetto che ci vincola e dispone di noi. Prigionieri d’esser liberi , o meglio, liberi d’essere prigionieri, autoincaprettati dalla assurda malìa di poter controllare e dominare tutto.
Fuggire, ascoltare il silenzio, perdersi nella musica o nell’incanto della natura, questo spero e voglio per tutti noi.
Che possiate tornare a coltivare e fare dei bei sogni.
Al resto penseremo al ritorno, quando “tristezza e noia recheran l’ore”.