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mercoledì, Ottobre 16, 2024

    Mario Leone, un autore grande e sottostimato

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    Mario Leoni (Torino 2/8/1847 – 2/5/1931), vero nome Giacomo Albertini, commesso e poi proprietario di un negozio di stoffe all’angolo di via Milano e via Palazzo di Città.

    Commediografo in lingua italiana, scrittore, collaboratore di giornali e riviste, fu deputato al Parlamento e, per oltre un ventennio, assessore e consigliere comunale a Torino.
    Amante del teatro, iniziò la sua carriera di autore scrivendo prima in italiano.
    Autore nel campo della drammaturgia piemontese di rara potenza drammatica, attento alle situazioni e alle vicende sociali del suo tempo fu considerato dai contemporanei alla stregua di Vittorio Bersezio.
    Il professore Gianrenzo Clivio ha detto: «Meraviglia che di questo autore manchi almeno una scelta delle opere teatrali a stampa e l’assenza di uno studio critico serio sui suoi lavori: certo, egli ci sembra, fra gli autori del teatro piemontese, uno dei più valorosi, attento e sensibile alle suggestioni del naturalismo francese ed intelligentemente impegnato a ritrarre obiettivamente i mali e i malati morali della società».

    Numerose sono le sue opere, proviamo a ricordarne alcune tra quelle più importanti.
    Il 12 luglio 1871 andava in scena al teatro Balbo la sua prima opera in piemontese, che ebbe un grande successo, Ij bancarotié in cui denunciava l’egoismo e le brutture del mondo degli affaristi senza scrupoli.
    Nel 1872 compose in endecasillabi il dramma storico Luisa d’Ast.
    È del 1875 Ij mal marià analisi del disfacimento di tre famiglie dovuto a matrimoni non fondati sull’amore.

    Dopo il problema della famiglia affrontò (1877) il grande e drammatico tema dell’alcolismo con ‘L bibi, termine gergale che significa “bicchiere di acquavite”.
    L’anno dopo alcolismo, teppismo e violenza diventano i temi del dramma Ij baraba.
    Ricordiamo ancora quello che può essere considerato uno dei capolavori del teatro piemontese di tutti i tempi, Ij mal nutrì, dramma sociale del 1886 sui soprusi dei padroni ai danni dei contadini.

    Il linguaggio del Leoni è ricco di termini e di frasi molto realistiche, talvolta con parole gergali, dialoghi con battute ironiche e beffarde.

    Come esempio ecco uno stralcio dal terzo atto di An nòm dla lege (1888) che si svolge in una stanza di una locanda d’infimo grado, in cui quattro personaggi – Lasagna, Barbanèira, Capòt e Luis – sono a letto, mentre seduti ad un tavolo Polajòt e Rubinèt giocano a carte:

    LASAGNA. (si sveglia di malumore) Ohé! Chi ch’a l’é col contrabass ch’a ronfa ‘d sta manera? I é pì gnun bon a deurme! Ehilà, sonador? Veus-to chité la mùsica?

    BARBANÈIRA. Stà chiet ti, almeno. Còsa ch’at taca ‘d bacajé parèj ? I durmìa così bin…

    LASAGNA. I n’hai tant piasì! Sentes-to nen col animal com a sofia? A l’é la tersa vòlta ch’i ven-o ant costa locanda dël doi, e i l’hai mai podù riposé tranquil; o ij cioch… o le cìmes… o le locomotive.

    BARBANÈIRA. Ma la padron-a a l’é bela… a l’é lòn ch’it torne…

    LASAGNA. S’a vnèissa a deurme ansema a mi la padron-a! Ma fin ch’am cobio mach con ‘d cornajass parèj ‘d ti…

    BARBANÈIRA. (si china fuori dal letto e getta un’occhiata ai giocatori) Dis… coj doi a son ancora lì ch’as je pijo… L’ é peui da mes bòt ch’a gieugo.

    LASAGNA. Oh sì! Quand che Rubinèt a pij a ‘l fil!… A giugrìa fin-a le braje… e a-j përdrìa.

    BARBANÈIRA. Eh! A l’é an mania ‘d camisa. Ch’a l’abia già përdù la giaca?

    LASAGNA. A ‘l l’ha lì an sla cadrega. A l’é mach ancalorà.

    BARBANÈIRA. Epura a bèivo gnanca!

    LASAGNA. A l’avèiss-lo nen beivù gnanca prima!

    BARBANÈIRA. L’é che Polajòt a l’é n’artista a giughé al neuv… Im ricòrdo che na neuit ai «Tre Merlo»…

    LASAGNA. Mòla, brav, ti e ij tò merlo… lassme deurme. I scomëtto ch’a-i manca pa pì vàire a ses ore… e a ses e mesa a-i arivo ij panaté… e a momenti a-i é sì Sorbèt ch’an dësgioca… s’i podèissa fé ancora un mes sugnèt…

    BARBANÈIRA. (verso Capòt che russa di nuovo) I é giusta chiel là ch’a torna ancaminé n’àutra aria.

    LASAGNA. A momenti i calo giù e i vad a tirelo per ij pé… (chiama con discrezione) Polajòt ! Dis Polajòt!

    POLAJÒT. (senza alzar gli occhi dal gioco) Ciòca nen, brav! Carte.

    LASAGNA. Fà ‘l piasì, stopje la gajòfa a col forësté con na savata !

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    Michele Ponte
    Michele Ponte
    Nato a Torino. Lingua madre: Italiano; lingua padre: Piemontese. Mi interesso di letteratura e canzoni popolari del Piemonte. Ho realizzato alcuni Scartari (quaderni) intitolati: Spassgiade tra poesìe, canson e conte piemontèise (Passeggiate tra poesie, canzoni e racconti piemontesi) che sono stati presentati in varie occasioni con esecuzione dal vivo delle canzoni.

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