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venerdì, Aprile 19, 2024

    Non ce la faremo

    25 gocce di Valium

    VenticinqueGocce2Cominciamo col dirla in questi termini: o invecchiamo bene, con un pizzico di fortuna, magari tuffandoci nella piscina di cocoon, oppure, nostro malgrado, ci consumeremo sul lavoro. Qualunque esso sia.

    Tutto gioca contro: il lavoro ormai senza garanzie né sicurezze, con il metodo Marchionne che si è propagato alla velocità del peggior virus, insieme al Jobs Act, del quale stiamo contando i cadaveri;  se lavoreremo lo faremo probabilmente stanchi e imbottiti di farmaci, e con code sempre più lunghe dal nostro medico curante, anziano anch’egli, osteggiato da una sanità allo sfascio, ed in più con la stretta sui controlli futuri per chi, malato immaginario o meno, sarà assente dal lavoro. Controllare tutti gli “anziani” che ancora lavoreranno e si ammaleranno, costerà tantissimo alla comunità.

    Un’intera generazione affaticata, affranta e demotivata  sarà facile preda dell’economia della terza età negli anni a venire.  Gli orsi che attendono pazienti i salmoni, ormai esausti, nel loro atavico risalire la corrente.

    Mi chiedo quale follia stia possedendo il mondo del lavoro e il mondo del dopo lavoro.

    Lo sconforto  letteralmente ci investe: un vero salto in avanti dell’età lavorativa, fino allo sfinimento. Tra i nostri padri e noi una differenza abissale, quando le pensioni erano erogate tra i cinquantacinque e i  sessant’anni, una differenza che ci obbliga a pagare un conto pesante. Noi in pensione andremo molto tardi, i nostri ragazzi non potranno prendere il nostro posto, e saremo sempre più a rischio. I miei coetanei che hanno iniziato a quindici anni, probabilmente hanno già stappato una bottiglia, per gli altri la strada è ancora in salita.

    Non per tutti: alcune categorie riescono a scappare dal mondo del lavoro molto prima, vuoi per accordi aziendali, vuoi perché godono di una corsia preferenziale (qualcuno che indossa una divisa), e riescono ad assaporare la libertà prima di altri. Noi no: lavoreremo fino a settant’anni per mantenere anche i baby pensionati che a 40 hanno smesso di lavorare, ed ovviamente per mantenere i nostri figli, visto che noi ne occupiamo il posto. Dimenticavo i genitori anziani con annesse badanti o case di riposo costosissime.

    Mi chiedo, da una categoria così vecchia di lavoratori, quale tipo di prodotto, di servizio, potrà uscire? Quale approccio al lavoro avremo? Visto che con la scusa “ ce lo chiede l’Europa “ verrà alzata l’età pensionabile anche per le donne, fino a potarla alla pari con quella degli uomini, non viene voglia di urlare per lo sdegno? Una donna a 67 anni avrà lavorato mille volte più di un uomo, perché si sarà fatta carico della famiglia, della casa, di tutto, e comunque di molte cose che spesso gli uomini evitano. Lo immaginate, per esempio, un o una insegnante, in una età così avanzata, dare retta a bambini di prima elementare? Magari con turbe psichiche com’è di moda adesso? Quale mostruoso ed incolmabile divario ci sarà tra di loro? E non solo! E con le future tecnologie? E orari che solo degli automi potranno reggere? Certo ci saranno dei giovani, ma avranno, come accade ora, contratti paragonabili ad un cappio al collo; hanno un bel dire, andate all’estero, vi mantenete facendo i baristi o lavando i piatti al ristorante. Fesserie! E’ un modo come dire qui andiamo avanti fregandocene di voi, qui vogliamo cinesizzarci.

    Lo sdegno assoluto viene anche dal fatto che chi legifera in materia, lo fa da una posizione di assoluto privilegio, e non parla di persone  e dei   loro problemi, ma di numeri, costi, statistiche. In una parola, senza il dovuto rispetto nei nostri confronti.

    Non riesco ad immaginare cosa sarà un nemmeno troppo lontano domani, quando in qualche modo riusciremo ad agganciare i cent’anni di vita, ed oltre, e l’età lavorativa si innalzerà ancora. Un orrore!

    Sarebbe più giusto e normale studiare altre strade, anziché consumare le persone in questo modo. Dicono agli anziani di stare in casa con le ondate di calore, e poi ci vogliono al lavoro fino allo stremo.

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    Luciano Simonetti
    Luciano Simonetti
    Sono Luciano Simonetti, impiegato presso una azienda facente parte di un gruppo americano. Abito a Caselle Torinese e nacqui a Torino nel 1959. Adoro scrivere, pur non sapendolo fare, e ammiro con una punta di invidia coloro che hanno fatto della scrittura un mestiere. Lavoro a parte, nel tempo libero da impegni vari, amo inforcare la bici, camminare, almeno fin quando le articolazioni non mi fanno ricordare l’età. Ascolto molta musica, di tutti i generi, anche se la mia preferita è quella nata nel periodo ‘60, ’70, brodo primordiale di meraviglie immortali. Quando all’inizio del 2016 mi fu proposta la collaborazione con COSE NOSTRE, mi sono tremati i polsi: così ho iniziato a mettere per iscritto i miei piccoli pensieri. Scrivere è un esercizio che mi rilassa, una sorta di terapia per comunicare o semplicemente ricordare.

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