All’inizio della mia carriera come psicologa speravo di non dovermi occupare di pazienti che avessero subito degli abusi sessuali. Credevo che le vittime di questo reato fossero rare e, in verità, non mi sentivo preparata per aiutarli. Avevo approfondito l’argomento in un solo esame universitario, e le crudezze di cui avevo letto mi avevano fatto sperare di non doverle mai sentire raccontare direttamente da chi le avesse subite.
Purtroppo le mie aspettative sono state deluse e mi sono trovata mio malgrado tante volte a porre la difficile domanda: “Ha mai subito degli abusi?” quando un paziente al colloquio primo presenta una sofferenza molto grande e racconta di una vita travagliata.
Il caso Weinstein, il regista statunitense accusato da alcune attrici di abusi, è stato per me spunto di molte riflessioni. Ho ripensato a quanta fatica possa fare una donna che trova il coraggio di denunciare e ai commenti che potrebbe ricevere a causa di ancorati pregiudizi. Le vittime di abusi sessuali rischiano di non essere credute oppure svalutate, come è successo ad alcune attrici che sono riuscite a raccontare pubblicamente fatti accaduti anche molti anni addietro. Per questo sono poche le donne che si rivolgono alla giustizia e solo a distanza di tempo chiedono un aiuto psicologico.
Quasi la totalità delle pazienti che ho avuto in cura per questo tipo di reato non ha mai denunciato. Per di più, la maggior parte ha tenuto segreto ciò che le è capitato, spesso per non destabilizzare gli equilibri famigliari, per timore di non essere credute o in altri casi, ritenendo che in fin dei conti la cosa successa non fosse così grave. Poche hanno trovato il coraggio di confidarsi con un famigliare, solitamente la madre, che ha cercato di minimizzare la cosa, o di confonderle (“Ma sei sicura? Mi sembra strano possa essere capitato”) convinte in questo modo di salvare la reputazione della figlia o della famiglia. Nei casi che ho seguito le vittime all’epoca dei fatti erano bambine o poco più, e solo dopo molti anni hanno avuto la forza di fare un percorso psicologico capendo che molti dei loro problemi, legati ad attacchi d’ansia o a difficoltà nelle relazioni sentimentali, potevano avere origine da lì. Non raramente ho notato che che le vittime di abusi provengono da famiglie dove non solo a loro è successo, ma sanno che la stessa cosa è accaduta, o hanno il forte sospetto che possa essere accaduta, anche ad altri famigliari a loro vicini, come ad una sorella, ad una zia, alla madre. Purtroppo, nella maggior parte dei casi l’abusante era un parente, più raramente un amico di famiglia, rarissimo un estraneo.
Le vittime spesso hanno difficoltà a reagire e a difendersi, questo perché per via di un curioso meccanismo psicologico, quando ci si sente di fronte ad un grande pericolo e si è in preda al terrore, una persona può immobilizzarsi e restare paralizzata. Questa è una reazione istintiva che abbiamo in comune con molti animali: i muscoli all’improvviso si paralizzano per farci sembrare morti e far perdere così l’interesse del predatore nei confronti della preda. Per via di questa reazione istintiva, che oltre la metà di vittime di abusi ha sperimentato, la persona non può difendersi, non riesce a scappare e per di più rischia di perdere di credibilità al momento dell’eventuale accusa.
Alcune donne possono sentirsi dire: “Ma non ti sei difesa? Non hai fatto niente? Può essere che una parte di te lo voleva…”. Commenti di questo tipo mandano in confusione e permettono allo stupratore di screditare la vittima che, se non si è opposta, poteva forse essere consenziente! Specie se lo stupratore è un conoscente, si è portati a supporre che la vittima forse aveva lanciato falsi messaggi, forse aveva lasciato intendere un interesse da parte sua (ad esempio poteva indossare abiti da considerarsi provocanti). Si è poi indotti a svalutare le pesanti ripercussioni psichiche di questo trauma giustificando che forse un atto di questo tipo, magari accaduto solo una volta, non è così dannoso, specie se agito da un conoscente.
Le persone poco informate credono che lo stupro sia una violenza che lascia dei pesanti segni sul corpo, perpetuata magari da uno sconosciuto da cui si è fatto di tutto per difendersi. Per questo il caso del regista Weinstein ha destato polemiche e commenti fuori luogo: si trattava di abusi che uscivano dalle aspettative comuni. Le vittime infatti in superficie potevano apparire donne consenzienti, interessate alla carriera cinematografica in cambio di piccoli favori.
Chi ha fatto commenti inadeguati sui fatti non è stato in grado di considerare la posizione di inferiorità delle vittime rispetto al regista, la paura di non essere credute e il far parte di un contesto che in qualche modo sembra incentivare o normalizzare anziché accusare la situazione. Fortunatamente la rottura del silenzio di alcune donne ha dato il coraggio a sempre più persone di raccontare .
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