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mercoledì, Maggio 15, 2024

    L’ultimo pensierino

    VenticinqueGocce2

    Ci siete riusciti? A superare indenni il periodo natalizio, intendo: pare sia motivo di stress, di ansie, perché in fondo la ricerca del “pensierino”, del regalo a tutti i costi, del dover incontrare o pranzare insieme a persone che normalmente si eviterebbero, è una situazione molto lontana dal concetto di serenità.

    Il rito natalizio dovrebbe essere un momento particolare dell’anno, e difatti lo è, ma non sempre esente da fatiche; di solito il riposo, la tranquillità, si manifestano la sera del 25, quando tutto è passato, alle spalle le corse per l’ultimo “pensierino”, il pranzo al ristorante con tutti i parenti, o in casa, nel trambusto generale, con le mamme, le zie, le nonne e i bambini che corrono dappertutto. Gridando di solito. Bambini…crescono, e la magia del Natele un po’ si stempera, svanisce.

    Tutto passato: si apre un periodo di pochi giorni, prima del brindisi di fine anno, che solitamente appare più tranquillo. Chi può rimane in casa al caldo, evitando la bilancia e lasciandosi vincere dalla frutta secca, dai rimasugli di cibo della festa, promettendo a se stesso che il 2 gennaio inizierà una dieta ferrea, moto, corsa, palestra. Ma non accadrà.

    Tutto rimarrà come prima, e il 2018 purtroppo non sarà migliore, ricco di speranze, positivo: riceverà l’eredità di un 2017, il quale, a sua volta, ha ricevuto quella degli anni precedenti. Riesce impossibile a chiunque trovare una nota positiva, ai lavoratori, ai precari, a coloro che il lavoro non lo trovano, alle famiglie, ai giovani, agli anziani, a chi soffre. Mentre metto giù queste righe, penso al discorso di fine anno che il nostro Presidente farà a reti unificate, come sempre: un pizzico di retorica, qualche frase di speranza, il solito “occorre fare di più”, magari qualche parola rivolta al pollaio politico odierno, ma le coscienze sporche continueranno ad esserlo, e, come si dice, passata la festa…

    La storia dimostra che non siamo fatti per essere pacifici, sereni: e non occorre che il CENSIS fotografi un paese di rancorosi; lo sappiamo da noi; non è il caso di fare analisi, rapporti sulla situazione del Paese: ed il perché noi lo conosciamo, delusi da una classe politica che nonostante tutto continua a promettere l’impossibile solo per procurarsi qualche migliaio di voti in più, delusi da una economia malata e folle, dove le persone contano nulla, contano solo i profitti, e questo Jeff Bezos lo sa benissimo, visto che si sta preparando a diventare un monarca assoluto, delusi dalle istituzioni, dalla giustizia, profondamente delusi dalla scuola, capitanata da una ministra che è tanto incapace e sgrammaticata quanto brutta. Delusi da una Europa che si sta drammaticamente tingendo di nero, dal tema pensioni che pare uscito da menti folli, da questa vita che ci dicono ostinatamente si sia allungata, ma della quale frega niente a nessuno.

    Il falso buonismo del Natale resiste, e insiste a vivere negli spot, nei quali le famiglie (finte) si abbracciano attorno ad un pandoro, ad un panettone, ai cioccolatini con la scatola blu, o quelli in cui la vita è migliore solo perché si può bere una bibita scura con le bollicine. Uno spot ci propone addirittura un parto, ed avviene in un supermercato, persone oltre le cose.

    I media trasudano una bontà inesistente, che appartiene perlopiù, come detto alla pubblicità.

    Noi, dai primi di Gennaio, torneremo  a quell’insoddisfazione, al rancore, alla sfiducia, alle preoccupazioni quotidiane. Come possiamo sperare nel domani quando un sindaco vieta l’elemosina ai senzatetto, e vieta anche di portare loro cibo e conforto; quale speranza se un ragazzino viene pescato con la cocaina nello zaino anziché i libri scolastici, quale speranza se gruppi di imbecilli ignoranti utilizzano l’immagine di Anna Frank per insulti da stadio, e quale speranza se anche il 2018, come gli anni precedenti, porta con se’ l’aumento di bollette e tariffe.

    Ci proveremo, come ogni nuovo anno. Ostinatamente e controcorrente.

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    Luciano Simonetti
    Luciano Simonetti
    Sono Luciano Simonetti, impiegato presso una azienda facente parte di un gruppo americano. Abito a Caselle Torinese e nacqui a Torino nel 1959. Adoro scrivere, pur non sapendolo fare, e ammiro con una punta di invidia coloro che hanno fatto della scrittura un mestiere. Lavoro a parte, nel tempo libero da impegni vari, amo inforcare la bici, camminare, almeno fin quando le articolazioni non mi fanno ricordare l’età. Ascolto molta musica, di tutti i generi, anche se la mia preferita è quella nata nel periodo ‘60, ’70, brodo primordiale di meraviglie immortali. Quando all’inizio del 2016 mi fu proposta la collaborazione con COSE NOSTRE, mi sono tremati i polsi: così ho iniziato a mettere per iscritto i miei piccoli pensieri. Scrivere è un esercizio che mi rilassa, una sorta di terapia per comunicare o semplicemente ricordare.

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