Sono giunti in redazione nuovi quesiti ed interessanti quesiti da proporre al dottor Gabriele Naddeo, notaio in Caselle. Glieli abbiamo girati e lui ha così prontamente risposto.
“Abito in una piccola palazzina di 5 unità immobiliari e sprovvista di regolamento di condominio. Insieme agli altri proprietari abbiamo deciso di farne uno per regolare la cosa comune. E’ possibile farlo e renderlo obbligatorio anche per future vendite?”
La risposta è sì. Si tratta di un regolamento di condominio che dovrà essere depositato con apposito verbale a rogito notarile. I passi da seguire sono i seguenti: predisporre il regolamento, secondo gli accordi dei condomini; se ritenuto, potrebbe essere opportuno l’ausilio di un tecnico (ad esempio un geometra), che si occupi della realizzazione delle planimetrie delle parti comuni e – non guasta – delle singole unità immobiliari, nonché delle tabelle millesimali, necessarie per la suddivisione delle spese. Dopo la predisposizione, tutti i condomini dovranno andare dal notaio per depositare il regolamento con apposito verbale; dopodiché, il notaio registrerà (ossia pagherà le tasse presso l’Agenzia delle Entrate) e trascriverà (ossia depositerà il regolamento presso i Registri Immobiliari) l’atto. Con quest’ultimo adempimento, il regolamento potrà dirsi opponibile erga omnes, ossia obbligatorio anche per i futuri condomini.
NOTA BENE: spesso si sente parlare di regolamento di condominio contrattuale, pensando che tutti i regolamenti trascritti lo siano. Non è – del tutto – così: il regolamento contrattuale ha due caratteristiche: 1 – è formato dall’unanimità dei condomini; 2 – contiene pattuizioni che vanno ad incidere sulle singole proprietà, ad esempio contenendo dei vincoli per alcune unità immobiliari, o delle servitù a loro carico o favore. Tutte queste pattuizioni, vanno oltre la semplice regolamentazione dell’uso e della manutenzione delle parti comuni e, dunque, rendono il regolamento contrattuale. Al contrario, un regolamento di condominio che disciplini la cosa comune, se pur formato da tutti i condomini, non può dirsi contrattuale.
“A causa della separazione da mia moglie abbiamo messo in vendita l’appartamento cointestato in regime di separazione dei beni. Io sarei intenzionato ad acquistare un nuovo appartamento, mentre lei vorrebbe prenderne uno in affitto. Abbiamo particolari obblighi fiscali in ragione del fatto che l’alloggio era stato acquistato godendo delle agevolazioni prima casa?”
La situazione del lettore è, ai nostri giorni, abbastanza comune. Non tanto per il fatto della separazione, quanto piuttosto per la circostanza che vi sia necessità di acquistare una prima casa, essendo ancora proprietari di quella acquistata in precedenza. A tal riguardo, l’attuale legislazione aiuta: il proprietario di prima casa può acquistare un’altra prima casa, a condizione che, entro un anno dal nuovo acquisto, venda la precedente prima casa. Nel caso, proposto, quindi, il lettore potrà acquistare una nuova prima casa, impegnandosi a vendere la sua quota di quella precedentemente acquistata con la moglie. Costei, invece, non ha particolari obblighi, dovendo concludere un contratto di locazione. Ancora due note: 1 – finché il lettore avrà la proprietà di entrambe le abitazioni, su una sconterà l’IMU come seconda casa; 2 – sarà opportuno che i due si vincolino a vicenda a vendere l’originale prima casa, al fine di evitare cambiamenti di idea sul prezzo o sulle modalità di vendita, che potrebbero mettere in difficoltà il marito. Per essere più chiari: se la moglie non vuole più vendere, e se non c’è un accordo che la vincola, il marito rischia di dover pagare le imposte seconda casa.