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mercoledì, Maggio 15, 2024

    Un festival troppo lungo

    VenticinqueGocce

    Questo ennesimo festival durerà troppo, come tutti gli altri del resto; il bombardamento continuo da ogni parte, televisione, radio, stampa, crea un vero senso di repulsione. Le facce poi, più o meno le stesse; le regole… e chi le comprende! Personaggi che ogni volta vengono spolverati, riesumati e proposti come fossero nuovi.

    Aspettate! Il festival di cui sto parlando non è quello del buon Claudio Baglioni: lo avrei scritto con la maiuscola. Mi sto riferendo alle elezioni del 4 marzo. Perché è a questo che si è ridotta la scelta per una guida politica: ad un festival. In fondo è una gara a chi la spara più grossa, a chi promette ciò che non potrà mantenere, e lo sa naturalmente, una gara tra personaggi politicamente falliti, ma sempre con un potere enorme, che ora fingono di accorgersi dei bisogni delle persone, e così via per piazze e mercati a stringere mani e a regalare sorrisi, con dentature messe a posto per l’occasione, a stringere alleanze per le quali si turano il naso, ma conta vincere, prendere centomila voti in più.

    Rendersi ridicoli, quello non importa. Nessuno escluso, si stanno riproponendo con una sorta di nuova verginità, e poco importa i loro trascorsi tra scandali, denunce, processi, giochi di potere nella cosiddetta zona grigia; così sembrano arrivati oggi, da lontano, da un posto dove tutti hanno idee buone, per la gente, dove l’onestà prevale, la giustizia funziona, e le promesse vengono mantenute.

    Ovviamente prima non hanno potuto dare queste opportunità al Paese, perché la colpa è, come sempre, di quelli prima. Anche se erano loro stessi.

    Eppure… una classe politica da operetta come la nostra, che parla di prospettive, di lavoro, di giovani, di buona scuola, di pensioni, di rispetto, dà veramente un senso di nausea.

    Il nostro Presidente, a fine anno, aveva esortato a proposte adeguate, realistiche e concrete. Mai invito fu più ignorato: dal ragazzino che ignora i congiuntivi ed anche un po’ la storia, all’eterna statua di cera con un lifting al limite dell’inguardabile, al Bomba che vuole i riflettori su di sé ma non si vuole rendere conto della frana sulla quale è seduto.

    E le frasi, così centrate e delicate: razza bianca a rischio, mezzo milione di migranti arrivati per delinquere, nessuno in Italia ha fatto più di Mussolini, e potrei proseguire.

    Il quotidiano torinese, giorni fa, riportava un ampio stralcio dell’intervista fatta ad Adolf Hitler nel 1923 dal giovane Giulio De Benedetti,  futuro direttore de La Stampa. Provate a leggerla e giocate a “trova le differenze” con gli sproloqui di alcuni politici odierni.  La principale (differenza) è che se il primo non ha cambiato una virgola al proprio programma, e lo ha messo in atto con le conseguenze che conosciamo, i secondi, tra un atto e quello successivo della loro eterna operetta, smentiscono, ritrattano, rettificano: ci si può fidare di simili imbonitori? No. Forse erano più credibili Roberto Da Crema detto il baffo, Giorgio Mastrota, Wanna Marchi, il mago do Nascimento.

    Promesse credibili quanto lo“scioglipancia”. Campagna elettorale ridotta a gara di rutti.

    Ma in fondo di cosa stupirsi, se in Friuli, Debora Serracchiani  invia a tutti i sindaci un volume sul bon ton da adottare in ogni circostanza: la dice lunga sul degrado mentale, fisico, e di conseguenza politico, di questi abbruttiti. Qual è stata la causa scatenante che ha portato la cara Debora, sempre con la sua frangettina da collegiale e le scarpe basse da suora, ad occuparsi di questi bruti…?!

    Nulla di cui stupirsi però: il PD si è scagliato contro Orietta Berti, rea di aver dichiarato una certa simpatia per i cinque star.

    Tempo buttato, e ancora giù di un gradino nella scala dell’antipolitica.

    A questo panorama di degrado, si aggiunge anche la disaffezione dei giovanissimi, spaesati, sfiduciati, disillusi, disoccupati, ignorati, disorientati, ingannati. Purtroppo in molti di loro si è radicata l’dea che la politica sia un qualcosa di sporco, da evitare: come dargli torto. Dite la vostra ragazzi, scegliete, nonostante tutto, nonostante le cronache vedano perennemente politica e marciume a braccetto.

    Buon viaggio.

    Ci sentiamo a Marzo.

     

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    Luciano Simonetti
    Luciano Simonetti
    Sono Luciano Simonetti, impiegato presso una azienda facente parte di un gruppo americano. Abito a Caselle Torinese e nacqui a Torino nel 1959. Adoro scrivere, pur non sapendolo fare, e ammiro con una punta di invidia coloro che hanno fatto della scrittura un mestiere. Lavoro a parte, nel tempo libero da impegni vari, amo inforcare la bici, camminare, almeno fin quando le articolazioni non mi fanno ricordare l’età. Ascolto molta musica, di tutti i generi, anche se la mia preferita è quella nata nel periodo ‘60, ’70, brodo primordiale di meraviglie immortali. Quando all’inizio del 2016 mi fu proposta la collaborazione con COSE NOSTRE, mi sono tremati i polsi: così ho iniziato a mettere per iscritto i miei piccoli pensieri. Scrivere è un esercizio che mi rilassa, una sorta di terapia per comunicare o semplicemente ricordare.

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