Ogni tanto risale a galla. Dico, l’anniversario – il 50° per la precisione – dei quella stagione pazza, velocissima e colorata che prese vita nel ’68.
Sarà che quel tempo breve fu nostro, “la stagion lieta”, ma ho una nostalgia ingenua e folle di quell’utopia che allora voleva l’immaginazione al potere.
Vabbé’, poi sulla scia vennero ben altre stagioni, ma adesso, ditemi, che cosa c’è da immaginare?
Se mi chiedessero seduta stante “come va?”, la risposta non potrebbe essere che quella che mi dava Domenico Musci, mio sfortunato e indimenticabile amico: “Eh, suma si…”, per i tanti non autoctoni e/o non padroneggianti la lingua piemontese, sta per “Eh, siamo qui…”. (Si dovrebbe scrivere “soma” ma va bene lo stesso, no?)
E il tutto si rifaceva ad una barzelletta che Domenico raccontava, nella quale erano protagonisti due esploratori sabaudi catturati da una tribù ferocissima. Uno solo dei due era riuscito a salvare la pelle e a tornare a casa.
Dopo il fortunato rientro, un giorno incontrò un amico che gli fece: “Ma com’è che non t’ho più visto?” L’esploratore, di rimando. “Sapessi cosa mi è successo… Ti ricordi Virgilio? Ecco, con lui ho fatto un viaggio per scoprire angoli ignoti. Solo che dei selvaggi ci hanno catturato. Ci hanno portato al cospetto del capo villaggio e ci siamo sentiti raggelare il sangue quando abbiamo capito che ci avrebbero condannati a morte. Poi però il grande capo ci ha detto che ci avrebbe concesso salva la vita se avessimo accettato di superare una prova.”
“E voi?”
“Tu che avresti fatto? Certo che abbiamo accettato! E quando ci siamo sentiti chiedere: – Per avere salva la vita, scegliete la prova dei 100 o quella dei 300? –
Pensando a possibili sofferenze, 100 è meno di 300 e in coro abbiamo risposto: “Cento!”
Il grande capo ci ha subito annichiliti: “Peccato, la prova dei 300 era costituita da 300 giorni di passioni continue con le nostre donne più belle: sareste schiattati, ma tra dolcissime sofferenze. La prova dei 100 invece prevede che siate infilzati, e non con la spada…, per 100 giorni e 100 notti da 100 nostri nerboruti guerrieri. Accettate?” Virgilio gli ha urlato subito: “Meglio la morte!”
L’amico: “E tu, invece?”
“Eh, suma si…”
Ecco, per dare un’idea di come mi senta dopo l’esito scaturito dalle urne e il tristo balletto post elettorale non potrei che rispondere “Eh, suma si…”
Mi vien solo da parafrasare un altro slogan sessantottino che suonava “fermate il mondo, voglio scendere”.
Io vorrei scendere da quest’Italia, quella fatta da un ceto politico, nessuno escluso, che blatera in modo inconcludente. Quella che ha creato una classe dirigente incapace e vorace quant’altre mai.
Quella che è lontano dalla vita reale e non se ne accorge. Quella che come unica lotta di classe propone bulli ad ogni piè sospinto e genitori che “corcano” di mazzate gli insegnanti un giorno sì e l’altro pure.
Sarò un inguaribile disfattista, ma che futuro ci si prospetta? L’unica forza reperibile è dentro di noi; è da noi che deve partire la rivoluzione quotidiana e copernicana. Noi, ed è la maggioranza di questo strambo e meraviglioso Paese, non siamo così e dobbiamo cominciare col testimoniarlo giorno dopo giorno, nei piccoli gesti, nelle piccole cose.
Certo che abbiamo bisogno di “influencer”, ma non già quelli vellicano ulteriormente il nostro edonismo; dobbiamo essere noi quelli capaci di influenzare, di far recuperare una cosa desueta e preziosissima: un’educazione civica. La sola che possa aiutarci a capire che non abbiamo solo diritti e nessun dovere nei confronti di questa nostra povera immeritata patria.
C’è solo un piccolo problema: chi ormai può insegnarcela in questo caos?