L’augurio è che quando verrà pubblicato questo articolo la fase di stallo politico che sta investendo ormai da alcune settimane il nostro Paese all’indomani delle elezioni di inizio marzo sia terminato e ciò possa aver dato vita ad una stagione di azioni concrete sui reali bisogni dei cittadini italiani. Lo aspettiamo e lo meritiamo soprattutto da questa classe politica che troppo spesso ha dimostrato di essere più attendista che riformista, più portata a slogan altisonanti e a facili promesse che promotrice di soluzioni alle difficoltà delle persone comuni. Si è passato da un periodo preelettorale dove il voto pareva fosse una questione indispensabile e da attuare il prima possibile per il bene di tutti ad un periodo postelettorale nel quale le esplorazioni durano più di quelle di Cook. Sembra che la democrazia si sia autosospesa al di sopra delle indecisioni dei partiti, congelando il tempo. Ma il tempo non attende nessuno. Il tempo è l’unico vero democratico. Non fa alcuna distinzione. Non discrimina o emargina in base al ceto sociale, alla ricchezza, alla lingua, alla nazionalità, alla religione o a qualsiasi altra categoria umana. La legge del tempo è veramente uguale per tutti. La memoria mi porta ai progetti che finiscono nel nulla oppure alla vita che da giovane pare lunga e con giorni da ammazzare ma poi dieci anni li trovi dietro le spalle in “Time” dei Pink Floyd. Le trasformazioni fanno parte del tempo, anzi azzarderei che sono il tempo. Perderlo è come smarrire la possibilità al cambiamento. Questa è l’impressione che traspare dal di fuori. Una melina politica.
Se tralasciamo l’esperienza ateniese dell’antichità, che comunque è altra cosa rispetto a quelle con cui siamo abituati a confrontarci in Occidente, la democrazia e il tempo hanno una relazione nata di recente. E’ dalla disgregazione delle monarchie ottocentesche e degli imperi multietnici e sovrannazionali che nascono le prime democrazie parlamentari in Europa. I regimi totalitari e i conflitti mondiali della prima metà del Novecento hanno rafforzato il sentimento democratico negli europei. Oggi stiamo vivendo, invece, un periodo di flessione della coscienza democratica che si manifesta nell’aumento di consenso verso i movimenti populisti ed antieuropeisti. E non è solo una tendenza europea. Anche nella più grande democrazia del mondo, gli Stati Uniti, notiamo questa disaffezione al metodo democratico. Probabilmente i vuoti generati dalle mancate risposte di un sistema democratico imperfetto sono stati riempiti da uomini forti e da forze politiche che forniscono soluzioni semplificate a problemi complessi come la povertà, l’immigrazione, le disuguaglianze.
Nonostante un panorama attuale poco confortante il tempo farà la sua parte, così come sempre d’altronde. Questo ultimo democratico sarà il politico più schietto. Non si nasconderà dietro accordi o compromessi. Si donerà a ciascuno nella stessa forma. Starà a noi impiegarlo nel migliore dei modi.