Il 4 maggio del 1949 la collina di Superga fu teatro di uno degli avvenimenti più tragici del mondo dello sport, l’incidente aereo che coinvolse la squadra del Grande Torino e che provocò la morte di tutti e trentuno le persone a bordo, tra passeggeri e membri dell’equipaggio. Il Trimotore Fiat G.212 della compagnia aerea Avio Linee Italiane, numero di registrazione I-ELCE, che stava riportando a casa la squadra granata da Lisbona, dove poco prima aveva disputato una partita amichevole contro il Benfica (organizzata per aiutare economicamente il capitano portoghese Francisco Ferreira), si schiantò contro il muraglione del terrapieno posteriore della Basilica di Superga. Il velivolo comandato dal tenente colonnello Pierluigi Meroni decollò dall’aeroporto di Lisbona alle 9.40 di mercoledì 4 maggio e fece scalo a Barcellona alle 13.00. Alle 14.50 decollò nuovamente in direzione aeroporto di Torino-Aeritalia seguendo la rotta che sorvolava le città di Cap de Creus, Tolone, Nizza, Albenga e Savona. Da quest’ultima città l’aereo virò a nord in direzione del capoluogo piemontese. Le condizioni meteorologiche stavano peggiorando rapidamente e alle 16.55 lo stesso operatore del traffico aereo della torre di controllo dell’aeroporto di Torino aveva informato il comandante della presenza di nubi a contatto con il suolo, di rovesci di pioggia, di forti raffiche di libeccio e di una visibilità inferiore ai cinquanta metri. Il comandante comunicò la posizione dell’aereo a 2000 metri di altitudine e l’intenzione di tagliare su Superga. Giunto sulla verticale di Pino Torinese mise la prua dell’aereo a 290 gradi in modo tale da allineare l’aereo alla pista, distante da quel punto di circa 9 chilometri e posizionata a un’altitudine di 305 metri. A nord di Pino sorge il colle di Superga con i suoi 669 metri di altezza. Alle 17.03 l’aereo, eseguita la virata, si andò a schiantare contro il terrapieno della basilica di Superga a una velocità di 180 km/h. L’unica parte del velivolo rimasta in parte integra fu l’impennaggio. All’indomani della tragedia fu ipotizzato che la causa dell’incidente fosse stato il forte vento che spirava e che avrebbe spostato l’aereo dal suo normale percorso di discesa in direzione della pista, verso la collina di Superga. Indagini più recenti hanno ipotizzato che l’altimetro si fosse bloccato a quota 2000 metri, ingannando così i piloti sulla loro reale distanza dal suolo che era in effetti di 600 metri. Nessuno sopravvisse all’incidente, tutti i 18 giocatori della squadra, i 3 allenatori, 3 dirigenti della società, 3 giornalisti e i 4 membri dell’equipaggio. A riconoscere le vittime fu chiamato Vittorio Pozzo. Il funerale fu svolto il 6 maggio al Duomo di Torino davanti una marea immensa di spettatori, oltre 600.000 persone parteciparono per dare l’ultimo saluto al Grande Torino. Si ricordano tra i notabili, Giulio Andreotti in rappresentanza del governo, e Ottorino Barassi, l’allora presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio.
I resti dell’aereo, parti della fusoliera, l’elica, uno pneumatico, e le valigie di Mazzola, Maroso e Erbstein sono conservate nel Museo del Grande Torino e della leggenda granata in Villa Claretta Assandri di Grugliasco, inaugurato il 4 maggio 2008. Sette dei diciotto calciatori furono sepolti al Cimitero Monumentale di Torino mentre i rimanenti vennero sepolti nei propri comuni di appartenenza.
Per terminare il campionato il Torino schierò la formazione giovanile, nella quale militava come centravanti il casellese Beppe Marchetto, e lo stesso fecero gli avversari in segno di rispetto. Vinse tutte e quattro le partite, contro rispettivamente Genoa, Palermo, Sampdoria e Fiorentina diventando per il quinto anno consecutivo campione d’Italia. La tragedia di Superga ebbe un profondo impatto tanto che l’anno successivo quando la nazionale di calcio dovette recarsi in Brasile per partecipare al campionato del mondo, fu deciso di andare con la motonave Sales, che vista le sue dimensioni permetteva ai giocatori di allenarsi a bordo. Il viaggio durò due settimane anziché un volo di trentacinque ore. A pochi giorni di distanza dall’incidente, il 29 maggio, fu disputata un’amichevole tra il River Plate e il Torino Simbolo, selezione di giocatori di serie A, organizzata dal presidente della squadra argentina, Antonio Liberti, e il cui incasso fu devoluto ai familiari dei giocatori scomparsi.
4 maggio 1949: la fine del Grande Torino e l’inizio della sua leggenda
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