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lunedì, Aprile 29, 2024

    Libera Chiesa, Libero Stato


    I Patti Lateranensi sono gli accordi stipulati tra il Regno d’Italia e la Chiesa cattolica romana l’11 febbraio 1929 allo scopo di definire i rapporti tra le due istituzioni. Questi accordi contengono un trattato, una convenzione e un concordato e a essi si deve la creazione della Città del Vaticano come stato indipendente. Le relazioni tra l’Italia e la Santa Sede erano state interrotte bruscamente nel 1870 con la conquista dello Stato Pontificio da parte del neonato Regno d’Italia, che da una parte pose fine al potere temporale dei papi e dall’altra inasprì la cosiddetta “Questione romana”. All’indomani della conquista, papa Pio IX promulgò l’enciclica Respincientes ea nella quale descriveva l’Italia come un’invasore e occupante illegittimo e il Pontefice come prigioniero. Inoltre il Papa sosteneva che i territori pontefici andavano restituiti sia perché sottratti contro legge, sia perché egli non poteva esercitare la propria autorità religiosa in piena sicurezza e libertà.
    L’Italia delineò in modo unilaterale le relazioni con la Santa Sede nel 1871 attraverso la legge delle Guarentigie che né Pio IX né i suoi successori riconobbero mai.  Anzi, qualche anno più tardi, nel 1874, lo stesso Pio IX esortò i cattolici a non partecipare attivamente alla vita politica italiana. Se fino al primo dopoguerra i rapporti tra le due istituzioni rimasero tesi, ognuna ferma sulla propria posizione, con l’avvento del Fascismo ci fu un ravvicinamento. Da una parte la nascita nel 1918 del Partito Popolare Italiano di chiara ispirazione cattolica aveva avuto il benestare del Papa, il cui desiderio rimaneva quello di salvaguardare giuridicamente la libertà d’azione della Chiesa; dall’altra Benito Mussolini comprese che non sarebbe stato possibile governare appieno il paese senza l’appoggio clericale e per questo motivo si rese protagonista di manovre strategiche per attirare a sé le simpatie della comunità ecclesiastica, come l’introduzione di cappellani militari, l’affissione del crocefisso negli edifici pubblici e l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole. In questo clima di cambiamento dei rapporti si ascrive anche la fondazione dell’Università Cattolica di Milano a fine 1921.
    Le trattative tra il governo Mussolini e la Santa Sede cominciarono già nel 1926 in assoluto segreto. I negoziatori furono Domenico Barone, consigliere di Stato per l’Italia e l’avvocato Francesco Pacelli, fratello del futuro papa Pio XII, per il Vaticano. Nel gennaio del 1927, alla morte di Barone, fu lo stesso Mussolini a continuare le negoziazioni.
    I Patti presero il nome dal Palazzo di San Giovanni in Laterano nel quale vennero firmati. Furono sottoscritti dal Cardinale Segretario di Stato Pietro Gasparri per la Santa Sede e il Capo del governo Primo ministro Segretario di Stato Benito Mussolini per il Regno d’Italia. L’11 febbraio ricorreva il 71° anniversario della prima apparizione di Nostra Signora di Lourdes e la scelta di firmare in quella data rimarcava la soddisfazione da parte vaticana per i nuovi patti. Infatti la “Conciliazione” tra Stato e Chiesa per la risoluzione della “Questione romana” si concluse in maniera positiva per entrambe le parti in causa.
    I Patti si suddivisero in due documenti distinti: il Trattato e il Concordato. Il Trattato riconosceva l’indipendenza e la sovranità della Santa Sede che fondava lo Stato della Città del Vaticano, il più piccolo per estensione al mondo. Allegato al Trattato vi era la Convezione finanziaria grazie alla quale il Regno d’Italia risarciva il Papa per la perdita dei territori dello Stato Pontificio e per le spoliazioni ai danni degli enti ecclesiastici.
    Il Concordato, invece, definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa e il Governo, dove fino ad allora venivano sintetizzate nel motto “libera Chiesa in libero Stato”. Il governo italiano dispensò il solo cardinale vicario, cioè colui che fa le veci del Pontefice in qualità di vescovo di Roma, dall’obbligo di giurare fedeltà all’Italia. Inoltre concesse di rendere le sue leggi sul matrimonio e sul divorzio conformi a quelle della Chiesa cattolica di Roma e di rendere il clero esente dal servizio militare. I Patti garantirono alla Chiesa il riconoscimento del cattolicesimo quale religione di Stato in Italia, con importanti conseguenze sul sistema scolastico pubblico, come l’istituzione dell’insegnamento della religione cattolica. Il capoverso dell’articolo I del Concordato riconosceva anche il carattere sacro della città di Roma.
    Nel 1948 i Patti vennero inseriti all’interno della Costituzione Italiana, nell’articolo 7, con la conseguenza che lo Stato non poteva denunciarli unilateralmente come nel caso di qualsiasi altro trattato internazionale, senza aver prima modificato la Costituzione. Qualsiasi modifica dei Patti doveva avvenire inoltre in comune accordo tra le parti.
    Nel 1984, dopo lunghe e difficili trattative, il Concordato venne revisionato, fondamentalmente per rimuovere la clausola riguardante la religione di Stato della Chiesa cattolica in Italia. La revisione che portò al “nuovo Concordato” venne firmata a Villa Madama, a Roma, dall’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi e dal cardinale e Segretario di Stato, Agostino Casaroli. Le principali novità introdotte furono che il clero cattolico venisse finanziato con una frazione del gettito IRPEF attraverso l’otto per mille; che la nomina dei vescovi non richiedesse più l’approvazione del governo italiano; che nelle scuole si potesse richiedere l’esenzione dall’ora di religione cattolica, prima obbligatoria.
    Alla luce delle trasformazioni che intervengono nella società italiana, del processo di secolarizzazione in atto nei paesi occidentali e del crescere del multiculturalismo nella popolazione, il dibattito politico sulla modificabilità del Concordato rimane attuale e ampiamente aperto.

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