Altri quesiti sono pervenuti in redazione e li abbiamo girati al nostro notaio, il dottor Gabriele Naddeo che così ha risposto.
“Buongiorno, io e mio marito siamo coniugati in regime patrimoniale di separazione dei beni. Inizialmente avevamo optato per la comunione legale e, prima del cambio di regime patrimoniale, abbiamo comperato un terreno. Su questo terreno, con denari della mia famiglia ho costruito una palazzina di quattro appartamenti. A chi appartengono?”
Un’abbonata
Per costante orientamento della Corte di Cassazione, ciò che viene realizzato su un terreno in comune, segue la titolarità del terreno medesimo. Nel caso della lettrice, il fabbricato è in comunione (ora ordinaria, per effetto della separazione, e non più legale) tra lei ed il marito. La signora, se mai, può vantare un diritto di credito verso il marito, con riferimento ai costi di materiale e manodopera sostenuti dalla medesima, per la realizzazione del manufatto. Sul punto, si è da poco nuovamente pronunciata la Cassazione con sentenza 28 febbraio 2018, n. 4676, sez. II civile: la divisione di edifici realizzati da un solo coniuge sul fondo cointestato è soggetta alle regole della comunione legale anche se la coppia ha cambiato regime patrimoniale. Il terreno, infatti, continua a mantenere il suo specifico assetto giuridico fino a quando non viene completato lo scioglimento tra le parti.
“Egregio Dottor Naddeo, ho comprato un appartamento all’ultimo piano, ma nulla abbiamo scritto in merito al sottotetto. Stiamo ora discutendo con il condominio, perché a mio avviso il sottotetto mi appartiene, mentre l’amministratore dice che il sottotetto è del condominio. Chi ha ragione?”
Lettera firmata
La risposta potrà essere data, solo dopo un esame attento dell’atto e, in seconda battuta, dello stato dei luoghi. Sul punto ci aiuta la Cassazione che, con ordinanza del 14 febbraio 2018, n. 3627, sez. VI – 2 civile, afferma quanto segue: “sono comunque oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, agli effetti dell’art. 1117 c.c., i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune. Altrimenti, ove non sia evincibile il collegamento funzionale, ovvero il rapporto di accessorietà supposto dall’art. 1117 c.c. tra il sottotetto e la destinazione all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune, giacché lo stesso sottotetto assolva all’esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall’umidità l’appartamento dell’ultimo piano, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo, esso va considerato pertinenza di tale appartamento. La proprietà del sottotetto si determina, dunque, in base al titolo e, in mancanza, in base alla funzione cui esso è destinato in concreto.”
Una precisazione importante
La Cassazione, con ordinanza 21 novembre 2017, n. 27556, sez. III civile, in tema di contratti – acquisto di un immobile corredato della sola domanda di concessione in sanatoria – ha deciso che è incauto acquistare un immobile corredato della sola domanda di concessione in sanatoria. In questo caso, quindi, è escluso qualsiasi risarcimento del danno qualora il bene venga confiscato perché l’immobile risulta inserito in una lottizzazione abusiva. La Corte afferma che l’atto di vendita d’un immobile edificato in violazione delle leggi urbanistiche, ma cui sia allegata l’istanza di rilascio di concessione in sanatoria, non può dirsi nullo, ai sensi dell’art. 40 della legge n. 47/85.
Viene ribadita, con chiarezza, la differenza tra proprietà superficiaria, diritto di superficie e proprietà piena, dalla Cassazione, con ordinanza 9 ottobre 2017, n. 23547, sez. II civile. La “proprietà superficiaria” di un immobile consiste nella proprietà della costruzione separata dalla proprietà del suolo e si distingue dal diritto di superficie, quale diritto di costruire e mantenere la costruzione sul suolo altrui – limitando il diritto del proprietario del suolo, il quale non può avvalersi della facoltà di costruire in pregiudizio del diritto del superficiario.
Dopo il compromesso, l’acquirente entra nel possesso della casa, ma non paga quanto pattuito, alle scadenze concordate. In casi come questo, il risarcimento in favore del venditore, consiste anche nell’impossibilità in capo al proprietario di ottenere quanto avrebbe potuto ricavare dall’utilizzo dell’immobile libero da persone. Per tale motivo, la Cassazione, con ordinanza 20 dicembre 2017, n. 30594, sez. II civile, ha stabilito che il calcolo per il risarcimento parte, non da quando si fa la domanda al giudice, ma dal momento in cui è iniziata l’occupazione dell’immobile. Il promissario acquirente di un immobile, che, immesso nel possesso all’atto della firma del preliminare, si renda inadempiente per l’obbligazione del prezzo, da versarsi prima del definitivo, e provochi la risoluzione del contratto preliminare, è tenuto al risarcimento del danno in favore della parte promittente venditrice, atteso che la legittimità originaria del possesso viene meno a seguito della risoluzione lasciando che l’occupazione dell’immobile si configuri come “sine titulo“. Ne consegue che tali danni, originati dal lucro cessante per il danneggiato che non ha potuto trarre frutti né dal pagamento del prezzo né dal godimento dell’immobile, sono legittimamente liquidati dal giudice di merito, con riferimento all’intera durata dell’occupazione e, dunque, non solo a partire dalla domanda giudiziale di risoluzione contrattuale.