Lorenzo Forno e il disegno del futuro

“La strada è ancora lunga, ma io amo camminare”

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1947

“Il più grande pericolo per molti di noi non sta nel fatto che i nostri obiettivi siano troppo elevati e quindi non riusciamo a raggiungerli, ma nel fatto che siano troppo bassi e che li si raggiunga”

Michelangelo Buonarroti.

A volte la strada  la trovi dentro di te, è una bozza appena accennata che occorre saper riconoscere e a cui bisogna dar forma e consistenza. Diceva Martin Luther King che il potere consiste non solo nella capacità di raggiungere degli scopi  ma anche in quella di effettuare dei cambiamenti: la mèta si staglia all’orizzonte ma il viaggio per raggiungerla ha strade sempre diverse. Serve portare con sé una buona dose di perseveranza, un  bagaglio leggero e  soprattutto una buona bussola. La storia di Lorenzo Forno è il riflesso  di questa volontà: di un innato bisogno di guardare oltre,  ponendosi  sempre nuovi traguardi , perché il cammino apre strade inimmaginabili.

“Sono nato nel 1984 -racconta Lorenzo- e ho vissuto a Caselle fino al 2000. Da che ricordo ho sempre avuto un lavoro a cui aspirare nella vita: prima l’inventore, dopo l’archeologo e, dalla terza elementare in poi, ho fantasticato di disegnare automobili, senza sapere  che davvero esistesse un lavoro di questo tipo finché un giorno, grazie ai miei genitori, ho scoperto che il sogno poteva diventare realtà e da allora mi sono impegnato a fondo per riuscire a realizzarlo. Un nostro cugino faceva il “car designer“ da Giugiaro; rapito dai suoi racconti,  ho capito che quello sarebbe stato il lavoro della mia vita: unire una sconfinata passione per il disegno, alla vena creativa creando le  automobili. Dopo aver frequentato il liceo scientifico a Cirié, mi sono iscritto allo IAAD (Istituto di Arte Applicata e Design) a Torino. Tre anni di studio e a 22 anni ero già catapultato nel mondo del lavoro. Neanche finita la scuola mi arrivò l’ offerta di andare sei  mesi in India alla Tata. Un’esperienza formativa ma anche molto impegnativa. A 22 anni mi sono ritrovato catapultato dall’altra parte del mondo che, nel 2006, non aveva ancora la connettività odierna ed  ho dovuto districarmi in una realtà estremamente caotica e piena di contraddizioni. Io vivevo in una bella casa e in un quartiere signorile, ma a poca distanza da me  vedevo moltitudini di persone la cui abitazione era  una misera catapecchia o peggio ancora il nulla, cioè la strada. Gli indiani in compenso si sono dimostrati un popolo molto accogliente e disponibile, questo ha fatto la differenza e mi ha aiutato  ad integrarmi nella complessità di un sistema di vita opposto al mio.

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L’Italia  con le sue certezze mi mancava , così, terminato il tirocinio , sono tornato a casa e ho trovato impiego a Torino presso Carcerano, uno studio di design e ingegneria, che si occupava di auto e prodotti di design. Con la crisi del 2008, ho adottato in pieno la parola flessibilità, espressione molto utilizzata dalla mia generazione e sono approdato a Milano alla Touring Superleggera (rinascita di una famosa carrozzeria italiana Anni 40/50/60 del secolo scorso) per poi ritornare a Torino, nuovamente da Carcerano, dove sono riuscito a realizzare una “concept car” per un brand cinese, seguendo il design  sia dell’esterno che dell’interno. L’auto era un piccolo SUV sportivo e, con mia grande soddisfazione, venne presentato al salone di Shanghai del 2011. Il mio lavoro, pur partendo dall’idea creativa  di un singolo, comporta sempre un approccio di gruppo, l’input  può essere il mio ma è solo nella condivisione con gli altri,  che si  riesce a migliorare lo stile della vettura, in un lavoro meticoloso di continua messa a punto, fino al raggiungimento del risultato finale. L’ispirazione per quanto mi riguarda ha sempre un occhio al passato: le linee delle auto di ieri sono una fonte inesauribile da cui rielaborare nuovi stilemi, in fondo credo che la storia dell’automobile sia un’ enciclopedia da cui attingere a piene mani. Trascorso il  primo periodo lavorativo  in Italia, ho cominciato a capire che avrei dovuto percorrere nuove strade per migliorarmi e così l’Europa è diventata la mia seconda patria . Sono andato in trasferta quattro mesi a Graz in Austria  lavorando per Infiniti (marchio giapponese della Nissan) e un mese a Parigi per  un progetto ideato da Renault. Nel 2014 mi sono trasferito a Ingolstadt, in Baviera, per lavorare per un quadriennio su progetti Audi. Qui è avvenuta la vera svolta significativa del mio percorso perché ho avuto la fortuna di  incontrare Walter De Silva: uno dei più grandi designer italiani. Ex capo del centro stile Alfa Romeo,  negli anni di Alfa 156 e 147, nel 2000 è  entrato a far parte del gruppo Volkswagen dapprima come capo del centro stile Seat -Audi ed infine, dal 2009, è responsabile del  gruppo intero (Volkswagen, Audi, Seat, Bentley, Bugatti, Lamborghini e Porsche. Nel 2017  sono riuscito a fargli  vedere il mio portfolio e sono stato scelto come Exterior Designer nel suo ufficio a Monaco di Baviera, ma assunto dalla Edag con sede a Barcellona dove c’è il centro stile. La mia vita attualmente si divide tra queste due città così diverse ma ugualmente affascinanti. In realtà vivo per lo più a Monaco e mi sposto a Barcellona per eventuali presentazioni di modelli di auto durante le fasi intermedie e per le riunioni di lavoro.  De Silva attualmente ha sottoscritto un accordo con la multinazionale tedesca  Edag Group per creare un range di automobili elettriche per un brand cinese di nome ArcFox. Per ciò che concerne il mio lavoro è in perenne  evoluzione, ogni anno riesco a impadronirmi sempre più dei concetti base che fanno lo stile dell’automobile: proporzioni, linee di carattere, volumi, dettagli. Ovviamente lo stimolo forte arriva proprio dai nuovi progetti. Non so se ne esista uno più riuscito degli altri, so che quando vedi realizzare qualcosa che hai pensato e creato su un foglio di carta, la soddisfazione è veramente tanta. Dare vita a carrozzerie di automobili o ad un oggetto di design di uso comune è ciò che rende questo lavoro veramente speciale. L’auto è  una forma in continuo movimento e perciò fonte di continue ispirazioni. La creatività, l’occhio al dettaglio, la cura del particolare fanno parte del mio bagaglio, sono i miei strumenti di lavoro quotidiano.Per quanto riguarda il futuro dell’auto  penso che sarà duplice: da un lato si andrà verso una vettura da città sempre più ecologica e condivisa, dall’altro  sopravviverà l’auto di oggi, col motore a scoppio, diventando un piccolo oggetto di  lusso, usata  solo più come passatempo divertente , durante il  weekend.

Vivere fuori dall’Italia comporta molti vantaggi e qualche nota negativa. Premetto che mi sento profondamente  italiano  nel mio modo di essere anche se devo ammettere che un po’ di contaminazione tedesca l’ho acquisita. La Germania l’ho sempre sognata fin  da bambino e sento di avere una parte di me a cui piace il rigore intrinseco in questa cultura. Vivere nell’area di Monaco è molto gratificante da più punti di vista: ti permette di trovare lavoro con facilità, di essere remunerato in modo più equo ed appagante e soprattutto vedi considerate le tue capacità ,quello che fai ha un valore. Tra le difficoltà, personalmente considero la lingua  tedesca un ostacolo, per me, ancora oggi, risulta ostica. Dopo quattro anni il mio tedesco è a dir poco basico: in parte per colpa della  mia pigrizia, in parte perché è davvero difficile. La mia seconda lingua è l’inglese ma, come tutti gli Italiani, dopo solo sei mesi di contatti con gli Spagnoli, li capisco quasi perfettamente e il dialogo con loro è decisamente facile; non posso dire lo stesso coi Tedeschi. La vera integrazione sociale, che è data soprattutto dalla conoscenza della lingua del posto, non è così facile: si tende a stare per lo più con altri emigrati come noi, spagnoli  e francesi in particolare. Mi piace l’idea di essere cittadino europeo, mi permette di allargare i miei orizzonti, per ora non penso di tornare in Italia, è troppo allettante ed appagante ciò che sto vivendo e realizzando. Non nego che un giorno vorrei diventare responsabile del design di un grande marchio, magari Porsche. Non riesco veramente a immaginare a 50 anni quale potrà  essere la mia vita, cerco più che altro di vivere intensamente il presente. In questi dodici anni di lavoro ho capito che, lontano dal mio paese d’origine, tutto può cambiare velocemente, perciò occorre essere attenti e pronti a cogliere le varie occasioni che la vita ti pone , adattarsi ai cambiamenti, saper rischiare ed osare, d’altronde  la strada è ancora lunga e io amo camminare.”

Nelle foto, Lorenzo Forno al salone dell’auto di Ginevra alla presentazione di una Bentley rivisitata dalla ditta Superleggera di Milano (Lorenzo era uno dei designer che ha ideato il modello) e  durante la lavorazione di un modello sempre della Superleggera a cui Lorenzo ha collaborato.

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