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martedì, Marzo 19, 2024

    Non ci sono più le mezze stagioni…

    FortissimaMenteWEBIl titolo di questo articolo è piuttosto banale, ma il mio obiettivo è di affrontare un problema serio: il cambiamento climatico. È curioso che una psicologa si accinga a scrivere un articolo riguardante il cambiamento climatico, si potrebbe pensare che il tema dovrebbe essere approfondito da esperti di altre materie ma in realtà c’è molto da capire sui processi psicologici che portano le persone a non intervenire attivamente per risolvere la cosa. Tutti quanti siamo informati del fenomeno da filmati di iceberg che si sciolgono, fiumi in secca con animali selvatici denutriti o assetati, notizie sul costante riscaldamento del pianeta mentre fastidiose zanzare ci ronzano intorno fino ad autunno inoltrato. Reagiamo con indifferenza ad un problema che ci sembra troppo grande e anche se volessimo fare qualcosa, la nostra singola reazione sarebbe troppo poco. Le questioni ambientali per essere risolte richiederebbero cooperazione e l’iniziativa dovrebbe essere posta dall’alto, come da una normativa. Proprio pochi giorni fa ho sentito la notizia per cui, dal 2020, saranno banditi molti prodotti di plastica usa e getta come le bottigliette, i bicchieri, le cannucce, addirittura i bastoncini per le orecchie. Chi si preoccupa in autonomia della questione addirittura rischia di essere additato come strano. Proprio pochi giorni fa una mia paziente mi raccontava quanto la sua famiglia di origine la facesse sentire una “persona troppo complicata” da quando, in seguito alla nascita di suo figlio, per salvaguardarne il futuro, ha deciso di essere più ecologica. Ora utilizza pannolini lavabili, detersivi biodegradabili ed è vegetariana. Le reazioni di nessuna comprensione della sua famiglia l’hanno fatta soffrire, i suoi ci hanno messo un po’ a capire che si vive molto bene anche con queste accortezze.

    Il cambiamento ambientale è graduale e lento ed il nostro cervello non può accorgersene. La temperatura media si alza molto lentamente, di qualche frazione di grado all’anno e non la percepiamo, mentre un ortaggio modificato riesce ad allarmarci molto di più perché lo possiamo vedere. La difficoltà percettiva è anche data dalla lontananza: spesso i disastri naturali, come gli uragani e gli alluvioni, avvengono in aree per noi lontane e sentiamo distanti le vittime di queste catastrofi.

    Il riscaldamento globale è considerato un effetto collaterale del moderno stile di vita e gli scienziati non ci possono dare delle certezze sulle conseguenze del nostro comportamento, parlano di probabilità, mentre il nostro cervello per reagire richiede certezze, non probabilità. Purtroppo solo i ciarlatani quando parlano garantiscono certezze. La distanza di opinioni tra gli esperti e i non esperti è grande. Gli ultimi sondaggi dimostrano che c’è un grande divario tra le opinioni degli scienziati e dei comuni cittadini. I comuni cittadini non sono così convinti che la Terra si stia surriscaldando per effetto delle attività dell’uomo e percepiscono gli scienziati come non concordi sul tema, mentre questi ultimi lo sono.

    La crisi economica ha cambiato molto il nostro modo di pensare. Prima del 2008 i mutamenti climatici erano considerati uno dei problemi più importanti, mentre attualmente le maggiori preoccupazioni di un italiano sono le tasse, la disoccupazione, l’immigrazione. Come aiutare le persone a valutare il cambiamento ambientale come un problema grave da risolvere e rendere le persone più attive nel farlo? Probabilmente ci serve del tempo per cambiare opinione ed educare in modo differente le nuove generazioni. L’accettabilità sociale di un certo atteggiamento si modifica poco per volta, basta pensare all’abitudine di buttare le cartacce per terra, diffusa un tempo ed ora condannata. Ricordo che quando giocavo al parco con i miei amici, ormai tanta tanti anni fa, per alcuni era naturale buttare a terra le cartacce delle merende o gli stecchini dei gelati, nonostante si avessero a disposizione i cestini. Avrei voluto copiarli, ma i miei genitori mi avrebbero rimproverato… non era semplice per una bambina comprendere perché per loro era possibile questa comodità! Oggi i bambini ricevono un’educazione differente, mia figlia di 4 anni ogni volta che vede una cartaccia per terra la indica indispettita dicendo: “non si fa!”. La stessa cosa avviene per la raccolta differenziata dei rifiuti. I primi anni in cui era stata resa obbligatoria era considerata la cosa più scomoda che si potesse fare, sembrava un grosso disagio attrezzarsi di tanti bidoncini in casa. Molti si rifiutavano di ubbidire alla regola, si giustificavano dicendo: “tanto non ce lo dicono, ma poi mischiano tutti i rifiuti”. Oggi la raccolta differenziata viene insegnata già da bambini, per loro è un gioco capire in quale bidone si debba gettare un oggetto. Ancora in questo caso, mia figlia mi insegna: “faccio il riciclo!” ogni volta che getta via qualcosa, con molto orgoglio.

    Per maggiori informazioni visita il sito: www.psicoborgaro.it

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