In attesa di sapere se prima o poi saremo chiamati ad un nuovo “de bello gallico” e dovremo riaprire i forti di Vinadio e compagnia, tappare di corsa la TAV, preferisco non pensare in quale buco nero ci stanno cacciando. Prendo la strada della Francia, borgata Francia, ché di questi tempi bislacchi è meno perigliosa e vado un po’ sulle rive della mia amata Stura. A l’è mej: il resto mi fa cascare le braccia. Meglio pensare al mio mondo piccolo, a come sto vivendo il 50° compleanno della “ mia” Pro Loco.
Porto con me il libro che pubblicammo cinque anni fa e mi accorgo, rileggendo, che dentro c’è già tutto quello che oggi vorrei dire e che, forse, non saprei dire meglio.
“Il 12 febbraio 1969 nasceva la Pro Loco di Caselle.
Dallo slancio dei Soci Fondatori ha preso vita questa nostra storia, quella che dura ormai da 50 anni: essi, nel modo più alto, vollero allora rendere manifesto e tangibile l’amore per la nostra terra, valorizzandone gli aspetti e ampliandone la conoscenza.
Essere qui a continuare il cammino intrapreso nel 1969 da Silvio Passera, nostro primo e grandissimo presidente, continuare nel solco da lui tracciato, è forza e orgoglio.
Forza e orgoglio che animano ogni giorno il nostro spirito associazionistico, il modo più puro d’intendere il volontariato, scevro da ogni interesse: continuando ad essere totalmente al servizio di una terra che più di qualsiasi altra sentiamo nostra, e che per questo amiamo.
Come iniziò la nostra storia?
Semplice: da un’idea di Silvio Passera. O, se preferite, per meglio dire, da un’altra idea di Silvio Passera.
Una Pro Loco a Caselle? In genere le Pro Loco esistevano in luoghi almeno vagamente turistici… Se però l’aveva creata Silvio, sicuro che quella roba lì poteva e doveva essere bella.
E così fu.
Il dottor Passera aveva la straordinaria capacità di guardare ai giovani senza pregiudizi e infingimenti: sapeva ascoltarti e parlare. Sapeva scuoterti e sapeva aspettarti, e io solo so quante volte mi sono fatto attendere e quante volte pazientemente lui mi ha atteso. Sapeva farti stare bene dentro alla tua pelle, e coinvolgerti fino a farti desiderare ciò che lui desiderava.
In quelle stanze ci siamo passati tutti e tutti abbiamo preso e lasciato qualcosa.
Forse i migliori anni della nostra vita. “
“Purtroppo, dovemmo risvegliarci tutti e in modo brutale, in un’orrenda mattina dell’agosto del 1987: la sera prima sulla maledetta Torino – Savona, a Marene, un incidente terribile, incomprensibile quanto e come ogni tragedia, ci aveva portato via e per sempre Silvio.
Dire dello smarrimento d’ognuno di noi, di quel senso d’angoscia profonda è vano, perché nessuna parola potrebbe riuscire a spiegarlo. So solo che quel dolore lì io l’avevo già provato, quando morì mio padre e rimasi orfano per sempre: c’è una parte buia del mio cuore e dei miei pensieri dove nessuna luce ha più saputo arrivare.
Ma in tutti noi si spense qualcosa e fu terribile scoprire, giorno dopo giorno, che sarebbe stato per sempre; che da quel momento in poi avremmo dovuto far fronte da soli al nostro futuro.
Non fu facile rialzarsi, reggere lo sguardo e le parole di chi in quei giorni chiedeva di azzerare tutto: s’era chiusa un’epoca e, morto Silvio, avrebbero dovuto morire anche le sue creature, “Cose Nostre” per primo.
Non so dove trovammo le forze, ma resistemmo, anzi rilanciammo: Silvio avrebbe continuato a vivere in noi e con noi attraverso tutto quello che aveva creato e che noi, in quel momento, avevamo il dovere morale di sostenere.
Oggi siamo qui, e possiamo dire di avere mantenuto fede all’impegno. Ogni nostro gesto, ogni nostro pensiero è tuttora contiguo all’onestà intellettuale, al rigore morale che Silvio ci ha insegnato. E sarà così, per sempre.”