Avevo già ricevuto in aprile un invito alla presentazione di “Niente caffè per Spinoza” di Alice Cappagli da parte del libraio Rocco Pinto, l’inventore di “Portici di carta”, “Pralibro”, “Torino che legge”, nonché proprietario e animatore della libreria “Il ponte sulla Dora” di Torino. Proposto da lui sarebbe stato un suggerimento da prendere al volo, ma non mi era stato possibile partecipare. Suggerimento dimenticato come capita oggi tra i miliardi di parole che ci assediano e tornato… in carne ed ossa, leggi carta e inchiostro, tra I libri che una delle mie sorelline mi ha prestato in lettura quest’estate. Anche lei, la sorellina Daniela, preziosa esperta di lettura.
Un bell’incontro, posso definirlo così “Niente caffè per Spinoza”. Un libro di cui ti innamori e rallenti il ritmo di lettura, sperando che…duri di più. Personaggi principali un anziano professore che si costruisce sicurezze nel buio della cecità attingendo ai filosofi che ama e una giovane donna che aiutandolo come badante, aiuta se stessa ricostruire il senso della vita.
Prima di tutto consiglio di leggerlo perché l’umorismo e l’ironia, anche tagliente all’occasione, seminano frasi perfette come:
“A Livorno, si usa dire “bella” a chiunque abbia meno di sessant’anni, una forma di ottimismo causata dall’abbondanza di iodio.”
Oppure “…il mio matrimonio stava in piedi come una capannuccia fatta con gli stuzzicadenti…”
O quando descrive l’umore del mare “Bello, c’era un cavallone così grosso fra la Sardegna e la ‘orsica che ‘un ci passava.
– Guarda un po’ questi du’ sgombri: sono arrivati da sé con l’ondata, bastava aprì la finestra…
La parlata che molto spesso emerge nei dialoghi, l’avrete capito, è quella toscana, meglio quella livornese, perché in questa città di mare, luce e vento, dove è nata l’autrice, è ambientato il romanzo.
Parlavo prima dell’umorismo che percorre la scrittura, ma i temi che permette di affrontare sono ben profondi: fine vita, condizione femminile, lavoro, frenesia della vita odierna, amore, significato della cultura. L’autrice conferma:
“Non ho messaggi preferenziali. Il romanzo contiene apposta molti spunti perché ogni lettore possa cogliere quello giusto per lui. Non a caso la ragazza che è ritratta in copertina su una pila di libri cerca di afferrare una delle tante chiavi che scendono dall’alto.
Personalmente il messaggio che mi piace di più è quello di poter lasciare un’eredità, l’idea di una continuità fatta di pensieri il più possibile liberi e razionali.”
E molti di questi pensieri inaspettatamente arrivano dalle pagine di quei filosofi che a scuola magari abbiamo studiato con poca attenzione e allora ecco un altro merito di questo libro: ti vien voglia di leggere le loro riflessioni, di riprendere in mano le loro opere, mentre scopri con un sorriso perché a Spinoza, il caffè la protagonista proprio non lo vuole offrire.