Non so cosa sia sembrato a voi, ma la scoperta improvvisa dei giovani da parte della nostra classe politica mi puzza.
Ma quanto sono bravi e belli i nostri ragazzi, …ma perché non li facciamo votare a sedici anni, …ma dobbiamo renderli protagonisti…
Era da tanto che non sentivo frasi del genere: una masturbatio grillorum, come avrebbe detto il grande Gianni Brera. Sì, perché con tutto quello che avremmo da fare per cercare di tirar su le brache a questo benedetto Paese, dovrebbe esserci davvero poco spazio per manovre che tendono a blandire, che sanno solo tanto di demagogiche velleità e di velleitarie demagogie.
Cosa intendo? Basta pescare da una qualsivoglia definizione di demagogia per capire.
“Demagogia: degenerazione della democrazia, per la quale al normale dibattito politico si sostituisce una propaganda esclusivamente lusingatrice delle aspirazioni economiche e sociali delle masse, allo scopo di mantenere o conquistare il potere.”
“ Demagogia: comportamento politico che attraverso false promesse vicine ai desideri del popolo mira ad accaparrarsi il suo favore per aumentare il proprio consenso popolare o per il raggiungimento/conservazione del potere stesso. “
Tutto chiaro o devo aggiungerci qualcosa? Tutto chiaro.
In assenza di idee, meglio mestare e vellicare, che si fa prima.
Lasciamoli crescere, i ragazzi. Accogliamo come monito e come sana ventata di riflessione ciò che dicono e vogliono dirci.
Se guardano ad altro, se paiono non degnare di attenzioni ciò che questo mesto teatrino politico ci regala, dovremmo porci interrogativi e non dar loro come “paghetta” l’idea d’un precoce diritto al voto. Che dovrebbe essere roba seria e ponderata.
Poi, perché il voto a sedici anni e la patente a 18? E la maggiore età?
Sarà che per la questione del voto ho idee assai diverse, ma per proteggere i ragazzi pretendo che non si indichi loro la luna nel pozzo.
Per i ragazzi, per i loro e per il nostro futuro, pretendo come ha scritto saggiamente qualche giorno fa Michele Serra, che si torni a formare la nostra classe politica. L’andazzo demagogico di questi bassi tempi ha fatto sì che la scena si riempisse di avventizi, di fanfaroni e di bulli da stadio.
La vera domanda da porre è come fare a ricreare una selezione credibile e funzionale, che ponga le basi per avere una classe dirigente degna di questo nome.
Per guidare un’auto occorre una patente? Figurati per guidare un Paese. Ci vuol ben più di una gavetta e occorrerebbe proporre un’École d’Administration come hanno i Francesi, visto che noi non abbiamo chi sa e può preparare i giovani. Non possono guidarci fisime anticasta (Serra dixit) a produrre il domani.
Una patente per gli eletti e una anche per gli elettori? Ripensando a quanto diceva Berlusconi quando scelse di scendere in campo e trovare un elettorato (guardava a quelli che avevano appena la licenza media e che a scuola non andavano neppure tanto bene…), qualche dubbio mi viene, perché la questione più grossa sta proprio in chi viene scelto.
Fino a che avremo voglia di farci rappresentare da chi “ è come noi”, da chi dice “ pane al pane e vino al vino, che pensa e parla proprio come noi”, continueremo a porre solide basi per essere fottuti in sempiterno.
L’idea rivoluzionaria sarebbe quella di mandare a governarci chi è migliore di noi, chi è più capace di noi, solo così le cose potrebbero veramente cambiare: ci vuol tanto a capirlo?