Nel numero di gennaio su queste colonne abbiamo conosciuto Amedeo V di Savoia e di sfuggita la figlia Margherita. E allora qui per inoltrarsi nella storia puntiamo i riflettori su questa bella signora dal fascino medievale che fu la castellana di Ciriè, Lanzo e Caselle nei primi anni del Trecento.
Si sa, chi ha una storia da raccontare è una persona fortunata, se poi ad averla è una città ancora meglio. E Caselle, in comune con Ciriè e Lanzo, ne ha una che affonda le sue radici nel medioevo, là in fondo, tra il XIII e il XIV secolo. E tra le tante storie, molte delle quali si perdono nella nebbia dei secoli ne esce una figura, una castellana, dal nome di Margherita. Una ragazza, questa, di buona famiglia come si suole dire, visto che era niente di meno che la figlia di Amedeo V conte di Savoia, detto il Grande, secondogenito di Tommaso II che ereditò la contea nel 1285 e morì ad Avignone nel 1323. Amedeo V conte di Savoia ebbe otto figli con la prima moglie e quattro con la seconda. Margherita nacque il 6 luglio del 1279. Aveva 17 anni nel 1296 quando andò sposa a Giovanni I marchese di Monferrato. Ma ben presto, a soli 28 anni, restò vedova. Ma non ebbe preoccupazioni economiche per tirare avanti perché il conte suo padre la fece sovrana, tra l’altro, delle castellanie di Ciriè (che fu la sede del suo regno), Caselle e Lanzo.
Come già accennato nel 1296 Giovanni I di Monferrato sposò Margherita, la diciassettenne settima figlia del conte Amedeo di Savoia detto il Grande. Nel 1305 muore Giovanni I e Margherita rimane vedova a 28 anni, dopo 10 di matrimonio. Ottiene in usufrutto perpetuo vedovile le castellanie di Ciriè, Lanzo e Caselle e nel giugno del 1306 ne prende possesso insediandosi nel castello di Ciriè. Margherita gestì con fermezza le tre castellanie. Riuscì a contrastare i pericoli e redimere le pretese che dall’esterno incombevano sui suoi possedimenti. Fece costruire molti ricetti per la difesa delle popolazioni, ma soprattutto seppe accattivarsi la benevolenza dei sudditi con la concessione di statuti e di franchigie che alleggerivano i pesanti obblighi gravanti sulla comunità. Il suo fu un governo saggio, caratterizzato da un lungo periodo di pace. Un’epoca emblematica che trasformò il territorio da travagliata zona di confine a nucleo storico del regno sabaudo.
Ricordiamo ancora che le castellanie di Margherita, con i relativi i castelli, erano a Ciriè, la principale perché tra l’altro lì risiedeva la corte di Margherita, a Lanzo, il centro principale delle Valli, e infine a Caselle, la più vicina a Torino.
Il principe Edoardo, fratello di Margherita, in nome di questa e del padre si prese speciale cura per il castello di Caselle. Carpentieri e manovali cominciarono subito i lavori: fu fatta la “posterla”, parola questa che significa porticina di dietro nelle fortificazioni del passato, piccola porta che veniva aperta in luogo nascosto e distante dalle porte principali per assicurare una via di comunicazione fra l’interno e l’esterno della cinta, da utilizzarsi in speciali circostanze. Ancora oggi molti casellesi parlano, ovviamente per sentito dire, di questo cunicolo che partirebbe sotto il castello di piazza Boschiassi e pare vada verso l’attuale via del Teatro, se non addirittura verso Venaria. Inoltre furono fatte altre porte e fu ricostruito il ponte levatoio. Il castello ieri e ancora oggi, è dotato di un bel giardino antistante la parte principale del fabbricato; ricordiamo che il lato che guarda oggi piazza Boschiassi è il retro del castello, il davanti è all’interno. Giardino armoniosamente rinascimentale e che penetra nel cortile ben disposto e ornato.
Ricordiamo ancora che si sposò il 10 giugno del 1296, aveva 17 anni, con Giovanni I di Monferrato, che ne aveva 19 e che improvvisamente morì nel 1305, forse avvelenato. Margherita quindi rimase vedova a 28 anni, dopo circa nove anni di matrimonio. La coppia non ebbe figli.
Le tre castellanie, anche nel nostro tempo, a turno fino a vent’anni fa la ricordarono con la manifestazione “Alla Corte di Margherita”, un torneo delle castellanie, una miscela di appuntamenti di grande festosità, con percorsi storici, gare, costumi dell’epoca, sempre seguiti da tantissima gente, cioè dai suoi castellani.
I dati storici su Margherita finiscono qui. Un vero peccato che questa storia che parla di una bella signora amata e riverita dalla sua gente finisca così, a 28 anni, vedova, senza figli. E allora io, in una mia pubblicazione di qualche anno fa (una copia si trova nella biblioteca civica) per lei mi sono inventato un finale che sfiora il romanzo d’appendice perché infiocchettato con una venatura romantica. In estrema sintesi la storia, inventata, è questa.
Un giorno Margherita da Ciriè si recò a Caselle per controllare i lavori di fortificazione del castello.
Appassionata di cavalli va a visitare i pezzi unici, puledri puro sangue, che la stalla offre. Il capo degli stallieri è Francesco, un aitante 35/40enne dal sorriso aperto, che perdette moglie e due figli nell’ultima epidemia di peste. L’accompagna, stende delle assi al centro e porge la mano per sostenerla e perché non si sporchi. Al primo contatto, mano nella mano, lei vede luna e stelle ballare nel cielo di Caselle, lui pure. Si lasciano con un sorriso che illumina la stalla. E quella notte Margherita nel dormiveglia pensava «Ma chi sei tu – continuava a ripetersi – che nel buio della notte osi inciampare nei miei più profondi pensieri?» (una frase questa che sarebbe piaciuta anche a Shakespeare). Un giorno decidono di fare una corsa a cavallo insieme. Cominciarono trotterellando e poi a mano a mano che il terreno si faceva meno aspro, meno brullo, la velocità aumentò. Ad un certo punto Margherita guarda Francesco e gli grida: «Andiamo al massimo?» e Francesco. «Dai, proviamo a volare!» In pochi minuti staccano la scorta fino a non vederli più. Correvano pancia a terra, con il vento e dentro il vento, con una leggerezza e con la sensazione di un’incontenibile libertà. Si fermarono sotto una quercia secolare e lì si baciarono. Lei passò tutta la sera a domandarsi cosa provò. «Non so – si rispose – stetti un poco, e per un istante uscii dal mondo per salire in un carro trainato da una stella che viaggiava nell’infinito. Tutto lì». A Ciriè e a Caselle già si parlava di matrimonio tra i due. Solo che…
Solo che la gente si domandava che un’unione tra una principessa e uno stalliere stonava maledettamente.
Margherita allora chiese aiuto al padre. Questi conosceva un nobile nel Marchesato di Saluzzo famoso perché seminò il territorio di bimbi naturali, il quale acconsentì, su pressante richiesta, a riconoscere il promesso sposo come suo figlio naturale concedendo a Francesco il titolo nobiliare di marchese, ma senza nessun diritto economico.
Allora tutto ok. Fissarono subito la data della cerimonia nuziale, 6 settembre 1309 a Ciriè, invitando nobili e rappresentanze delle tre castellanie. Già al mattino presto su Ciriè si riversò sia tutta la popolazione di Caselle che quella di Lanzo che unitamente a quella di Ciriè al momento del “sì” partì un fragoroso boato di “viva gli sposi” che rimbalzò di valle in valle per giorni e giorni. Fu una genuina festa di popolo che passò alla storia.
Dalla loro unione dopo un anno nacque Giacomo, un bel bambino. Margherita rimase di nuovo vedova perché Francesco nel 1327 morì in un incidente di caccia nelle Valli di Lanzo. Aveva solo 52 anni. Nel suo lutto composto la castellana crebbe il figlio che adorava, il quale a 18 anni andò via, molto lontano, per servire i Savoia nella pace e nella guerra. Nel momento dell’addio la mamma consegnò al figlio una piccola pergamena con su scritto un’antica benedizione, questa: “Che la strada sia lieve ai tuoi piedi; il vento soffi leggero sulle tue spalle; che il sole brilli sul tuo volto; che le piogge cadano serene sui tuoi campi”. Giacomo per tutta la vita la portò sempre con sé, nel cuore.
Margherita contessa di Savoia, marchesa del Monferrato, castellana di Ciriè, Lanzo e Caselle morì il 6 agosto del 1349. Aveva 70 anni.