In questo numero di Cose Nostre vi propongo ancora un approfondimento relativo ai pericoli della rete, in particolare vorrei concentrarmi sulla pubblicazioni di foto e video online.
Una volta che mandiamo una foto o un video sulla rete, sia che lo inviamo ad un amico oppure lo postiamo su un social network, dobbiamo essere consapevoli che da quel momento non ne siamo più i proprietari esclusivi e possiamo essere esposti ad ogni tipo di pericolo, come a ricatti, truffe o totale privazione della privacy.
Un fenomeno purtroppo diffuso che può esporre a gravi danni di reputazione è il sexting (parola che unisce sex e texting), che consiste nel pubblicare immagini di sé nudi o con contenuti sessuali. Il caso forse più emblematico è quello di Tiziana Cantone, morta suicida a 31 dopo la diffusione sulla rete di video amatoriali di natura sessuale che la riguardavano. Anche se Tiziana al momento dei fatti era consenziente, era in un periodo di fragilità emotiva e di certo non era il suo obiettivo raggiungere tale popolarità. Una sua frase del video divenne un “meme” virale, tanto da essere pubblicato su magliette e tazze. Nonostante la tutela legale, il cambiare nome e città la vicenda fu talmente dolorosa per lei da portarla al suicidio. La sua storia fu un incentivo all’approvazione dell’emendamento sul revenge porn.
Altro caso di cronaca più recente, e per fortuna meno drammatico, è quello dell’insegnante di scuola materna piemontese, che ha perso il lavoro dopo che il suo fidanzato ha inviato ad un gruppo whatsapp una foto di lei osé. La foto, all’insaputa della protagonista, ha iniziato a girare su vari gruppi whatsapp fino ad arrivare nella chat delle mamme dei bambini dell’asilo. Grazie al processo il fidanzato che ha postato la foto, così come la direttrice della scuola che l’ha licenziata, sono stati condannati, ma lei comunque è rimasta senza lavoro e la sua reputazione è stata danneggiata.
È bene sapere che conservare materiale di questo tipo sul proprio telefonino è da considerarsi reato perché risulta detenzione di materiale pornografico, se poi la foto viene inoltrata a qualcun altro sussiste anche il reato di diffusione del materiale.
Le pubblicazioni su di noi influenzano la nostra reputazione digitale che conta quando quella della vita reale. Ricordo ad esempio che una mia collega, nonostante un ottimo colloquio e le buone referenze, aveva rinunciato ad assumere una studentessa universitaria come baby sitter dopo aver visto le foto osé che la ragazza aveva pubblicato sul suo profilo Instagram.
Pubblicare troppe informazioni su di sé può facilitare l’essere vittima di truffe. Il grooming online è una tecnica di adescamento: si spulcia tra i profili delle vittime, di bambini e di ragazze, si guardano le passioni e poi con dei falsi profili, li si avvicina, per avere delle prestazioni sessuali in cambio. L’adescamento passa attraverso delle fasi: si crea un’amicizia, si riempiono di attenzioni, si interroga sulla disponibilità al rischio, se il ragazzo è solo, se gli adulti controllano… Poi si chiede di tenere segreta la relazione fino a che si fanno delle richieste di carattere sessuale. La richiesta di mantenere segreta la relazione è sicuramente un indice di non fidarsi.
L’adescamento non riguarda solo i bambini e i ragazzi. In rete ci sono tantissimi manipolatori che creano dei profili come filantropi e adescano donne per estorcere prestazioni di tipo economico o sessuale. Ci sono delle organizzazioni che utilizzando foto di persone importanti, come militari e chirurgi e adescano donne che hanno sempre lo stesso profilo: donne che hanno vissuto lutti, traumi, malattie di figli, situazioni che hanno minato la loro autostima e le fanno sentire meno attraenti. Ad un certo punto arriva loro la richiesta di amicizia da parte di un personaggio importante. Inizia l’amicizia e in seguito c’è la richiesta di un aiuto economico, ad esempio un generale in Siria che deve fare operare un figlio ma non ha il denaro. Spesso le vittime hanno poco reddito e sperperano il loro patrimonio dietro a questa truffa.
Lo sharenting, infine, è la condivisione esagerata delle informazioni sui propri figli. I figli possono vergognarsi di quanto è stato postato: ci sono stati casi in cui i figli, raggiunta la maggiore età, hanno fatto azioni legali per chiedere i danni ai loro genitori. Le foto messe in rete dei bambini sono disponibili per chiunque e possono trasformarsi in materiale pedopornografico. Ci sono tecniche precise per fare copia e incolla di immagini, quindi non solo foto di nudi ma di tutte le immagine per via dei fotomontaggi. Le foto poi possono finire in siti di pedofili. Stiamo attenti a non alimentare questo mercato!
È importante fare una adeguata sensibilizzazione nei confronti dei pericoli della rete perché, come nei casi che vi ho illustrato, un’azione fatta con troppa leggerezza può portare a delle conseguenze molto gravi.
Per maggiori informazioni: www.psicoborgaro.it