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sabato, Luglio 27, 2024

    Essere o avere?

    Passati studi hanno dimostrato che in seguito ad un incendio delle persone che avevano perso tutto non sapevano più chi fossero, avevano una crisi di identità perché, non avendo più le proprie cose, avevano difficoltà a dare una definizione di sé.

    Le cose che possediamo ci sembrano avere più valore di quelle degli altri, perché le arricchiamo dei nostri affetti e della nostra storia: immaginiamo quanto vale per noi una vecchia maglietta consumata che ci ricorda la gioventù e la spensieratezza.

    Ci sono persone che danno talmente valore ai propri oggetti da essere incapaci di sbarazzarsene: si tratta degli accumulatori compulsivi, persone che, a causa della loro patologia, non sono più in grado di discriminare cosa è utile e cosa non serve. Tutto potrebbe rivelarsi indispensabile e per loro fare le pulizie di casa è una grande sofferenza.

    Il marketing ha ben presente quanto gli oggetti che possediamo influenzino la nostra identità, tanto che i marchi più venduti e costosi, non sono necessariamente più funzionali, ma ci danno un’identità. Un esempio eclatante è il marchio Apple (azienda che produce dispositivi multimediali): davvero questo brand offre migliori telefoni e computer, oppure afferma una concezione della vita? Questa seconda possibilità potrebbe spiegare il motivo per cui delle persone sono disposte a mettersi in fila di notte davanti ai negozi per aggiudicarsi per primi l’ultimo prodotto Apple.

    Gli psicologi definiscono materialismo la condizione di chi è convinto che il benessere dipenda principalmente dal possesso e dall’acquisto di certi prodotti. I materialisti identificano lo shopping come un rimedio per combattere lo stress e credono che gli altri li valutino soprattutto per le cose che possiedono. Sono certi che le cose che hanno rendano la loro vita più serena, ma sembrerebbe il contrario: i materialisti sono più ansiosi ed impulsivi e la tendenza a spendere in modo eccessivo intacca le loro finanze. Anche se nel breve termine fare shopping può dare soddisfazione, nel lungo termine diventa un problema: si rischia di entrare in un circolo vizioso, ci si sente insicuri e si fanno nuovi acquisti per aumentare la stima di sé.

    Dato che sempre di più ci si sta rendendo conto della trappola del materialismo, come reazione ci sono persone che iniziano a definirsi minimalisti e tentano di vivere in controtendenza. I minimalisti detestano possedere tante cose inutili ma vogliono circondarsi di un numero limitato di beni, duraturi e di valore. I più estremi rinunciamo perfino ad avere una casa intesa in senso classico e vivono nelle tiny house, che sono abitazioni prefabbricate (per curiosità allego un’immagine), a volte su un basamento mobile, che permettono di spostarsi a seconda di dove si sceglie di vivere. Si tratta di tentativi per allontanarsi dalla società dei consumi ed avere maggiore benessere psichico.

    Secondo molti però il minimalismo non è altro che un’evoluzione del consumismo: bisogna permetterselo! Infatti, esiste tutto un mercato per minimalisti: libri, zaini e prodotti che dovrebbero semplificare la vita.

    Tra i minimalisti sta andando di moda non regalarsi oggetti ma esperienze. Gite e concerti legano di più le persone che non lo scambio di oggetti, ma queste esperienze hanno un costo e bisogna potersele permettere: insomma, sembra proprio difficile allontanarsi in modo deciso dal consumismo.

    Le ricerche sostengono che il piacere legato ad un’esperienza dura più a lungo di quello legato al possesso, inoltre, le esperienze generano emozioni che sono sperimentate in maniera personale, difficile da confrontare con quelle vissute dagli altri, mentre al contrario, gli oggetti posseduti sono più facili da paragonare con quelli degli altri: questi continui raffronti non fanno molto bene alla nostra autostima. Insomma, sembrerebbe più salutare per la mente fare esperienze che possedere oggetti, che pare essere in effetti la tendenza delle generazioni più giovani. Anche qui però c’è l’aspetto collaterale: si può essere ossessionati dal fare sempre di più, dal provare sempre più emozioni, entrando senza accorgersene nel solito circolo del consumismo.

    Per concludere, siamo in una società consumistica: sia che compriamo oggetti, oppure che compriamo esperienze, siamo dei consumatori. Come possiamo raggiungere un maggiore equilibrio e non cedere alla tentazione di entrare in vorticosi circoli viziosi? Forse dobbiamo fermarci a dare il giusto valore alle cose che possediamo o alle esperienze che facciamo: guardarci attorno con attenzione, osservare le cose che abbiamo con tenerezza, collegarle alle esperienze fatte, perché ci raccontano la nostra vita. È proprio così: siamo anche ciò che possediamo, oltre a quello che facciamo.

    www.psicoborgaro.it

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