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martedì, Marzo 19, 2024

    Santina Gregoris, una donna di coraggio e di libertà e Andrea Enrietti, un valoroso ufficiale, medaglia d’argento

    Santina Gregoris, una donna di coraggio e di libertà

    Ha cento anni, ma ricorda ogni particolare della sua intensa vita – ha scritto la giornalista Nadia Bergamini il 5 marzo 2012 sul Risveglio. Santina Gregoris è stata membro del Cnl, per dodici anni nella commissione interna del Lanificio Bona, fondatrice a Caselle dell’Udi, l’Unione donne italiane, con più di cento iscritte. Ha combattuto per la libertà e la democrazia, a rischio della propria vita.
    Nata a Ciano Decimo in provincia di Pordenone, Santina è arrivata a Caselle a 14 anni con le suore dell’Immacolata Concezione. Il Lanificio Bona aveva bisogno di operaie e lei fu una delle giovanissime lavoranti dello storico stabilimento di Caselle. «Stavo in convitto dalle suore – racconta – con altre compagne, strappate alla nostra terra per guadagnarci un pezzo di pane. A Caselle, però, sono stata bene. Ho fatto amicizia e proprio qui è maturata la mia passione per il teatro che ancor oggi porto nel cuore e pratico». Quando Santina aveva 19 anni il lanificio andò in crisi e lei decise di tornare a casa dove rimase per qualche anno, si sposò ed ebbe due figli. Anni non facili di difficoltà e miseria. Poi arrivò la guerra e Santina decise di tornare a Caselle con tutta la famiglia. Le suore, con cui era rimasta sempre in contatto, le offrirono un alloggio in zona Caldano e Santina tornò, dopo un breve periodo in cui svolse la professione di rammendatrice, a lavorare al Lanificio Bona. I tedeschi spadroneggiavano, c’erano i bombardamenti, bisognava aiutare i partigiani. Santina e tante giovani donne di Caselle furono il vero e proprio supporto e collegamento logistico nella guerra di liberazione. «Dovevamo sapere quando i partigiani scendevano dalle montagne – racconta – per preparargli i sacchi di cibo o aiutarli a nascondersi». Come facevate? «Alcune di noi attraversavano il paese con un mazzolino di fiori in mano – ricorda – e lo portava a noi in fabbrica che organizzavamo il supporto. Dentro a quei fiori c’erano tanti segreti. Era un modo per comunicare». Rischiavate la vita tutti i giorni? «Sì – risponde – ma non si poteva vivere in quel modo. Sapevamo che se fossimo state intercettate saremmo state uccise, ma lo facevamo per un futuro migliore per i nostri figli, per riavere democrazia e libertà».
    Santina ha visto morire tanti partigiani, anche i cinque giovani che ogni anno Caselle ricorda il 2 febbraio. «Li fucilarono senza pietà – racconta, mentre la voce siincrina – Quel giorno lo ricordo come se fosse ieri. I ragazzi furono trucidati, li vedemmo per terra, crivellati di colpi e coperti di sangue. Sono cose che non si possono dimenticare. Aspettammo che i tedeschi se ne fossero andati, poi con altri partigiani li mettemmo nella paglia per trasportarli al cimitero».
    Ogni anno Santina, dalla casa di riposo Baulino, che si affaccia proprio sulla piazzetta dove c’è la lapide che ricorda quel sacrificio, dalla finestra della sua camera sventolava il tricolore. «Mi mancherà non poterlo più fare – dice – là dove ci trasferiranno (nel nuovo Baulino) non vedrò più la lapide e il Prato della Fiera». L’impegno di Santina non si è esaurito però nel periodo del Cnl, è proseguito per anni al servizio delle donne. «Per conquistare parità, eguaglianza nel mondo del lavoro e dignità – conclude – Per le mie battaglie il Lanificio Bona, approfittando di una crisi, mi ha licenziata a 54 anni»
    Santina Gregoris nacque il 18 dicembre del 1912, sposò Libero Perlin ed ebbero due figli, Tommaso e Giorgia (nella foto con la mamma). Morì al Baulino di Caselle nel marzo del 2012, a pochi mesi dei suoi cent’anni.
    Dopo la sua morte l’ANPI di Caselle e Mappano ha intitolato la sezione con il nome di Santina Gregoris. Lo meritava; tra l’altro ci mancherà il suo gioioso sventolare ogni anno la bandiera tricolore alla cerimonia del 25 aprile che si svolge davanti al cippo dei caduti di fronte al Baulino, uno sventolio fiero e silenzioso dalla finestra dell’ultimo piano dell’ex ospedale. Un gesto che da solo spiega una vita intera.

    Andrea Enrietti, un valoroso ufficiale, medaglia d’argento

    Il sottotenente Andrea Enrietti nacque a Caselle Torinese il 18 aprile del 1919 e morì sul fronte russo il 15 gennaio del 1943. Aveva 23 anni.
    Apparteneva a una distinta famiglia casellese, si era diplomato geometra e aveva tutta una vita davanti.
    Poi arrivò la guerra e Andrea fu inviato come sottotenente nella cosiddetta “campagna di Russia”. Fu una tragedia immane, migliaia di morti, una ritirata senza scampo, una desolazione di neve e ghiaccio nel corpo e nell’anima.
    La campagna italiana di Russia rappresentò la partecipazione militare del Regno d’Italia all’operazione Barbarossa, lanciata dalla Germania nazista contro l’Unione Sovietica nel 1941. L’impegno di prendere attivamente parte all’offensiva tedesca
    fu deciso da Benito Mussolini alcuni mesi prima dell’inizio dell’operazione, quando venne a conoscenza delle reali intenzioni di Adolf Hitler, ma fu confermato solo nella mattinata del 22 giugno 1941, non appena il dittatore italiano fu informato che quello stesso giorno le armate tedesche avevano dato il via all’invasione.
    In agosto del 1942 scoppiarono i primi veri e propri combattimenti che impegnarono in particolar modo la divisione Pasubio che dette ottima prova di sé, anche se il problema dell’impreparazione si manifestava in modo sempre più insistente. Il Corpo di spedizione italiano in Russia dimostrò immediatamente di non essere all’altezza della situazione sia come qualità che come quantità di armamenti e mezzi trasporto: per esempio i carri armati erano inadeguati alle caratteristiche delle rotabili.
    Il 15 gennaio 1943 una seconda grande offensiva sovietica a nord del Don travolse gli Alpini ancora in linea, i quali, mal equipaggiati e a corto di rifornimenti, iniziarono una ritirata nella steppa, incalzati dalle divisioni sovietiche e costretti a patire enormi sofferenze.
    Ma il casellese Sottotenente Andrea Enrietti lottò con il suo 81° Reggimento sempre valorosamente, fino alla morte. Per il valore, per il suo ardimento, per la sua generosità, fu decorato della Medaglia d’argento al valor militare sul campo. Di questo nostro eroe di guerra abbiamo brani originali delle sue ultime lettere dal fronte russo. Eccoli:
    Il 24 ottobre del 1942 scriveva, tra l’altro:
    “Oggi ho letto il messaggio trasmesso dal nostro colonnello: la linea assegnata all’81° è intatta; dove sventola la bandiera di questo reggimento è la vittoria”.
    Il 2 dicembre del 1942:
    “Miei cari genitori, il vostro Piccinin vi fa onore. Sono stato proposto per la medaglia d’argento sul campo. Sono contento soprattutto per Voi…”
    Il 10 dicembre del 1942 (35 giorni prima di morire):
    “Credevo di poter attendere una licenza e invece c‘è niente da fare, inutile nutrire speranze che si paleserebbero vane. Certe notti la mia immaginazione corre a Voi,corre a Caselle, dove giungo improvvisamente. Il mio cuore accelera i battiti…Come deve essere bello!
    …Ho eseguito le mansioni affidatemi con zelo e infine con un po’ di coraggio. Vi trascrivo l’elogio del Comando tedesco:
    “Esprimo i miei sentimenti di riconoscenza alla pattuglia del 81° Reggimento di Fanteria ed al suo Comandante per l’azione, ben preparata ed abilmente eseguita oltre il Don. L’attività porta sempre vittoria”. Generale Von Obstfelder.
    Infine pubblichiamo la motivazione della concessione della Medaglia d’argento al valor militare sul campo:
    “Il S. Tenente ANDREA ENRIETTI, comandante del plotone esploratori di battaglione, conduceva brillantemente il proprio reparto in una ardita azione oltre il Don. Lanciatosi, con giovanile baldanza e con indomita fierezza alla testa del proprio Reparto contro munite posizioni nemiche, riusciva, a colpi di bombe a mano, ad infliggere al nemico gravi perdite, catturando prigionieri e armi.
    Fronte Russo – Paseka – 24 dicembre 1942. Firmato: Il Generale di Corpo d’Armata Comandante Francesco Zincale.
    Una storia di guerra, questa, di ottant’anni fa. Oggi l’eroica e tragica morte di Andrea Enrietti sia un fervido auspicio perché la pace ritorni.

    Gi.Ri.

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    Gianni Rigodanza
    Gianni Rigodanza
    Gianni Rigodanza è un giornalista e scrittore. Maestro del lavoro, Casellese dell’Anno, premio regionale di giornalismo; tra i fondatori, redattore e direttore di Cose Nostre per 32 anni. Finalista del 3°concorso letterario Marello. Autore di diversi libri di storia locale. Ha scritto per il Risveglio, Oltre e Canavèis.

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