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sabato, Luglio 27, 2024

    Gabriella Guarino, il volto buono della radioattività

    Un sorso di futuro

    Non è facile parlare di radioattività, oggi più che mai. Evocare questa parola vuol dire immaginare centrali in avaria, funghi atomici, contaminazioni… Nel mondo dell’informazione pret-à-porter, che galleggia sul “detto dai social e confermato dai media”, la radioattività ha una fama altamente negativa.  Eppure, c’è chi ne ha fatto un lavoro e soprattutto una passione. Gabriella Guarino, casellese d’adozione, è un’Esperta di Radioprotezione di professione e un’appassionata divulgatrice scientifica; parlare con lei vuol dire scoprire anche il volto buono della radioattività, quello più nascosto e misconosciuto.
    “Dopo la laurea in Fisica – racconta Gabriella – ho deciso di seguire il percorso di formazione per abilitarmi come Esperto di Radioprotezione di II grado e, dal 2013 svolgo questo lavoro come libero professionista.
    Durante gli studi universitari ho scoperto l’esistenza di questa professione e, da allora, ho coltivato un forte interesse per la radioattività; oggi mi reputo una persona fortunata perché svolgo il lavoro che ho scelto di fare e che più di ogni cosa mi appaga nella vita. In sostanza, mi occupo di sicurezza sul rischio radiologico: è un lavoro dinamico e vario che mi mette in contatto con realtà diverse su tutto il territorio nazionale, spazio dal settore industriale a quello sanitario, dai monitoraggi ambientali alla formazione. Ogni mia attività è finalizzata a garantire la sicurezza dei lavoratori, della popolazione e dell’ambiente dai rischi dovuti alle radiazioni ionizzanti (raggi X e radioattività naturale e artificiale).
    Nel 2020, Insieme ad un gruppo di colleghi, accomunati dalla stessa passione, abbiamo pensato di unire le  forze con l’idea di creare un museo virtuale sulla radioattività. Il sito, che è stato inaugurato sul web nel 2022, è uno spazio virtuale che vuol  rendere fruibile a tutti  questa tematica troppe volte osteggiata ed incompresa con pregiudizi che nulla hanno a che vedere con la scienza e la tecnica.
    Il museo mette a disposizione nove sale, nove  diversi punti di vista sulla radioattività  che ci circonda ed è presente in oggetti e prodotti di consumo oltre che in molti alimenti. L’acqua è radioattiva? Le acque sorgive portano con sé buona parte degli elementi che si trovano nel terreno, tra cui radio, radon,  torio ed attinio. È normale ritrovarli in diverse concentrazioni anche nelle acque minerali comunemente commercializzate, pur senza conseguenze nocive. Nella sala 3, ad esempio, si scopre che, a cavallo tra le due guerre mondiali, la radioattività era sinonimo di innovazione e futuro per cui la pubblicità faceva a gara per promuovere dentifrici radioattivi che contribuivano al rafforzamento di denti e gengive o a chiosare in una forma oggi improponibile: “THO-RADIA, la crema radioattiva antirughe per abbellire le donne. Alle donne sta ora approfittarne! Resti brutta chi lo desidera!”
    Una delle mie sale preferite è la n. 4, la Biblioteca, dove si spazia da libri antichi – la radioattività ha preso forma nel 1895 – ed attuali, a fumetti e locandine di film, tutti letti o recensiti con la massima attenzione così da stimolare la curiosità del visitatore. Una delle convinzioni che alimenta la “radiofobia” è che l’irraggiamento di alimenti od oggetti renda radioattivo il materiale e perciò nocivo. È stata dedicata una sala per spiegare che, in realtà, questo processo industriale, viene praticato da molto tempo sia per scopi di sterilizzazione o riduzione della carica batterica che per trattamenti “migliorativi” del prodotto stesso. Contrariamente a quello che si può immaginare, sono moltissimi i prodotti di utilizzo comune che vengono sottoposti ad irraggiamento: si va dai cosmetici, ai tappi di sughero, agli stuzzicadenti, alle patate e all’aglio. Negli Stati Uniti l’informazione che è stata data ai consumatori è stata imponente; in alcuni supermercati è possibile trovare oltre al reparto dei prodotti “bio” anche quello dei prodotti “irradiated” dove un piccolo marchio informa che il prodotto è stato sottoposto a radiazioni ionizzanti. Nella sala 6 è possibile incontrare gli scienziati che hanno dato un contributo a questa branca scientifica, raccontati per la loro grandezza ma anche nella loro “umanità”; poi ci sono personaggi alquanto curiosi come il golfista Byers: andate a leggere la sua incredibile storia!
    Ancora si può vistare la sala degli oggetti di culto, comparsi sul mercato e poi spariti per le più svariate ragioni come: Hazmat Guy, un ormai irreperibile personaggio della Lego che rappresenta uno spaventato tecnico che indossa una tuta anti-radiazioni e una sorta di lanciafiamme che simula uno strumento per le radiazioni.
    Abbiamo ritenuto opportuno dedicare particolare attenzione alla disinformazione: teorie strampalate, bufale legate ai canali d’informazione e ai social che propagano notizie allarmistiche e scorrette a cui noi affianchiamo contro-risposte basate su criteri scientifici.
    Le banane sono radioattive? Sì, lo sono leggermente per la presenza di una forma radioattiva di potassio. In realtà anche il nostro corpo lo è in quanto questo elemento è presente in quantità più elevate, ma per morire avvelenati da radiazioni da ingerimento di banane, bisognerebbe mangiarne 10 milioni in una volta! Sempre sul web vengono diffusi elenchi di smartphone definiti radioattivi! Anche in questo caso occorre riformulare correttamente l’informazione distorta: i telefonini emettono campi elettromagnetici a frequenza diversa che ricadono nella categoria delle sorgenti di radiazioni non ionizzanti perciò non esiste relazione con raggi X, raggi gamma o altre radiazioni esotiche.
    Qualche mese fa una notizia giornalistica parlava di “rinoceronti radioattivi” e spiegava come si stesse sperimentando la possibilità di inoculare sostanze radioattive nei corni dei rinoceronti (senza alcuna conseguenza per l’animale) per renderli tracciabili dalle dogane e scoraggiare così i bracconieri che in Asia e Africa uccidono ogni anno centinaia di esemplari per contrabbandarne il corno. Il progetto è seguito da scienziati qualificati e, se lo studio otterrà i risultati attesi, sarà l’ennesima ottima applicazione della radioattività a servizio della vita.
    Il nostro museo è in costante evoluzione e, tra i progetti futuri, grazie anche alla collaborazione con alcuni dottorandi dell’Università del Salento, c’è quello di crearne una versione tridimensionale nel quale muoversi grazie alla realtà virtuale.
    Io insieme al curatore (e cuore pulsante) del museo Franco Cioce e tutto il team (Fabiana, Francesco, Valeria e Filippo), invitiamo tutti a visitare il nostro museo; siamo certi che rimarrete stupiti scoprendo aspetti nuovi e siamo fiduciosi che la conoscenza permetterà di superare paure e diffidenze: www.museodellaradioattività.it”. Dante Alighieri diceva: “Non può comprendere la passione chi non l’ha provata”. Per anni ho creduto che la mia passione fosse la radioattività, ma poi ho capito che ciò che mi appaga maggiormente è godermi l’espressione sul volto di chi mi ascolta quando parlo di radioattività”

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