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domenica, Ottobre 13, 2024

    La tortura, un crimine ancora giustificato


    La guerra in Ucraina sta proseguendo da oltre un anno. Questa guerra ha portato la specie umana a macchiarsi nuovamente di atroci crimini. Mi ha colpita l’utilizzo, come purtroppo in tutte le guerre, della tortura. È usanza diffusa cercare di strappare informazioni ai “nemici” utilizzando ogni tipo di crudeltà venga in mente, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Però in quei frangenti, presi dalla necessità di carpire i più nascosti segreti, i torturatori non perdono tempo a chiedersi se le cose agghiaccianti che si apprestano a fare su dei poveri corpi immobilizzati possano davvero portare ad una confessione. Oppure, la spinta è data da una più primitiva crudeltà che trova occasione di essere soddisfatta.

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    Nella maggior parte dei casi le modalità di tortura sono identiche a quelle del medioevo: il torturatore utilizza il proprio corpo, oppure fabbrica degli strumenti per infliggere il massimo della sofferenza al torturato. In alcuni paesi la tortura è diventata più sofisticata, provocando tormenti psicologici che causano angoscia e senso di disperazione. Mi sono documentata sul sito di Amnesty International, dove si spiega come la tortura alimenta anche un certo mercato: esistono delle aziende che producono sofisticate macchine per tortura. Sinceramente non immaginavo…

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    Negli ultimi cinque anni Amnesty International ha censito torture e maltrattamenti in tre quarti dei paesi del mondo, in alcuni viene utilizzata la tortura in modo incontrollato, in altri solo per casi particolari.

    Perché ho deciso di trattare questo argomento? Il motivo è che, dato che sentire queste notizie mi turba parecchio, mi sono chiesta (la stessa domanda se la sono già fatta in tanti prima di me) se la tortura serve a qualcosa. Dai dati disponibili sembrerebbe che: la tortura non serve assolutamente a nulla. È uno strumento di indagine inefficace, che non porta la persona a rivelare i segreti che da lui ci si aspetta. Questo è stato dimostrato dagli studiosi che se ne sono occupati e dalle persone che hanno subito torture e sono sopravvissute per poterlo raccontare.

    Nonostante molti atti internazionali proibiscano la tortura, purtroppo, dal 2001 è stata riabilitata. La scusante della lotta al terrorismo ha portato il Governo degli Stati Uniti a costruire il carcere di Guantanamo. I metodi di interrogatorio discutibili autorizzati dal Governo Bush in realtà non hanno prodotto informazioni per localizzare Bin Laden: i detenuti hanno fornito ogni tipo di indicazioni non veritiere solo per far placare la tortura.

    Ma se non funziona, perché si continua ad usarla? Il torturatore si aspetta che ad un certo punto il torturato crolli e risponda: nella tortura è così, il torturato stremato crolla e risponde, ma non fornisce informazioni precise ed utili! Diventa disponibile a raccontare qualunque cosa ci si aspetti da lui, pur di essere lasciato in pace. L’obiettivo da raggiungere sembrerebbe di più sottomettere l’altro, più che farsi dire la verità.

    La sofferenza generata dalla tortura causa l’alterazione dei ricordi. Quando una persona è sottoposta a condizioni estreme, cambia il funzionamento della memoria, che diventa imprecisa. Per questo, una persona che si sente accusata e spaventata, può avere l’impressione di aver vissuto accadimenti a lui estranei. Eppure, nonostante le evidenze scientifiche, i torturatori vogliono credere che la tortura funzioni e per questo è giustificabile Sarebbe opportuno che i decisori politici, qualora necessitino estorcere informazioni riservate, adottino tecniche umane ed efficaci. Oggi la scienza privilegia dei metodi di interrogatorio compatibili con i diritti umani. Si è visto che è fondamentale stabilire prima una sorta di alleanza con l’interrogato, e dopo interrogarlo.

    Per essere efficaci, gli interrogatori non devono essere accusatori e basarsi sulla confessione di un essere umano stremato dal dolore. Bisogna poi tenere in considerazione che le persone che sposano alla perfezione le proprie cause non sono disposte a cedere: preferiscono morire pur di tradire quello in cui credono. Negli interrogatori si chiudono nei silenzi. Non rimane che utilizzare tecniche di persuasione, facendo ad esempio notare che altri complici hanno già parlato, oppure iniziare a fare rispondere a domande più banali e via via approfondire sempre più…

    Per fortuna in Italia dal 2017 è stata approvata una legge che stabilisce che la tortura è un reato. Le Nazioni Unite la definiscono come un crimine, ma solo una parte degli stati del mondo ha accettato di firmare il trattato entrato in vigore nel 1987.

    In conclusione, pare non esserci nessuna giustificazione per continuare ad utilizzare la tortura negli interrogatori. Ciò che si riesce invece ad ottenere può essere la morte del torturato in casi estremi, oppure dei danni permanenti sia fisici ma soprattutto psicologici. Questo sembrerebbe l’unico risultato raggiunto dalla tortura: peggiorare o eliminare il futuro del torturato.

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