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martedì, Marzo 19, 2024

    Predatori in attesa

    “Buongiorno! lei ha un’assicurazione?”
    La cosa è cominciata tempo fa, quasi in sordina, e sinceramente non ci facevo caso. Oggi è la prima domanda che mi sento rivolgere allorquando mi reco allo sportello prenotazioni, alla cassa dell’ ASL, o presso una clinica qualsiasi quando si verifica la necessità di una visita, una terapia, una qualunque prestazione.
    La domanda alla quale tempo fa non davo importanza ormai la ritrovo ogniqualvolta il mio corpo necessiti di un tagliando e di una verifica dei componenti.
    Ovviamente non sono il solo: ci siamo dentro praticamente tutti.
    L’ istanza che un tempo non veniva posta ha iniziato a insinuarsi prima quasi timidamente agli sportelli, ora sfacciatamente.
    Preferisci un’attesa durante la quale vedrai arrivare un paio di volte l’inverno (va bene anche l’estate, fate voi) durante la quale le tue speranze di cura o di guarigione crolleranno come azioni della Parmalat o hai la possibilità di mettere mano ai risparmi e toglierti il problema?
    Inesorabilmente la sanità è stata consegnata nelle mani dei privati e da qui, a volte, la necessità di una assicurazione:  col passare degli anni quando gli acciacchi aumentano e gli appuntamenti sono rimandati all’anno che verrà, questo bisogno si fa sentire impellente.
    E le assicurazioni?
    Giusto per fare un paragone, penso all’enorme mandria di gnu che deve necessariamente guadare il fiume impetuoso mentre ad attenderli ci sono i coccodrilli: questi lasciano passare i primi, giusto per lasciare uno spiraglio di fiducia nei poveri bovini. Un minuto dopo è una mattanza.
    Se preferite, il paragone del fiume con i piranha è simile. Il bovino sempre quella fine fa: spolpato.
    Non mi dilungo su chi interpreti la parte dei bovini e chi dei coccodrilli o dei piranha.
    Il percorso è a ostacoli fin dall’inizio: i medici di base  hanno difficoltà a prescrivere alcune prestazioni, altri non vogliono, altri ancora le concedono, altri rimandano la patata bollente allo specialista.  Una volta ottenute, spesso con fatica, inizia la logorante attesa al call center del SovraCup, durante la quale possiamo ascoltare in loop dei brani classici: tra i più gettonati la Primavera di Vivaldi; non tutta ovviamente ma sempre lo stessa parte, interrotta solo dall’avviso che tutti gli operatori sono occupati con la raccomandazione di non riagganciare per non perdere la priorità.
    La sanità, le prestazioni, vengono trattate esattamente come qualsiasi altro genere merceologico: cambia ciò che si “acquista” ma il metodo ormai è lo stesso. Dopo aver constatato che ottenere una visita col Servizio Nazionale vorrebbe dire attendere l’anno successivo, ci indirizziamo nel privato; dopo aver pagato (solitamente prima del consulto) una media di 150 euro iniziano le telefonate da parte della clinica, l’invio di mail con i preventivi (parlo di un eventuale intervento) esattamente come quando si esce dal concessionario dopo aver valutato un’auto o un appartamento nuovo nel caso di una agenzia immobiliare.
    Stessa insistenza. La nostra salute sfruttata come fonte di guadagno per i privati. Da qui in poi le assicurazioni entrano in gioco: in una popolazione sempre più anziana, costretta a lavorare ancora per anni, queste si insinuano tra la nostra salute e le prestazioni mediche diventando quasi indispensabili.
    È un mercato fiorente, il business del futuro: con una umanità che invecchia e vive più a lungo gli anziani diventeranno se non la maggioranza, sicuramente una percentuale importante e investire nel settore arricchirà molti avvoltoi, che girano in tondo aspettando la prossima preda, e ci metto dentro pure le case di riposo dai costi esorbitanti, impossibili da affrontare.
    Che pena vedere gente tra i 65, 70 anni, che ha già delle patologie, sorreggere nei corridoi degli ospedali i propri cari che sono già ultranovantenni.
    Per la sanità buone notizie all’orizzonte non ce ne sono.
    Chi dovrebbe occuparsene è troppo preso dalla povera Jj4, dal ponte sullo stretto, dalle vignette sataniche di Natangelo.
    Ma a pensarci bene qualcosa funziona: è tutto concentrato dentro una battuta calzante con le festività pasquali.
    “…e l’angelo disse: – Non cercatelo qui, egli è risorto! -.
    E le tre donne lasciarono il San Raffaele.

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    Luciano Simonetti
    Luciano Simonetti
    Sono Luciano Simonetti, impiegato presso una azienda facente parte di un gruppo americano. Abito a Caselle Torinese e nacqui a Torino nel 1959. Adoro scrivere, pur non sapendolo fare, e ammiro con una punta di invidia coloro che hanno fatto della scrittura un mestiere. Lavoro a parte, nel tempo libero da impegni vari, amo inforcare la bici, camminare, almeno fin quando le articolazioni non mi fanno ricordare l’età. Ascolto molta musica, di tutti i generi, anche se la mia preferita è quella nata nel periodo ‘60, ’70, brodo primordiale di meraviglie immortali. Quando all’inizio del 2016 mi fu proposta la collaborazione con COSE NOSTRE, mi sono tremati i polsi: così ho iniziato a mettere per iscritto i miei piccoli pensieri. Scrivere è un esercizio che mi rilassa, una sorta di terapia per comunicare o semplicemente ricordare.

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