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mercoledì, Ottobre 9, 2024

    Thriller tricologico

    Davanti allo specchio, ho in mano una ciocca attorcigliata di capelli e un paio di forbici neppure troppo affilato…
    È la mia rivolta estrema a un cartello sulla vetrina del mio amato parrucchiere che stamane mi avvertiva di aver deciso di lasciare tutto e mettersi a girare il mondo per un po’, almeno fino a quando la delusione di avvenimenti interni -che non conosco-  si sia stemperata. Non temete, il gesto ardimentoso del taglio self- made è nato un bel po’ di anni fa, durante l’ultima seduta nel salone di un parrucchiere di grido(urlava anche il portafogli…) che tagliandomi i capelli, rispondeva al telefono, dava consigli alla signora adiacente-cliente-chic e nel contempo sfilava, sforbiciava, lanciava in alto ciuffi come Nick mani di forbice. Fino a quel momento avevo ritenuto i miei capelli oggetti intoccabili dalle mie mani, mai e poi mai li avrei tagliati da sola. Quasi un peccato da confessare, un reato da psicoanalizzare! Detto fatto: ho cambiato parrucchiere e da quel giorno comunque la mia filosofia tricologica è cambiata: un paio di aggiustatine… personali, di gran risparmio e poi il taglio giusto, quello che solo un buon parrucchiere sa fare. Non uno di quelli improvvisati, ma uno di grande scuola,  con alle spalle anni di esperienza, di fatica per mantenersi al passo e anzi anticipare e creare mode. Quando decido che è ora di dare un taglio, lo sanno tutte le donne, vuol dire che è ora di fermarsi un attimo e dedicarsi un po’ di tempo, è ora di entrare in quello spazio di buoni profumi, di mani che leggere ti massaggiano con lo shampoo, mentre ad occhi chiusi ti godi un meritato relax. Ero una ragazzina quando entrai per la prima volta da un parrucchiere famoso di Ciriè e ne uscii con un taglio alla maschietta che spaventò non poco le buone suore di Maria Ausiliatrice, nel cui istituto avevo superato l’esame di ammissione alle medie, qualche mese prima,  con lunghe trecce da brava bambina. Ma tant’era… In colonia mi ero riempita di certi pidocchi che le zie e la mamma avevano impiegato giorni e giorni a far sloggiare!(adesso sono tornati di moda, ma allora avevo gridato disperata che se davvero avessi avuto i pidocchi, mi sarei buttata giù dalla finestra per la vergogna!)
    Un altro momento importante del percorso storico del mio rapporto con un parrucchiere fu quando la Direttrice Sr. Mazza colse uno sfavillìo strano sulla mia testa durante il quotidiano “Buongiorno” alle alunne. Dovetti ammettere che da mesi, forse un paio d’anni, tentavo di schiarirmi un ciuffo di capelli alla Rita Pavone. Usavo una semplice acqua ossigenata…e finalmente il ciuffo dopo molti tentativi si era un po’ schiarito, ma un inconsapevole raggio di sole mi aveva tradita. Ero vanitosa e per castigo dovevo tornare il giorno dopo con i capelli …normali. Buffo dover ricorrere al parrucchiere, anzi correre con la mamma a far tingere i capelli! Intanto loro, i capelli, ricrescevano e dalle riviste di moda sbucavano Jane Birkin, Brigitte Bardot, Françoise Hardy: capelli liscissimi, a piombo! Perché non esiste un consulto gratuito per adolescenti per far capire che se hanno i capelli crespi, ricci, mossi, ondulati, a spago è bene valorizzarli per come sono e non tentare di farli diventare altro? Io li avevo ricci (un riccio che poi tutte le clienti del parrucchiere  chiedevano…) ma non lo sapevo o credevo di poterlo ignorare! A Parigi durante un soggiorno per la tesi di laurea conobbi  una ragazza fiorentina: “Vuoi i capelli lisci? Basta fare la “svedese”! Lo ricorderanno tante mie coetanee: i capelli bagnati vanno arrotolati attorno alla testa stretti stretti e asciugati così. Al termine della fatica i miei capelli ramati scendevano come una cascata luccicante sulle spalle, mi sentivo una vamp…ira?Peccato che l’umidità del clima parigino desse subito una mossa al mio liscio, creando effetti indesiderati, per non parlare delle estati e del clima marino che inanellavano ricci e sale, alghe e vento.  Devo al parrucchiere di grido (senza nome) la rivelazione: “ Ma cosa vuoi fare con questo liscio, lascia liberi i tuoi capelli, sarai più libera anche tu!” E me lo doveva dire lui!? Proprio così. Questo per sottolineare l’importanza di uno specialista che sappia guardare il tuo viso, studiare la tua capigliatura e indovinare un po’ di te, quello che neppure tu sapevi ancora. Ora convivo con i riccioli e mi ritengo fortunata perché i miei tagli spavaldi vengono debitamente coperti da un mare tempestoso e …spumeggiante.
    Grazie al piccolo avviso di cui sopra, mi è venuta una gran voglia di scoprire se qualcuno in letteratura avesse esplorato l’universo-parrucchiere per esprimere prima e meglio di me il ruolo che ha il parrucchiere nella nostra vita. Le amiche suggeriscono:” Si stabilisce un rapporto molto particolare con lui/lei, permettiamo di massaggiare la nostra testa, di toccarci le orecchie, di guardarci e farci scoprire i nostri punti di forza, o perfino i difetti da evidenziare!” E se questo vi sembra poco è perché non riflettete sul tipo di rapporto con il mondo che avrà una persona sicura di sé, pacificata con il proprio aspetto!
    “ I capelli creano rivoluzioni, esprimono tabù, balzano da noi, ci offrono agli sguardi. Si riflettono negli specchi, brillano se siamo felici, si appannano per raccontare la nostra stanchezza. Dicono. Dicono della nostra fragilità e della nostra forza. Dei nostri sogni mancati o di quelli che inseguiamo. Di ciò a cui crediamo.
    O di ciò a cui vorremmo credere.” scrive Simona Loiacono commentando una iniziativa davvero curiosa, legata alla pubblicazione nel 2009 del libro di  Elvira Seminara: “I racconti del parrucchiere”-Alberto Gaffi editore- Dalla presentazione nelle librerie si passò alla presentazione nei saloni di parrucchiere, in modo che il racconto si facesse corale, che i lettori e le lettrici potessero arricchire il libro stesso con i loro vissuti. Scrisse allora Silvana Mazzocchi su La Repubblica: “Elvira Seminara propone storie brevi che partono, arrivano, si mischiano o che sono comunque intrecciate ai capelli e ai grovigli di pensieri che spesso nascondono. Una raccolta che gira tutta intorno alle chiome e ai parrucchieri che le tagliano, acconciano, tingono e illuminano e alle teste alle quali appartengono; donne fatte di mente, carne, cuore, anima e emozioni. Secondo me la “capellite” è una categoria del pensiero, a dispetto della frivolezza rosa che evoca. I capelli sono il sacro nido del diavolo, ci connettono con la nostra psiche ancestrale. Persino Nietzsche li definiva “la soglia che separa la materia dallo spirito”… Hanno qualcosa di magico.”
    Tantissime interessanti riflessioni dunque su questo argomento!
    E allora come non esprimere un grazie sincero e motivato a chi si è preso cura di me e di tantissime altre persone in questi anni e naturalmente come non lanciare l’appello a riprendere, dopo una vacanza ritemprante, il suo importante posto senza curarsi troppo di chi ha provocato questo thriller …tricologico!!
    Naz

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    Nazarena Braidotti
    Nazarena Braidotti
    Braidotti M.Nazzarena in Gaiotto Nata a Ciriè(To), tre figli, ex insegnante a Caselle, vive a Torino. Laurea in Lettere con una tesi sul poeta P.Eluard, su cui ha pubblicato, per Mursia, un “Invito alla lettura”. Grandi passioni: la scrittura, tenuta viva nella redazione di “Cose Nostre” e altri giornali locali e l’acquerello.

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