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lunedì, Maggio 13, 2024

    Da Faenza a Conselice

    Fra i soccorritori in Emilia-Romagna anche due vigili del fuoco casellesi

    Come normalmente capita per le grandi emergenze, anche per la disastrosa alluvione dell’Emilia-Romagna che ha sconvolto in particolare le provincie di Ravenna e Forlì/Cesena i soccorsi sono arrivati da diverse parti d’Italia. Anche dal Piemonte.
    A Faenza, in particolare, fin dai primi giorni dell’evento era presente, con uomini e mezzi, una sezione operativa dei vigili del fuoco di Torino, che ha effettuato diversi interventi portando in salvo una cinquantina di persone, alcune delle quali salvate in extremis. Di questa colonna arrivata da Torino facevano parte anche i casellesi Gioacchino Alfino (Jack) e Cosimo Testagrossa.
    Con Jack ci eravamo già incrociati quando aveva raccontato a Cose Nostre la terribile esperienza dell’agosto 2018 a Genova: sia lui che Cosimo avevano fatto parte della colonna intervenuta immediatamente dopo il crollo del Ponte Morandi. Anche questa volta gli abbiamo posto qualche domanda.

    Cinque anni fa, sotto il ponte Morandi c’erano purtroppo solo cadaveri da recuperare. Questa volta, in Romagna, il vostro soccorso è riuscito a salvare vite umane, vero? Ricordi qualche episodio in particolare?

    “A Faenza siamo arrivati di sera, poco dopo che si erano rotti gli argini. Mai visto tanta acqua. Era tutto buio perché l’elettricità era saltata. La mia squadra era di nove persone; fra questi anche l’altro mio collega di Caselle, Cosimo, che ha proprio la specializzazione di soccorritore acquatico, e quindi è prezioso per emergenze come questa. Arrivati a Faenza, abbiamo messo in acqua i nostri gommoni. Non conoscendo i posti, il contorno delle vie lo capivamo dalla parte alta dei pali dell’illuminazione pubblica, che spuntava dall’acqua. Episodi particolari? Dopo aver recuperato e caricato sul gommone una prima persona, abbiamo sentito la voce di un ragazzo, che chiamava dall’interno di una casa “Sono qua”. Ci siamo avvicinati e lo abbiamo visto, alla finestra del terzo piano, in piedi su un mobile. “Sei da solo?”. “Nell’altra stanza c’è mio papà, ma forse è morto”. Siamo entrati e abbiamo recuperato l’uomo, steso di traverso su un letto, privo di sensi, ma fortunatamente vivo”.

    Questo è successo a Faenza. La seconda settimana di intervento vi hanno spostato a Conselice, vero?

    “Confermo. Ci hanno fatto spostare in quel paese, che è ancora allagato. Rispetto alla situazione che avevamo trovato a Faenza, dove erano esondati tre corsi d’acqua e il livello era più alto, a Conselice è più basso, ma sembra di essere in un mare, di acqua che però ora è stagnante e maleodorante. L’attività a favore della popolazione qui è stata quella di recupero dalle case, ad esempio di respiratori; c’è capitato anche di andare, su richiesta, a prelevare in una casa un macchinario che era indispensabile per il lavoro di una persona. Qui a Conselice il nostro lavoro principale è stato però quello di montare e collegare le idrovore: ne abbiamo montate 25, da 5000 litri al minuto ciascuna, che scaricano nel letto del Reno. Il livello dell’acqua si abbassa, ma molto lentamente”.

    In Emilia-Romagna eri già intervenuto per il terremoto del 2012. Di quella regione, che impressione hai avuto?

    “È una popolazione che non si piange addosso, ma si rimbocca le maniche. Tanto di cappello. E poi la cordialità: nonostante la disgrazia, la gente per strada ti ringrazia con calore. E questo, nel nostro lavoro, carica molto”.

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    Paolo Ribaldone
    Paolo Ribaldone
    Dopo una vita dedicata ad Ampere e Kilovolt, ora dà una mano a Cose Nostre

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