Sono anni che ci prepariamo alla realtà virtuale: basta pensare che nel 2013 i bambini passavano 15 minuti al giorno sul tablet, nel 2020 sono arrivati a 78 minuti. Nel futuro è possibile che le persone vivranno in parte nella realtà ed in parte in mondi digitali.
Che cos’è la realtà virtuale? È una tecnologia che ci teletrasporta in un mondo 3d ricostruito al computer ingannando il nostro cervello. Ha una storia molto lunga, essa nasce nel 1960. Il primo prototipo si chiamava Sensorama, ideato da Heilig, era utilizzato nel cinema. Garantiva un’esperienza coinvolgente, era in grado di riprodurre odori, suoni e sensazioni tattili. Questa realizzazione ingegnosa non ebbe successo a causa dei costi esorbitanti. Dagli anni ’90 la realtà virtuale va in crisi. Rinasce grazie a Palmer Luckey, un ragazzo di soli 19 anni che inventò il primo visore, nel 2012. La sua start up sarà poi acquistata da Facebook: oggi la realtà virtuale ha 200 milioni di utenti.
Perché la realtà virtuale funziona?
È immersiva, coinvolge interamente i nostri sensi: la vista, l’udito, ma anche il tatto grazie a guanti, tute e sensori, l’olfatto grazie agli odori.
È esperienziale, ad esempio, si può sperimentare di suonare il piano senza essere davanti ad un pianoforte vero, ed esercitandosi virtualmente si impara a suonarlo.
È trasparente, perché per entrare nella realtà virtuale si possono usare delle abilità preacquisite. Ad esempio, nel modo virtuale si può fare la spesa, afferrare oggetti… è molto più semplice ed intuitivo di utilizzare uno smartphone…
È un’illusione di presenza, dà la sensazione psicologica di esserci dentro. I nuovi strumenti di realtà virtuale permettono di muoversi nello spazio grazie alle telecamere sul visore: un passo nel mondo reale corrisponde ad un passo nel mondo digitale.
È un’illusione di incorporazione: il visore sostituisce il proprio corpo. Le persone sanno che è una finzione, ma la realtà virtuale viene percepita come se fosse vera. Questo viene confermato da numerosi esperimenti. Ad esempio, i soggetti sperimentali ricevevano una coltellata virtuale sulla mano virtuale e si agitavano come se l’avessero ricevuta davvero! Simili risultati sono stati raggiunti negli esperimenti in cui si esponevano dei soggetti a delle carezze virtuali o ad aghi che si conficcavano virtualmente sotto la pelle.
Gli studi delle neuroscienze evidenziano come la realtà virtuale aiuti l’apprendimento. A differenza delle tradizionali sessioni di apprendimento, dove le persone sono poste davanti ad un computer e devono rispondere a stimoli artificiali usando tasti e mouse, nella realtà virtuale l’utente utilizza il proprio corpo. Le persone che fanno esperienze in realtà virtuale le vivono come se fossero accadute realmente, e queste esperienze entrano quindi a far parte dei ricordi.
Proprio per queste caratteristiche, gli psicologi stanno iniziando ad utilizzare la realtà virtuale nei loro studi. Così diventa possibile potenziare cosa si può fare all’interno di una stanza di terapia. Dotando i pazienti di visori, gli psicologi permettono loro di fare esperienze come se fossero immersi nella realtà e questo li aiuta ad affrontare in modo protetto le loro paure oppure i loro pregiudizi. Ci sono software all’avanguardia che riescono a riprodurre situazioni che sarebbero difficili da creare nella realtà (come entrare nel corpo di un’altra persona). Pensate ad esempio, toccare dei ragni in una teca di vetro con le mani, prendere un ascensore o partire su un aereo! Questo è possibile dentro lo studio di uno psicoterapeuta, indossando un visore con a fianco il terapeuta che controlla attentamente tutto ciò che stiamo sperimentando. I risultati sembrano essere promettenti per le principali paure ma non solo. Ad esempio, si sono ottenuti ottimi esiti con gli esperimenti sull’effetto razziale: bianchi che interagiscono con il corpo di un afroamericano, poi diminuiscono i loro pregiudizi razziali. Oppure, visori che fanno sperimentare a colpevoli di reati di violenza sulle donne il trovarsi dentro un corpo femminile, migliora in loro il riconoscimento delle emozioni di paura delle donne. È anche utile agli anoressici che provano a stare in corpi di corporatura differente rispetto alla loro eccessiva magrezza.
Seguendo queste innovazioni, da pochi mesi, anche io ho iniziato ad utilizzare la realtà virtuale nel mio studio. Con i pazienti che hanno fobie, sto ottenendo degli ottimi risultati e devo dire che i clienti di ogni età mostrano curiosità e maggiore collaborazione. Ad esempio, una signora che da anni rifiutava di prendere l’ascensore per via della claustrofobia, dopo avere sperimentato di salire “virtualmente” in ascensore, ha trovato finalmente il coraggio di farlo nella realtà. Ovviamente ne è stata molto orgogliosa e la sua autostima ne ha tratto grande beneficio, sentendosi finalmente in grado di superare la sua paura.
Non resta quindi che provare questa nuova modalità di terapia!