Mario Vigna
Giovane vittima della Resistenza
Siamo al temine della nostra carrellata sui casellesi celebri non inseriti nella toponomastica di Caselle. Per i personaggi della nostra storia non abbiamo seguito l’ordine di presentazione alfabetico ma non per questo tocca l’onore della cronaca al casellese Mario Vigna, un ragazzo di 13 anni vittima di ordigni bellici.
Questa tristissima vicenda s’inquadra nel teatro di guerra nel nostro territorio che, nonostante la sua posizione strategica, non ebbe straordinari avvenimenti da registrare prima del periodo 1940-41. Nella festa patronale del settembre del 1941 il vescovo mons. Coppo raccoglieva in un cuore votivo, presso la Vergine Addolorata, i nomi e a fotografie dei soldati casellesi, affidandoli alla protezione della Madonna.
Il primo sintomo che avvisava dell’intenzione dei bombardamenti nemici nel cielo di Caselle si notò l’11 dicembre del 1942 alle ore 22 con lo sganciamento di alcune bombe sulla Cascina Commenda. Nessuna vittima e, grazie al pronto intervento dei vigili del fuoco di Caselle, Venaria e Torino, i danni furono limitati.
Dall’8 settembre del 1943 Caselle iniziò le sue peripezie a causa della guerra. Ed offriva la prima vittima degli ordigni bellici. A causarla le cosiddette “farfalle” sganciate dagli aerei nemici, sembravano dei giocattoli e invece erano insidie mortali, specie per la curiosità dei ragazzi. Il 12 settembre del 1943 ne cadde vittima il giovane casellese tredicenne Mario Vigna.
Questa notizia proviene da uno stralcio di documenti dal diario parrocchiale di San Giovanni e si trova anche su un Quaderno storico edito nel 1970 dalla Pro Loco. Avevamo qualche perplessità a inserire in questa carrellata di casellesi celebri queste ragazzo. Non è un notabile, un parroco, un eroe, un soldato, un professionista: nulla! Semplicemente un giovane con tutta una vita davanti e che la perde “banalmente” a causa della guerra.
Per questo l’abbiamo inserito, per ricordare a tutti, anziani e giovani, quali orrori porti sempre una guerra e quale bene, quale fortuna, sia per un popolo vivere in pace e in libertà.
Italo Biolcati
Pilota dell’Aeronautica militare
Abitava a Caselle Torinese il sergente maggiore pilota dell’Aereonautica militare Italo Biolcati durante il periodo bellico della seconda guerra mondiale. Era amico e collega dell’eroico capitano Livio Ceccotti, medaglia d’oro al valore anche lui proveniente dall’aeroporto militare di Caselle.
Italo Biolcati cadeva eroicamente col sua aereo nel cielo di Lecce l’11 febbraio del 1942. Aveva 25 anni.
Fu decorato con Medaglia d’argento ed insignito della Croce di guerra al valore.È sepolto nel cimitero di Adria, vicino alla sua Ariano Polesine dove era nato il 20 gennaio del 1917.
Caselle Torinese, tra l’altro, è sede di un aeroporto internazionale e dell’Alenia, un’azienda a livello mondiale nel campo dell’aeronautica e dello spazio. E la città ha voluto evidenziare questa sua “passione per il volo” istallando in una rotonda all’ingresso della città, nella strada provinciale che è la porta delle Valli e dell’aeroscalo, un aereo G91 R, un ricognitore e assaltatore leggero che fece il primo volo nel 1956 e fu costruito in 850 esemplari negli stabilimenti casellesi. Questo specialissimo arredo urbano è stato inaugurato il 21 maggio 2006, e qualche giorno prima, il 19, la pattuglia nazionale delle Frecce Tricolori – famosa in tutto il mondo – ha voluto rendere omaggio a questo simbolo del volo inondando festosamente il cielo di Caselle con i colori della nostra bandiera.
Soprattutto i “nostri” piloti Biolcati e Ceccotti saranno stati felici.
Domenico Balma
Benefattore
Il cav. Domenico Balma nacque a Caselle nel 1828. Giovanissimo lavorava in qualità di cameriere nell’albergo in Contrada dei Mulini, tenuto allora dagli zii Giovan Battista Balma fu Domenico e Orsola Vincenti. nello stesso tempo prestava il suo aiuto anche agli altri zii: Luigi Barletti e Orsola Balma nel mulino di S.A. il Principe di Carignano.
Non si sa per quanto tempo il nostro Domenico si occupò in questi lavori, l’unica cosa certa è che fu nel territorio di Caselle. Si sa che l’albergo subì varie trasformazioni e che il mulino passò di proprietà del barone Bianco di Barbania e poi il 27 aprile del 1878 al suo erede universale don Giovanni Bosco.
Intanto il nostro cavaliere si era trasferito a Torino dove accumulò una fortuna che gli permise un giorno di essere generoso con la sua Caselle. Alla sua morte avvenuta nel maggio del 1880 lasciò erede universale l’Ospedale del Cottolengo di Torino e ai suoi legatari: Margherita Bianco e la Società Operaia di Mutuo Soccorso di Caselle alla quale lasciava mille lire come primo fondo per la istituzione di un’opera assistenziale per vecchi, poveri o inabili al lavoro appartenenti alla locale Società Operaia.
Di qui la nascita dell’Opera Pia “Balma” il cui statuto, compilato nel 1881, fu annullato solo dopo circa 90 anni, esattamente l’11 aprile del 1968 quando cioè l’Opera Pia “Balma” fu sciolta e incorporata nell’ECA (Ente comunale di assistenza) dove continuò a rendere il suo benefico aiuto col piccolo reddito che ormai si era polverizzato con la svalutazione.
Una casata tutta casellese
Giovanni Battista Scotti
Uno degli aspetti caratteristici del centro storico di Caselle è certamente il palazzo Scotti. Forma un suggestivo angolo in via Basilio Bona al numero 23. Una parte dell’edificio ora è sede e proprietà del Gruppo Alpini che nel 1990 l’ha avuta in donazione da Bruna Lazzaroni di Genova, erede dell’avvocato Alessandro Scotti, alpino, classe 1896. Il palazzo che fu di proprietà degli Scotti, noti anche per le loro cartiere, si distingue da balconcini rinnovati, da decorazioni, fregi e soffitti ricavati con arte medievale, presso la torre delle antiche fortificazioni, ridotta a ricordo storico, e rappresenta ancora un certo collegamento del paese con l’importante industria cartaria che ha distinto per secoli Caselle, nella collana dei casati più illustri, tra cui quella degli Scotti, o Scotto che dir si voglia. Infatti nella storia di questa famiglia moltissime volte il nome Scotti viene scritto Scotto.
Il palazzo Scotti è segnalato dall’affresco ancora ben conservato con il blasone, o stemma gentilizio, della famiglia sull’arco dell’ingresso principale. Da questo, ma anche da altre copie similari, si rileva che lo stemma blasonale accosta tre simboli: in uno troviamo l’aquila ad ali aperte per la famiglia Scotti; poi un tronco di rovere per la famiglia Della Rovere; il terzo è un leone rampante per la famiglia Sillano. C’è una ragione ben precisa del perché queste tre famiglie si trovino unite nel blasone: perché si erano imparentate tra loro con unioni matrimoniali. Logicamente ognuna di queste tre famiglie esternava le proprie radici profonde e nobili in questo blasone a tre piazze.
Giovanni Battista Scotti è soprattutto ricordato perché dirigeva e amministrava la cartiera detta del “Battoretto” in regione Caldano. Questi lasciò a Giuseppe Scotti la cura dei beni della famiglia, nell’antica cascina detta “La Scotta”. Ma sarebbero tanti gli Scotti da ricordare. La famiglia ha assunto diverse cariche amministrative nel Comune, ricordiamo qui che nel 1745 Carlo Domenico Scotti fu sindaco di Caselle; nel 1753 e poi nel 1769 e nel 1778 Giacomo Francesco Scotti ricoprì la carica di primo cittadino; mentre nel 1788 sindaco fu Giovanni Francesco Scotti.
Fu un Settecento casellese che a turno si trovò ad aver a che fare con degli Scotti al vertice. Inoltre nei registri delle opere pie locali è elencata l’attività benefica della famiglia Scotti, particolarmente presso l’Asilo Infantile, al quale Gioacchino Scotti diede la sua opera come segretario e sostenitore dell’ente casellese.