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mercoledì, Ottobre 16, 2024

    Se si potesse…

    Se si potesse, giuro che mi dimetterei da questo mondo. Non c'è più nulla di ciò in cui avevo sperato e creduto... In questo momento più che l'intelligenza artificiale mi fa paura la “deficienza naturale” di troppi al comando e non posso che pensare a Primo Levi. “Voi che vivete sicuri/nelle vostre tiepide case/voi che trovate tornando a sera/il cibo caldo e visi amici/considerate se questo è un uomo...”

    Se si potesse, giuro che mi dimetterei da questo mondo.
    Non c’è più nulla di ciò in cui avevo sperato e creduto.
    L’orologio della storia ha cancellato tutto ed è tornato indietro al tempo del male e delle sole incertezze. Finita l’epoca della ricerca dell’amore universale, degli “smile” appiccicati sui Wetsfalia che, ammiccanti, promettevano una straordinaria, indifferibile libertà. Quanto siamo stati ingenui e ciechi.
    Oggi tutto promette guerra.
    Quanto evocato dal nostro presidente della repubblica Sergio Mattarella un paio di settimane fa, e senza sapere ancora cosa di lì a poco sarebbe successo in Israele, dovrebbe illuminarci: nel ’38-’39 l’Europa non volle accorgersi delle connessioni tra fatti gravissimi, in apparenza slegati uno dall’altro. Cedette, cedette, cedette finché si trovò di fronte all’Inferno.
    Ed eccolo qua l’Inferno, con l’apertura d’un secondo fronte di guerra.
    Non ci fossimo persi in inutili commenti, fossimo stati meno distratti, come Occidente, avremmo dovuto accorgerci di cosa stava capitando a Gaza, di come i diritti dei Palestinesi venissero elusi e delusi.
    Che quella terra sia una polveriera al pari del Kosovo avremmo dovuto quantomeno ricordarcelo e invece abbiamo preferito declinare una volta di più il nostro modo di incedere: arroganti da un lato, deboli da un altro.
    Per dire, in Europa: fornendo un’accoglienza approssimata e fasulla, abbiamo fatto sì che immigrati di terza e quarta generazione si radicalizzassero, che facessero del fanatismo la loro lugubre bandiera, a volte senza avere nemmeno bene idea di che razza di paesi siano quelli che idolatrano.
    Il risultato è che abbiamo rinforzato il terrorismo e abbiamo aperto le porte al male.
    I ragazzi uccisi al rave, i bimbi massacrati nei kibbutz presi d’assalto rievocano Erode e Hitler, sono infamie senza eguali e non ammettono “ sì, però…”
    Abbiamo un problema enorme per il quale non ci sono soluzioni e men che meno possiamo lasciare che si continui con le medicine di sempre: proporre stati solo sulla carta per poi lasciare che la componente più forte infranga le regole o le detti a suo piacimento, non può che portare a una guerra totale. E le avvisaglie ci sono tutte, se le si vuol vedere. Gli Stati Uniti sono dilaniati da finanza tossica e incapacità di trovare, lontano dalle lobbies dei fondi, leadership politiche di peso, però vogliono continuare a ruggire, a “dare le carte”, mentre altri blocchi vogliono aprire nuovi tavoli, giocare con mazzi nuovi, anche se taroccati. Lo scontro tra titani finora è stato evitato solo per la paura che ciò porti alla dissoluzione dell’umanità, ma c’è qualcuno che già sembra resistere sempre meno alla voglia di schienare una volta per tutte gli avversari e dettare nuove regole. Per quale mondo non si sa.
    E in mezzo a tutto ‘sto gran casino ci siamo noi, c’è la gente e non sono più così tanto convinto che abbia ragione De Gregori quando mi dice che è “ la gente che fa la storia”. La gente la subisce, la gente è strumento di chi fa la storia.
    Lo pensi e lo vedi nei poveri afflitti che cercano una fuga da Gaza, dal Sahel, dal Donetsk e non bastano più i nostri tweet indignati, elargiti più da tifosi che da esseri pensanti.
    In questo momento più che l’intelligenza artificiale mi fa paura la “deficienza naturale” di troppi al comando e non posso che pensare a Primo Levi.
    “Voi che vivete sicuri/nelle vostre tiepide case/voi che trovate tornando a sera/il cibo caldo e visi amici/considerate se questo è un uomo…”

    1 commento

    1. Articolo vero, sincero e terribilmente corretto nei contenuti… ma…
      Permettimi, Direttore, una postilla al punto in cui tu “volti le spalle” a De Gregori e alla “Gente che fa la Storia”.
      Purtroppo, amico mio, la Storia, segnata a fuoco dai “Grandi”, buoni o cattivi che fossero ieri e saranno oggi e domani, è sempre passata attraverso le mani, i cuori e le menti di tutti gli umani; piccini, poveri o marginali che fossero.
      Se oggi, come ieri, nel 38-39, nelle “radiose giornate” di maggio 1915, durante tutte le innumerevoli e drammatiche svolte storiche la responsabilità è stata sempre collettiva. Sempre.
      Egoismo, indifferenza, pressappochismo, ignoranza, arroganza, superficialità, miopia… sono stati i nostri Cavalieri dell’Apocalisse, le chiavi dell’inferno che hanno permesso a folli, squallidi individui e gruppi di potere di gestire i destini umani. Da sempre.
      Noi tutti, con i nostri voti, con la delega alla Ponzio Pilato, la NON partecipazione, l’accettazione supina della più becera e mistificante informazione, la mancanza di obiettività e di sana autocritica abbiamo legalmente permesso e concesso ad “altri” di gestire i nostri destini.
      Viviamo un mondo dove se dei giovani manifestano per la pace, il diritto allo studio o il dramma dei migranti, vengono insultati, derisi e persino malmenati perché bloccano una strada o una ferrovia. Non abbiamo tempo da perdere per simili banalità, suvvia! C’è ben altro da fare che pensare a queste cose…
      Seminiamo vento a piene mani… raccoglieremo tempesta.
      Così abbiamo fatto sempre, e come sempre, piangeremo lacrime di coccodrillo.
      “La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso.
      La storia siamo noi, siamo noi queste onde del mare
      La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere.
      Siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere…”

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    Elis Calegari
    Elis Calegari
    Elis Calegari è nato a Caselle Torinese il 24 dicembre del 1952. Ha contribuito a fondare " Cose Nostre", firmandolo sin dal suo primo numero, nel marzo del '72, e, coronando un sogno, diventandone direttore responsabile nel novembre del 2004. Iscritto all' Ordine dei Giornalisti dal 1989, scrive di tennis e sport da sempre. Nel corso della sua carriera giornalistica, dopo essere stato collaboratore di prestigiose testate quali “Match Ball” e “Il Tennis Italiano”, ha creato e diretto “Nuovo Tennis” e “ 0/15 Tennis Magazine”, seguendo per più di un ventennio i più importanti appuntamenti del massimo circuito tennistico mondiale: Wimbledon, Roland Garros, il torneo di Montecarlo, le ATP Finals a Francoforte, svariati match di Coppa Davis, e gli Internazionali d'Italia per molte edizioni. “ Nuovo Tennis” e la collaborazione con altra testate gli hanno offerto la possibilità di intervistare e conoscere in modo esclusivo molti dei più grandi tennisti della storia e parecchi campioni olimpionici azzurri. È tra gli autori di due fortunati libri: “ Un marciapiede per Torino” e “Il Tennis”.

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