Pietro Badoglio nacque il 28 settembre 1871 a Grazzano Monferrato, piccolo comune dell’astigiano, che dal 1938 prese il nome di Grazzano Badoglio proprio in suo onore. Figlio di un modesto proprietario terriero e di una facoltosa borghese, Badoglio si iscrisse all’Accademia Reale di Torino nel 1888 e pochi anni più tardi, nel 1896, partecipò a una spedizione militare in Eritrea. La sua ascesa nella carriera militare avvenne durante la prima guerra mondiale con la conquista del monte Sabotino, che riuscì a espugnare attraverso una serie di gallerie scavate nella roccia a livello inferiore a quelle austriache. Se questa operazione gli garantì la promozione a tenente generale per meriti di guerra, la successiva disfatta di Caporetto ne provocò le prime accuse. Infatti lo sfondamento del fronte da parte degli Austriaci avvenne proprio nell’area sotto il suo diretto controllo. I suoi sostenitori ritengono che la sua divisione era stata lasciata sola, e per questo motivo Badoglio fu costretto a spostare continuamente la sua posizione di comando vanificando un’incisiva azione militare. Inoltre le cattive condizioni meteorologiche complicarono di molto sia la comunicazione tra i vari reparti sia la visibilità degli spostamenti delle forze in campo. L’errore tattico però rimane evidente sulla riva destra dell’Isonzo davanti a Tolmino e a Caporetto. Durante la commissione d’inchiesta di prima istanza del 1918-1919 i comandanti dei corpi d’armata vennero tutti giudicati responsabili della disfatta, tranne però Badoglio. La storiografia moderna tende comunque ad assegnare una valutazione positiva sull’operato di Badoglio come vicecapo di stato maggiore, in quanto permise all’esercito italiano il conseguimento della vittoria finale nella battaglia di Vittorio Veneto. Nel 1919 arrivarono due nomine importanti: a febbraio quella di senatore e a dicembre quella di capo di stato maggiore dell’Esercito al posto di Armando Diaz.
Tra le due guerre mondiali Badoglio dovette confrontarsi con due avvenimenti importantissimi per la storia italiana, il fascismo e l’impresa coloniale. Alla vigilia della marcia su Roma, Badoglio interpellato dal Re, dichiarò che la dimostrazione si sarebbe dispersa al primo colpo sparato, e chiese poteri straordinari, mai concessi però, per ristabilire l’ordine pubblico. Nei confronti del fascismo e di Mussolini non dimostrò alcuna simpatia anche se con il passare del tempo il suo atteggiamento verso di loro divenne più flessibile e ambiguo. Venne nominato, prima ambasciatore in Brasile, e successivamente, nel 1928, governatore unico della Tripolitania e Cirenaica, carica che manterrà per sei anni. Nel 1935 venne inviato con un corpo di spedizione a Massaua per la conquista dell’Etiopia. Un anno più tardi, il 5 maggio 1936, Badoglio entrò vittorioso ad Addis Abeba e quattro giorni più tardi Mussolini da piazza Venezia proclamò la costituzione dell’impero con Badoglio viceré d’Etiopia.
L’intervento italiano del maggio 1940 nella Seconda guerra mondiale avvenne attraverso piani bellici solo difensivi sul fronte occidentale, in quanto Badoglio non riconosceva alcuna possibilità di successo in un attacco offensivo alla Francia. Dopo le altalenanti operazioni militari durante l’attacco alla Grecia tra ottobre e novembre del 1940, Badoglio divenne il bersaglio di aspre critiche che lo spinsero a rassegnare le dimissioni dalla carica di capo di stato maggiore generale.
Prima ancora di ricevere Mussolini a Villa Savoia il 25 luglio 1943, il Re Vittorio Emanuele III affidò a Badoglio l’incarico di formare il nuovo governo. Se a livello di politica interna l’intenzione di Badoglio era quella di mantenere un regime militare, a livello internazionale rinnovò inizialmente la sua alleanza con la Germania ma con l’obiettivo futuro di far accettare a Hitler l’uscita dell’Italia dalla guerra, promettendone la neutralità. In un secondo momento avrebbe negoziato le condizioni di resa con gli alleati.
Il governo Badoglio si contraddistinse per attendismo e immobilismo. Dopo una serie di incontri per negoziare le condizioni della resa si giunse all’armistizio dell’8 settembre 1943. Iniziò così uno dei periodi più sanguinosi della storia d’Italia con il conflitto sul nostro territorio tra tedeschi e fascisti da una parte e alleati, esercito italiano e resistenza partigiana dall’altra.
Il maresciallo venne investito da un’enorme quantità di accuse sia per le sue decisioni militari sia per quelle politiche provenienti dalle più disparate parti, da destra, da sinistra, da militari, da politici, da monarchici e da repubblicani. Le critiche vertevano sulla sua rapida carriera militare, sulla mancanza di sanzioni nonostante le evidenti responsabilità e sulla lunga convivenza istituzionale con il fascismo. Alcuni sostengono che tutto ciò è stato possibile per la sua appartenenza alla Massoneria.
Pietro Badoglio si spense il primo novembre 1956 a Grazzano, che nel frattempo era diventato Grazzano Badoglio, per un attacco di asma cardiaca.
Pietro Badoglio: un militare alla guida del paese
Re Vittorio Emanuele III affidò a Badoglio l’incarico di formare il nuovo governo. Se a livello di politica interna l’intenzione di Badoglio era quella di mantenere un regime militare, a livello internazionale rinnovò inizialmente la sua alleanza con la Germania ma con l’obiettivo futuro di far accettare a Hitler l’uscita dell’Italia dalla guerra, promettendone la neutralità...